Timone fermo

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    È ormai una decina d’anni che nella nostra Associazione circolano voci, preoccupazioni, dubbi sul futuro degli alpini. A dare esca in modo definitivo ad una ridda di voci allarmate ci hanno messo tutto il loro impegno le forze politiche con l’approvazione della legge sulla sospensione della leva obbligatoria.

    L’ANA si è battuta con determinazione proponendo altre soluzioni alla ristrutturazione dell’Esercito, ma le cose sono andate come tutti sappiamo. Con realismo prendiamo atto che da un punto di vista dei numeri il futuro pone più di un interrogativo. Solo puntando sulla qualità del nostro operare e sulla ricerca di iniziative idonee a perpetuare un patrimonio che ci è caro possiamo sentirci ragionevolmente ottimisti. A darsi da fare in questo senso però non sono solo gli alpini, che, forti di uno spirito e di una vitalità mai così presenti nella vita della società, continuano ad essere un motore in piena efficienza, ma anche, e forse soprattutto, alcune ‘correnti di pensiero’ che con insistenza prospettano una fine imminente della nostra associazione e spingono verso ‘aperture’ non chiaramente definite. Cerchiamo di sintetizzare le posizioni finora emerse. I ‘duri e puri’ camminano senza porsi domande sul futuro, convinti che tutto finisce e che a noi compete l’onere di conservare l’ANA nell’ambito dell’ortodossia, senza cedimenti. I ‘riformisti’ invece, a fronte di una società impoverita di valori, ritengono necessario, comunque, di ‘reclutare’ nuovi soci, anche non alpini, per dare forza e continuità ad un’associazione ritenuta importante per la società civile. Le due posizioni sono lontane e vanno valutate con attenzione per non creare allarmismi o delusioni. Nei suoi novant’anni di storia l’ANA ha tenuto fermo il timone sul sentiero dell’alpinità, che si traduce in pochi punti fondamentali: onorare i Caduti, difendere il tricolore quale simbolo dell’integrità della Patria, essere vicini agli alpini in armi, credere nel valore educativo della montagna, rendersi disponibili nei confronti di chi è in difficoltà, portare il cappello alpino. È stato ribadito qualche anno fa sull’Ortigara che si vuole continuare a camminare ‘sulle orme dei padri’. E così sarà. Nella riunione di novembre dei presidenti di sezione, dopo un lavoro di approfondimento su un documento del CDN, preso in esame e valutato da almeno la metà delle sezioni, è emerso che gli amici degli alpini o soci aggregati costituiscono una risorsa importante per l’affetto e la simpatia che ci dimostrano. Spesso sono figli, nipoti o congiunti di alpini. Poiché costituiscono già una forza rilevante, si tratta di trovare una modalità corretta per il loro inserimento nell’attività dei gruppi e delle sezioni, in considerazione anche delle nuove normative sulla sicurezza. L’obiettivo della riflessione mira alla valorizzazione di questo moltiplicatore di potenzialità, finalizzato alla conservazione e diffusione di una grande tradizione civile e morale, senza toccare i principi sanciti dallo statuto. Lo ha ribadito con forza Corrado Perona nel suo intervento conclusivo, escludendo che sia messo in discussione lo statuto e l’uso del cappello, inteso come parte di una divisa indossata per mesi, anni, qualcuno decenni, in forza di un servizio reso alla Patria. Per fare sinergia bisogna però accantonare le spinte di chi non vuole dare niente a nessuno e di chi invece vuole avere tutto. Credo che, fermo restando il rispetto delle regole e delle tradizioni che mantengono l’Associazione nel solco della sua storia, con equilibrio e lungimiranza si possano accogliere al nostro fianco persone amiche, accantonando diffidenze da un lato e pretese dall’altro, facendo leva su un corretto spirito di Corpo, cardine fondamentale della nostra vita associativa. Vittorio Brunello Pubblicato sul numero di gennaio 2009 de L’Alpino.