Sul Ponte: Scusi, dov' il Ponte degli Alpini?

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    Scusi, il Ponte degli Alpini dov’è? . È quello nel quale sta camminando ora, Signora . Ah! Pensavo che questo fosse il Ponte di Bassano e che quello degli Alpini si trovasse in tutt’altra parte , e sparisce tra i flutti del fiume di gente che lo attraversa a senso unico. Le arcate lignee disegnate dal Palladio non hanno mai visto tanti passaggi in così pochi giorni e si temeva per la sua tenuta, per le spallette, tanto da suggerire una presenza di sommozzatori nell’acqua sottostante. Al di là, nell’antico Borgo Angarano, la festa impazzisce, il sabato sera, in quella che è diventata, per l’occasione, una grande isola pedonale.

    L’alpino Lele Zonta, con il suo gruppo di Valrovina (una frazione collinare di Bassano) cura lo stand per raccogliere fondi da assegnare ad associazioni benefiche, e ci confida che i tredici ettolitri di vino non sono bastati per dissetare i passanti. Ma questo è soltanto un aspetto dell’Adunata, motivo di allegria e di spensieratezza. La parte più seria e composta, quella da far accapponare la pelle anche ai più incalliti frequentatori, la si trova il giorno dopo, la domenica, quando la fiumana scomposta del sabato, memore della naja, si trova a sfilare, ordinatissima, a passo di marcia al suono del classicissimo Trentatrè .

    Ed è alla fine del corteo, che si dissolve fra viale De Gasperi ed il Ponte nuovo che si fanno simpatici incontri. Florio Cesare e Sergio Crovetto, sono di Rapallo, alpini di montagna rubati al mare. La Liguria è regione di reclutamento alpino , ci racconta Florio, un omone con una barba bianca da Babbo Natale. Ha fatto il militare a Paluzza nel 4º battaglione Mondovì, 103ª compagnia mortai.

    Ha ricevuto la stecca dall’amico Sergio. Gran bella adunata commenta I bassanesi son gente cordiale, simpatica . Poco più in là troviamo l’alpino Pio Braito, da Cavalese è arrivato a Bassano con la sua mula che ostenta con orgoglio. Ho fatto il militare a San Candido, nel sesto Reggimento Alpini ci dice Prima di partire per la naja allevavo mucche. Lì ero conducente di muli e quanto sono tornato, ho venduto tutte le vacche e ho cominciato ad allevare cavalli, oltre ad una mula che adopero soltanto per le adunate alpine . Arrivano gli alpini emigrati all’estero in cerca di un’occupazione, e sono davvero tanti. Sergio Daniel è di Maser, Walter Bertoncello, di Bassano e Franco Coppola di Torino.

    Il primo era del Battaglione Cividale, il secondo della Julia ed il terzo della Scuola alpina di Aosta. Tutti e tre vengono dal Canada, da Winnipeg. I primi due sono della sezione di Thunder Bay, mentre Coppola è presidente onorario della sezione di Edmonton, nell’Alberta. Non potevamo mancare all’Adunata spiegano Anche se siamo geograficamente lontani, il nostro cuore è qui . E Sergio ci confida che, per allenarsi a questo grande evento, si fa il vino in casa con l’uva fatta arrivare dalla California. L’acqua mi fa male , sorride.

    Ma adunata è anche sinonimo di ricordi sia lieti che tristi. E non si possono certo dimenticare quanti hanno sacrificato la loro vita per questa nostra Italia. Così le cerimonie si fanno commoventi sul Grappa, in quell’Ossario nel quale i nemici di un tempo riposano a migliaia, affratellati dal mistero della morte; al Tempio Ossario, a Bassano, dove i resti di più di cinquemila soldati italiani trovano dimora; in Piazza Libertà, dove si alza solenne il vessillo della nostra Patria. E non si dimenticano certo i sopravvissuti del Secondo immane conflitto.

    Piovono gli applausi, scendono lacrime al loro passaggio davanti alle tribune delle autorità. Qualcuno li ha voluti ricordare con una festa particolare come a Campese, frazione di Bassano in Valbrenta. Gli alpini di casa, assieme alle centinaia ospitati nelle famiglie, con tanto di banda musicale, hanno sfilato per le vie del paese andando a testimoniare la loro riconoscenza all’alpino Gaspare Andreatta, il più anziano del gruppo campesano, e all’alpino Bepi Gnesotto, reduce di Russia. Anche per loro musica e commozione.

    Alla fine della parata, ancora con il cuore in subbuglio, al di là del Ponte nuovo un venditore di colore che vende patacche mi chiede: Cosa servire cappello con piuma? . Gli vorrei dire che per un alpino è simbolo, è reliquia, è ricordi, è giovinezza. Vorrei raccontargli di quando mio nonno Giovanni, ferito sul Pertica nel 1918, mi teneva sulle sue ginocchia e mi metteva in testa quel cappellaccio sformato e unto e mi diceva: Sei proprio un bell’alpino come lo era lui , e piangeva pensando al figlio Firmino, della Julia, scomparso a Nikolajewka (solo cinque anni fa sapemmo che morì in un campo di concentramento ai piedi degli Urali). Vorrei dirgli tante altre cose, ma mi esce soltanto una risposta idiota: Serve per ripararsi dal sole .

    Gianni Celi