Solidarietà e identità

    0
    33

    Se alziamo lo sguardo oltre il nostro incrollabile orizzonte scopriremo che il mondo sta cambiando. Che la nostra società cambia e che attorno a noi ci sono fenomeni che mettono in discussione perfino valori e modelli che hanno fatto di noi quelli che siamo.
    Viene da tornare alle origini e chiedersi cosa trasforma un popolo in una nazione, con un preciso modello di vita, usi, costumi, caratteristiche, interessi comuni. Non basta un confine definito, né una lingua e neppure una cultura, ma sono necessari anche e soprattutto una storia comune e una comune visione del futuro.
    Passato e futuro sono il collante del presente e sono la nostra identità nazionale. È questa identità che sembra sfumare sotto la spinta di fenomeni esterni quali il continuo e disordinato afflusso di genti con abitudini, religioni, concezione della vita differenti dai nostri.

    Ci rendiamo conto di toccare un nervo scoperto, di trattare un argomento insolito per la nostra rivista, ma pensiamo di avere una storia e un presente di valori, altruismo e solidarietà tale da consentirci anche una serena discussione di questo tipo.
    È una discussione che vede scontrarsi nella società italiana due culture contrapposte: quella dell’accoglienza del diverso e quella del rifiuto. Quest’ultima, soprattutto, sembra avere talvolta la prevalenza per il manifestarsi di fenomeni d’integralismo che più che comprendere subiamo: la rimozione del Crocifisso dalle aule scolastiche, classi di studenti differenziate per lingua, religione e sesso, l’umiliante condizione della donna, modelli sociali e usi e costumi che si scontrano con la nostra cultura e la nostra quotidianità. Siamo portati a confondere il dovere dell’accoglienza e il rispetto del prossimo con la rinuncia a una parte del nostro patrimonio di valori, sacrificato all’altare di un distorto senso di universalità.

    Ben altro è l’accettazione del diverso: un esempio ci viene dai giovani. Essi viaggiano, per studio e per lavoro, parlano una lingua universale e sono preparati ad accettare spontaneamente l’altro , perché spontaneamente si considerano tutti cittadini d’uno stesso mondo senza confini, nel quale ciascuno, nel rispetto degli altri, mantiene le proprie radici.
    Eppure, in un momento storico in cui da più parti, anche di elevato ruolo istituzionale, ci vengono continui appelli alla valorizzazione della nostra storia e al recupero dei nostri valori sembriamo disposti a rinunciare alla nostra identità per confonderla con quella degli altri.
    Non stupisce che la Costituzione europea, frettolosamente approvata, abbia evitato ogni riferimento alla matrice cristiana dell’Europa e al suo umanesimo, che non faccia appello a quel diritto romano che è il riferimento del diritto internazionale a tutela della dignità della persona.

    Proprio per questi due fondamenti non possiamo ignorare la tragedia di genti disperate che attraversano guerre, carestie, deserti e mari alla ricerca di un futuro di vita. Ma l’accoglienza che del resto la nostra stessa storia ci impone, la solidarietà e l’umanità che caratterizza noi italiani, non possono farci rinunciare a nulla di ciò che siamo.
    Possiamo, dobbiamo tendere una mano senza perdere la cosa più preziosa: la nostra identità.