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Gli incontri italo-austriaci della pace organizzati dalla Croce Nera dell’Alta Austria per onorare i Caduti e le vittime civili di guerra sono ormai divenuti una tradizione anche per le nostre sezioni del Nord-Est che vi partecipano con proprie delegazioni. Il prossimo avverrà venerdì 12 ottobre al cimitero militare di Linz, in località Wegscheid-Traun, dove durante la Grande Guerra esisteva un campo di prigionia e dove sono sepolti 5.163 soldati, dei quali 1.360 italiani, deceduti per malattie o a causa delle ferite riportate nei combattimenti.
Una cerimonia semplice ma, come sempre, molto partecipata, quella svoltasi davanti alla chiesetta di cappella Tamai, a San Nicolò di Comelico, edificata e consacrata in occasione del 3° anniversario dell’eccidio di Cima Vallona, avvenuto il 25 giugno 1967. Erano presenti numerose autorità militari e civili e i familiari delle vittime: Gabriella Piva, sorella dell’alpino Armando, i fratelli del sergente Olivo Dordi, la moglie del sottotenente Mario Di Lecce, Graziella, mentre il figlio del capitano dei carabinieri Francesco Gentile, Massimo, ha mandato un messaggio di partecipazione e saluto. Fra i presenti, anche il sergente Marcello Fagnani, Medaglia d’Argento al Valor Militare, unico superstite della pattuglia antiterrorismo, rimasto gravemente ferito nell’attentato.
A nome e per conto dell’associazione di volontariato “Progetto Cernobyl di Caselle” vorrei, ancora una volta, esprimere pubblicamente la nostra gratitudine ai gruppi locali degli alpini, che da sempre sostengono la nostra iniziativa di solidarietà.
Dodici vessilli, delle sezioni di Milano, Bergamo, Piacenza, Alessandria, Torino, Trento, Brescia, Pavia, Casale Monferrato, Parma, Salò e trentasei gagliardetti hanno partecipato all’inaugurazione della nuova sede, a due passi dal Torrazzo. All’importante evento c’erano il presidente nazionale Corrado Perona, il consigliere nazionale Cesare Lavizzari ed il past president Giuseppe Parazzini. C’era anche la pioggia, che non ha impedito lo svolgimento del programma.
Festa di colori e di popoli doveva essere, festa di colori e popoli è stata. Il torneo multietnico di calcio a 5, organizzato dagli alpini nell’ambito delle celebrazioni per il 50° del gruppo “Vincenzo Periz” di Settecà, ha visto trionfare la Costa d’Avorio. Ma, alla fine, hanno vinto un po’ tutti. Accantonati distinguo religiosi, superate le differenze sul colore della pelle, archiviate vecchie ruggini, una decina di nazionalità si sono affrontate sotto il solleone, tra i cori e le danze dei tifosi e gli sguardi divertiti degli stessi organizzatori.
Questa è la storia di cinque croci, su altrettante bellissime vette delle Dolomiti bellunesi, e di due eroi, uccisi dalla montagna che era la loro palestra di coraggio e generosità. La storia comincia quando tre alpini della Julia – Giorgio Dal Pos, Renato Sartor, Gino Barazza e un amico degli alpini, Giorgio Ottavia, tutti iscritti alla sezione di Conegliano, da sempre amanti delle montagne che circondano San Vito di Cadore, decidono di donare una croce alle cinque vette più amate: il superbo Pelmo, l’Antelao “re delle Dolomiti”, il Sorapis e il Marcora che non sono da meno e infine il Bel Pra, nel gruppo delle Marmarole.
Con delibera del CDN del 7 luglio 2012, la sezione Balcanica Carpatica Danubiana, guidata da Stefano Benazzo, ha un nuovo Gruppo che ha sede a Budapest negli uffici della Camera di Commercio Italo-Ungherese.
Devo, senza alcun dubbio, evidenziare l’operosità dei volontari della Protezione Civile della sezione ANA Massa Carrara, in particolare del loro trascinatore Carlo Sforzi, coordinatore sezionale. Merito naturalmente ascrivibile anche al presidente sezionale Alessandro Rolla che condivide e supporta le scelte operate dai suoi più stretti collaboratori. Veniamo ai fatti. Il Comune di Carrara in località Avenza, nell’ambito di un consolidamento e sviluppo delle attività di P.C., ha recuperato dall’abbandono un ampio padiglione.
Sotto la pioggia battente, moltissimi alpini della sezione hanno voluto comunque sfilare per onorare l’impegno con la gente di Lecco. A scaldare le penne nere ci aveva pensato il cappellano militare don Diego Gabusi pronunciando nel Santuario della Vittoria un’omelia così appassionata da venire salutata, alla fine, da un’ovazione.
In Giordania, al confine con la Siria, è dislocato dai primi del mese scorso un poliambulatorio dell’ospedale da campo ANA: accoglie i profughi che provengono dalla Siria, la maggior parte donne e bambini. La decisione di stanziare un posto di prima assistenza umanitaria e sanitaria ai profughi è stata presa, in cooperazione con le Nazioni Unite, dal nostro Consiglio dei ministri su proposta del ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata. La richiesta è stata comunicata al Dipartimento nazionale di Protezione Civile il quale ha assegnato questo compito alla nostra Associazione.
Sono stato richiamato ad un comportamento più corretto per aver partecipato all’ammainabandiera in ciabatte. Questo è successo a Finale Emilia al termine di una giornata di lavoro come volontario P.C. ANA. A 68 anni sinceramente la cosa non mi ha fatto piacere.
Le donne degli alpini: come definirle fuori dalla retorica? Sì, perché è passato un secolo e mezzo da quando Giuseppe Mazzini le definì “L’Angelo della Famiglia” e da allora la storia ha fatto passi da gigante. Loro, le donne, sono passate da eroine risorgimentali a coraggiose portatrici nella Grande Guerra, da staffette partigiane nel secondo conflitto mondiale a madri, sorelle e spose di alpini che in tempo di pace hanno continuato a portare la penna nera come un distintivo d’onore mai sbiadito. Oggi alcune di loro portano la penna sul cappello in caserma. Nell’ANA le donne sono presenza attiva, non solo nella Protezione Civile, ma anche nella vita quotidiana del Gruppo.