Sfogliando i nostri giornali

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    La nostra stampa alpina.

    IL MULO Storia riportata da I reparti speciali italiani nella seconda guerra mondiale di Luigi Emilio Longo: la corvée era arrivata con due soli muli in quanto il terzo era stato come inghiottito dal fango in un avvallamento del sentiero. Il conducente s’era dato da fare per quanto poteva, immerso anche lui nella poltiglia, ma alla fine era stato costretto a desistere e a rientrare alla base logistica Ma durante la notte un sentinella intimava il chi va là? ad un’ombra massiccia che si stagliava nel buio, venendo avanti lentamente. Era proprio lui, il Bigio’, che scalciando e dimenandosi era riuscito a liberarsi da solo e ritrovare la strada; i sacchi erano ancora là, ben fissati al basto Pochi muli nella storia delle Truppe alpine, è da credere, abbiano collezionato in una volta sola tante pacche affettuose come il Bigio’ del Cervino … (da l’Alpinu B rgsan, del gruppo alpini di Borgotaro)

    PENSIERI DI UN ALPINO ANZIANO Sono una persona che ha visto la vita scorrere velocemente portando il mio carico di gioie e di dolori. Ho trascorso il tempo affrontando difficoltà di ogni sorta e tengo tutta una storia stampata in testa, storia che spesso ho il piacere di trasmettere per non lasciarla morire. Adesso sono debole e pieno di problemi so di non contare più e che è giunto il momento di lasciare posto ai giovani. L’anziano che sono soffre, anche se non sempre lo dimostra: per l’indifferenza di chi gli passa vicino senza fermarsi, per il bisogno di uno sguardo benevolo, di una stretta di mano, di qualcuno che gli chieda qualcosa per farlo sentire vivo e parte di una grande famiglia. Un complimento, un gesto affettuoso possono essere come un sole che riscalda il suo tramonto (da L’Alpin Valdoten Sez. Aosta)

    IL CONVEGNO DELLA STAMPA ALPINA Cosa è emerso?Prima di tutto la fondamentale necessità di una forte coesione all’interno dell’Associazione per fornire un’immagine di unione, solidità, trasparenza e unità di intenti e di valori In secondo luogo è stata ribadita l’importanza della stampa alpina a qualsiasi livello sia per far conoscere ciò che facciamo, sia per diffondere sempre più e meglio i valori che sono alla base dell’Alpinità. I contenuti degli articoli (più brevi e concisi) siano rispettosi dello Statuto dell’ANA e privi di facili e infruttuosi personalismi (da Naia scarpona Sez. Padova)

    DIALETTO ringrazio tutti coloro che mi hanno dimostrato il loro entusiasmo per la pagina scritta nel nostro dialetto e mi complimento con tutti coloro che mi hanno suggerito dei termini dialettali che mi erano sfuggiti. Purtroppo la lunga colonizzazione della lingua italiana porta inevitabilmente a fare delle storpiature sulla terminologia usata dai nostri avi. Oggi, per sentire il nostro vero dialetto, bisogna avere la casualità di imbattersi in figli di emigranti che abbiano appreso dai loro nonni o dai loro padri la genuinità della nostra parlata (da La Casera, notiziario del gruppo Vittorio Modolo Polcenigo, Sez. Pordenone)

    GAS I gas asfissianti erano stati usati per la prima volta dai tedeschi il 22 aprile 1915 in Belgio, causando 5.000 vittime fra le truppe francesi. L’Italia si mise subito a studiare una protezione contro questo nuovo strumento di morte. Tra i vari progetti di maschera antigas più o meno fantasiosi (ma tutti inefficaci) venne incomprensibilmente scartata la maschera Guareschi per delle inezie che sarebbero state facilmente superabili. Venne invece prodotta, e distribuita col contagocce alle truppe, la maschera monovalente Ciamician Pesci , a forma di cono, con occhiali separati. La maschera provò la sua tragica inefficienza verso la fine del giugno 1916 sul monte San Michele, ma l’esercito italiano continuò con maschere dello stesso tipo, o poco diverse, fino agli inizi del 1918. Infatti, solo dopo che il gas tedesco ebbe distrutto interamente l’87º reggimento Fanteria a Plezzo, la mattina del 28 ottobre 1917, il nostro esercito si decise a dotarsi di maschere antigas SBR inglesi, veramente efficaci, che, ironia della sorte, erano pressoché uguali alla maschera Guareschi inopportunamente scartata nel 1915. (da L’Alpin de Trieste Sez. Trieste)

    Pubblicato sul numero di settembre 2008 de L’Alpino.