Quel vuoto, pieno di speranza

    0
    66

    Forse soltanto nei giorni più caldi di agosto la città appare così vuota. Chi vive o frequenta il centro per lavoro o per svago lo sa: il movimento non manca mai, neanche di notte. E invece, il giorno dopo la partenza degli alpini da Latina, le strade si sono svuotate in un modo che nessuno si aspettava. Vuote le vie del centro, vuoti i negozi, i locali, vuote le piazze, i marciapiedi e le tribune in piazza del Popolo che soltanto qualche ora prima esprimevano la gioia e l’orgoglio degli alpini e di tutta la città che li ha ospitati.

    Restano le transenne lungo le strade che sono state interessate dalla sfilata alpina, le bandiere appese ai balconi, sulle finestre e sui pali dell’illuminazione pubblica ma, soprattutto, resta il vuoto nei cittadini latinensi che, in pochi giorni, sono passati da una sorta di stordimento per l’arrivo di tante persone ad un sentimento di condivisione e di accoglienza che è andato al di là di ogni possibile positiva previsione.

    Un vuoto quasi palpabile, certo, ma gli alpini hanno lasciato alla città soltanto cose positive. Oltre ad aver portato una festa così grande ed importante in una città che mai aveva ospitato prima un evento di queste dimensioni, gli alpini e l’ANA hanno contributo con il loro spirito e la loro forza a spingere cittadini ed amministrazione comunale a cambiare idea su molte cose. Prima fra tutte quella legata alle possibilità e alle potenzialità della città stessa. Nessuno, prima dell’82ª Adunata nazionale, si era sognato mai di promuovere Latina a città dei grandi eventi, se si considera la vicinanza con Roma, cosa che invece ora sembra possibile.

    Gli stessi alpini in quei giorni hanno saputo apprezzare molto alcuni aspetti del territorio pontino che molti ormai trascurano. La natura, il mare, il sole e le origine miste dei latinensi non sono poi caratteristiche da sottovalutare per una città che, almeno sulla carta, risulta essere turistica . Forse per la prima volta Latina ha messo alla prova le proprie capacità ricettive e questo grazie anche alla capacità organizzativa dell’ANA, che ha collaborato senza sosta alla messa a punto dell’evento insieme all’amministrazione, e a tutti quegli alpini che hanno condiviso la loro festa con la città intera, periferie e borghi compresi.

    Il giorno dopo l’Adunata qualcosa è cambiato e quel vuoto rappresenta probabilmente un importante spartiacque tra ciò che è stata la città e cosa vuole diventare. Sembrerà strano ma grazie all’evento degli alpini i cittadini hanno imparato a vedere e a vivere gli spazi in maniera diversa. Essere costretti ad abbandonare anche soltanto per qualche giorno l’automobile ha significato per i latinensi riscoprire la bellezza delle passeggiate in centro, ha spinto molti a rispolverare le biciclette e, soprattutto, a prendersi un po’ di tempo in più per godersi la città.

    È così che un vuoto enorme come quello lasciato dagli amici alpini è divenuto un passo fondamentale verso quel cambiamento culturale che in pochi sembravano pronti ad affrontare. L’amministrazione comunale, in tempi davvero stretti, si è messa in moto per sperimentare la chiusura del centro storico ai veicoli a motore nel fine settimana e per renderlo ancora più vivo.

    Una cosa è certa: chi ha vissuto l’Adunata insieme alle penne nere non la dimenticherà mai. Vedere gli alpini andare via, vederli camminare verso gli autobus, salire sui treni alla stazione o sui loro camper è stato quasi come veder partire dei fratelli verso casa, lontano da qui, ma con la speranza di poter condividere con loro tante altre giornate indimenticabili come lo sono state quelle dell’adunata di Latina.

    Alberto Dalla Libera

    Pubblicato sul numero di giugno 2009 de L’Alpino.