Quegli anni di O.P, in Alto Adige

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    Della risposta data allo scritto di Carlo Schito, apparsa su L’Alpino n. 6, ho molto apprezzato la tua citazione quelli che per parecchi anni hanno tribolato in Alto Adige in O.P . Ebbi a suo tempo a rimarcare l’assoluto silenzio sull’argomento nella ponderosa opera edita dall’ANA, curata dal gen. Faldella, Storia delle Truppe alpine . Le mie rimostranze scritte non vennero pubblicate su L’Alpino e ricevetti risposta, in via rigorosamente privata, in cui si affermava che la cosa non era dovuta ad un refuso, bensì alla volontà di non urtare la suscettibilità degli alpini altoatesini (sic). Dell’argomento, all’epoca evidentemente per mero opportunismo politico, poco o nulla si doveva parlare ed infatti poco o nulla se ne parlò.

    Gian Luigi Ceva Gruppo di Valenza (sez. di Alessandria)

    Non so se è stata una scelta politica quella di non parlare dell’impiego dei militari di leva in servizio di ordine pubblico in Alto Adige negli anni caldi del terrorismo. Stento a crederlo perché degli atti irresponsabili di pochi esaltati la stampa ne ha parlato ampiamente. Quello che posso affermare per testimonianza diretta è che quel servizio non è stato un gioco. Abbiamo avuto incidenti e morti. É doveroso ricordarli. Gli alpini di lingua tedesca della mia batteria, la 38, ladra’ ed efficiente come poche, erano ottimi soldati. Ho chiesto al capitano Bubbio che uno di questi, l’artigliere Malsiner, in deroga alla raccomandazione di non impiegare quei ragazzi in OP, fosse inserito nel gruppo della mia sezione che operava in Val di Vizze, nel marzo 1962. Era serio, affidabile e credeva più agli occhi azzurri della sua ragazza che alle velleità di personaggi convinti di essere investiti di una missione divina. Aveva capito da solo che il Medio Evo era finito. La storia chiusa in un armadio non finisce mai. Meglio raccontarla. Correttamente

    Pubblicato sul numero di settembre 2009 de L’Alpino.