Tante gemme da riscoprire

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    Se Bassano del Grappa è una rara perla posta allo sbocco della Valsugana, i centri che le fanno corona sono gemme preziose che tempestano il Pedemonte con la loro bellezza. Cittadine alpine per eccellenza, fiere del loro cappello con la penna nera e della solidarietà che qui, ai piedi del Grappa, ha preso le vie del mondo.

    MAROSTICA
    Dal Castello inferiore di scaligera mano, tra battere di zoccoli sul selciato e clangore di spade e alabarde, escono fieri gli armigeri. Il popolo attornia la grande piazza. Abili mani intrecciano la paglia; artigiani modellano vasi e stoviglie. Il castellano ha invitato i signori della Marca e delle terre padane coi loro eleganti seguiti. Dame e cavalieri, nobili e cortigiane. Accanto a Taddeo Parisio due splendide fanciulle: sono le figlie Lionora e Oldrada. Per la mano della prima si sfideranno a singolar tenzone Rinaldo Da Angarano e Vieri da Vallonara, entrambi accecati dalla bellezza della bionda fanciulla. Ma non sarà scontro armato.

    Una partita a scacchi, con pezzi viventi, nell’immensa scacchiera della piazza, determinerà il vincitore. Al perdente toccherà la più giovane delle sorelle, ma non per questo meno avvenente, la bruna Oldrada. La sfida va in scena ogni due anni, quelli pari, animata da seicento personaggi in costume. Uno spettacolo emozionante, unico, seguito da migliaia di spettatori. A settembre l’araldo chiamerà a raccolta i marosticensi e la favola rivivrà come per magia, proiettando indietro di 500 anni la bella storia d’amore. Nelle austere sale del castello inferiore c’è il museo dei costumi, invito irresistibile per scoprire la malia della Partita a scacchi . Ma Marostica non è solo re e regine, cavalli e alfieri, bianco e nero. I mille colori della primavera risplendono nelle dolci colline che la attorniano.

    Lo spettacolo dei ciliegi in fiori è imperdibile. Sembrano spose, in attesa su un tappeto verde tappezzato dai boccioli gialli del tarassaco, dell’amato. I rossi, gustosi e fragranti frutti, tra maggio e giugno, trionferanno sotto le volte del castello e sulle tavole di tutta Italia. Con Mason e Pianezze, Marostica divide una solida tradizione e protegge dall’estinzione cultivar antichi. Sandre , Bigaroux, Marostegane: sono le più gradite e dolci al palato.

    Dal Castello inferiore a quello superiore, il tragitto è breve. Lungo il sentiero che taglia il Pausolino, entro le mura protette dalla Compagnia che ogni fine settimana si prende cura di sassi e mattoni, la vista cambia ad ogni svolta. Dapprima l’occhio si posa sulle chiese di S. Maria Assunta e S. Antonio Abate e sui loro svettanti campanili, poi sulla pianura che s’apre a sud. In alto, invece, l’Altopiano di Asiago s’annuncia attraverso una serie infinita di gobbe. La tradizione alpina è forte. In Borgo Giara la casa natale del tenente Cecchin, decorato con medaglia d’Oro, riporta alla Prima guerra mondiale. Marostica era centro di smistamento e porta d’accesso all’Altopiano.

    ASOLO
    Superba e altezzosa, Asolo accoglie il visitatore dopo un’erta salita. Cittadina nobile e ricercata, ospitò in tempi lontani Caterina Cornaro, regina di Cipro. Più recentemente, invece, offrì dimora ad Eleonora Duse, che riposa nel piccolo cimitero dietro l’oasi francescana di Sant’Anna, e poi il poeta Robert Browning, che qui compose gli ultimi versi, il musicista Gian Francesco Malipiero, la viaggiatrice ed esploratrice inglese Freya Stark, che la regina madre d’Inghilterra, una ventina d’anni fa, volle incontrare all’ombra della Rocca che domina il centro.

    Le strette vie che tagliano la cittadina, offrono al visitatore angoli singolari: palazzi e negozi si succedono in lunga teoria. Pace e tranquillità regnano sovrane. Bastano un paio d’ore per visitarla e riempire il cuore di dolcezza e serenità.

    POSSAGNO
    Oltre Asolo, ai piedi dei contrafforti del Monte Grappa, ecco Possagno, piccolo centro reso famoso in tutto il mondo da Antonio Canova che qui ebbe i natali e qui cominciò, sotto l’occhio esperto del nonno, ad abbozzare la pietra. Ad accogliere il visitatore è il meraviglioso tempio canoviano che lo scultore neoclassico volle donare ai suoi compaesani, fieri di poter contraccambiare l’illustre ‘possagnott’ offrendo manodopera, calce e sabbia, indispensabili per la costruzione. Antonio Canova riposa in un’urna funeraria posta sulla sinistra, vicino all’ingresso.

    Discesa la lunga scalinata e raggiunta la via principale, ecco aprirsi la Gipsoteca, uno scrigno ricco di tesori sorto accanto alla casa natale dell’artista, che Carlo Scarpa ampliò nella seconda metà del secolo scorso. Il museo, diretto da Mario Guderzo, curatore della grande mostra canoviana che Bassano ospitò a cavallo tra il 2003 e il 2004, espone gessi e bozzetti delle sculture create dal genio del Pedemonte. Lavori preparatori, certo, ma non per questo meno belli e importanti. Dalle Tre Grazie alle Danzatrici, da Amore e Psiche alla Naiade giacente, la scultura neoclassica ha trovato protezione ed ospitalità in questo piccolo paese. Nella casa, invece, è esposta una ricca collezione di disegni, incisioni, tempere e monocromi.

    CASTELFRANCO VENETO
    Tra Brenta e Piave la pianura s’apre ariosa nonostante la cementificazione selvaggia degli ultimi decenni. Bassano, ormai, è un unico centro urbano che raggruppa città e paesi del Vicentino, della Marca e del Padovano. A un tiro da Asolo, è la patria di Giorgione, il pittore morto in giovane età autore di capolavori straordinari. Su tutti la Tempesta. Pennellate sublimi, sprazzi di bianco su colori scuri. Un incanto. Città murata per eccellenza, Castelfranco. I bastioni la difendono alti e possenti ed entro le mura la vita ferve con briosità tutta trevigiana fatta di cicchetti, ombrette e spunciotti e tante ciacole.

    L’intercalare castellano è dolce all’orecchio, musicale. Non per caso è sede di un prestigioso conservatorio, lo Steffani, dalle cui aule s’effondono note melodiose a tutte le ore del giorno. La gente è disponibile, la terra generosa. Nasce qui quel radicchio rosso con tanto di marchio a garantirne la qualità che rallegra le tavole invernali e stimola la fantasia di chef internazionali. Le vecchie osterie hanno lasciato il posto a locali moderni, ma al Borsa si respira aria antica. Gli alpini sono di casa, accolti con amicizia e simpatia.

    CITTADELLA
    A quindici chilometri da Castelfranco ed altrettanti da Bassano del Grappa, ecco un’altra città murata conservata fedelmente. Cittadella la bella. Tradizione vuole che qui siano risuonate per la prima volta le note della Canzone del Grappa , durante la Prima guerra mondiale. Zona di retrovia. Le truppe si riposavano in attesa di riprendere gli assalti sul Berretta, sul Fenilon, sull’Asolone. Gli storici sono divisi.

    C’è anche Rosà, a metà strada dal Ponte ligneo, a sostenere la primogenitura del canto. Monte Grappa tu sei la mia patria…. I versi si rincorrono ritmici, ritornano sussurati, riprendono vigore. Da brivido. Le quattro porte che introducono al centro storico sono una più bella e possente dell’altra. Maestose, forti, tra le meglio conservate d’Europa.

    VALBRENTA
    La parte terminale della Valsugana è una profonda ferita tra il massiccio del Grappa e l’altopiano di Asiago. Il Brenta vi scorre impetuoso prima di placarsi alla vista di Bassano, scavando la pietra. Pareti altissime s’ergono da una parte e dall’altra della valle. Il Covolo di Butistone, nei pressi di Cismon, è un’opera di ingegneria militare. Scavato secoli fa nella roccia, alto, ospitava centinaia di uomini. Un ostacolo insormontabile per gli eserciti che calavano feroci dal nord, decisi a fare strame della fertile pianura veneta.
    I paesini si susseguono uno dietro all’altro, in Destra e in Sinistra Brenta.

    Un anello, con partenza ed arrivo al Ponte degli alpini di Bassano, di una trentina di chilometri. Primolano era l’ultimo avamposto prima dell’Austria. Segnava il confine. A scendere s’incontrano Cismon, S. Marino, Carpanè, S. Nazario, Solagna e Pove. Dall’altra parte del fiume, sponda destra, ecco Costa, Valstagna, Oliero, Campolongo, Campese, Sarson, S. Eusebio. Case aggrappate puntigliosamente alla montagna. Vita dura in Valbrenta. Nel secolo scorso molti cercarono lavoro e fortuna all’estero, nelle miniere del Belgio e della Francia, dopo il servizio militare, rigorosamente nel Corpo degli Alpini. L’unico periodo della gioventù che i veci ricordano con nostalgia ed affetto.

    Roberto Baggio