Quei Caduti, parte di ciò che siamo

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    Sono passati 69 anni dalla leggendaria ritirata di Russia, ma 70 anni fa il gen. Messe era già in quella terra con un forte contingente italiano e si contavano i primi Caduti, feriti e congelati. Il comandante del CSIR (Capo di Spedizione Italiano in Russia) aveva capito che i nostri soldati correvano grossi rischi in uno scontro tra giganti: lui poteva opporre all’avversario il valore di tenaci combattenti, non divisioni corazzate o caccia bombardieri. Cercò di dissuadere Mussolini ad inviare nel 1942 un’armata di 230 mila uomini. Non fu ascoltato e tantomeno promosso. Poi le cose andarono come tutti sanno.

     

    Ora è il momento del ricordo e il Tempio di Cargnacco, voluto da don Primo Caneva come una missione di vita, in una bella mattinata domenicale, il 22 gennaio, ha accolto un gran numero di alpini, combattenti, autorità per una cerimonia che nella sua sobrietà non potrebbe essere più vicina allo stile della gente di montagna e dei friulani.

    Alle 9.15, con una puntualità esemplare, si trovano schierati sull’ampio piazzale antistante la chiesa il picchetto dell’8° Reggimento, la fanfara della Julia e sul fronte opposto un gruppetto di reduci attorniato da centinaia di alpini, una decina di vessilli, compreso quello della sezione Abruzzi, tanti gagliardetti e i gonfaloni della città di Udine, decorato di Medaglia d’Oro, della Provincia, di Comuni con i loro sindaci, ufficiali e militari in servizio. Tra questi ultimi il vice comandante della Julia col. Andrea Piovera e il comandante della Regione Militare gen. D. Sebastiano Gianvré. A fare gli onori di casa c’era il presidente della sezione di Udine, Dante Soravito de Franceschi, i consiglieri nazionali Chiofalo e Cisilin e il revisore dei conti Baradello.

    Breve ma suggestiva cerimonia di deposizione di un mazzo di fiori ai 12 cippi che fanno corona al piazzale in memoria dei reparti combattenti in Russia, poi alzabandiera e ingresso al Tempio. Anche ad un osservatore distratto non può sfuggire la monumentalità dell’edificio e soprattutto le drammatiche scene raffigurate sulle pareti interne che, come ha evidenziato l’arcivescovo di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato: “Sono potenti opere d’arte che immergono dentro l’umanità sofferente”. Su tutte domina, non casualmente, la croce, a partire da quella posta davanti all’altare composta da elmetti del Regio Esercito.

    All’interno della chiesa, prima della Messa, ha preso la parola Dante Soravito de Franceschi per ribadire che le nostre cerimonie in memoria dei Caduti servono a rafforzare la consapevolezza di quello che siamo e che la Julia è “parte integrante del nostro vivere”. Nel ribadire l’intollerabile degrado del museo complementare al Tempio, ha annunciato che finalmente sono disponibili i fondi per un adeguato e funzionale recupero.

    Il gen. Gianvré ha portato il saluto del Capo di Stato Maggiore della Difesa, Abrate, e ha sottolineato che le Forze Armate sono consapevoli del peso della storia e proprio per questo perpetuano il loro impegno in missioni anche ad alto rischio. Ha chiuso gli interventi il consigliere nazionale Chiofalo ricordando l’affermazione di don Gnocchi, “La guerra nasce da un disordine morale”.

    Ha richiamato tutti al dovere che abbiamo di onorare quelli che non sono tornati e di manifestare la nostra riconoscenza verso chi con la sua testimonianza ha insegnato quello che c’è di meglio nell’uomo: l’amore verso il prossimo. Il coro della cappella musicale del Duomo di Udine ha accompagnato in modo coinvolgente la Messa. La cerimonia si è conclusa con la deposizione di una corona nella cripta dove riposa don Caneva con i suoi alpini e non: pochi resti di una bella gioventù sacrificatasi con eroismo e tornata in Patria per lasciare appena un nome su una lapide. Gli altri sono semplicemente “dispersi”.

    v.b.