‘Ortigara, cattedrale degli Alpini…’

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    Nel 90º di Vittorio Veneto, sui sentieri della storia, la tappa sugli Altipiani nell’annuale ricorrenza dell’Ortigara ha avuto una solennità particolare. Sabato 12 luglio, alle ore 17, il Labaro e il presidente nazionale Corrado Perona, i vicepresidenti Marco Valditara e Carlo Bionaz, buona parte del consiglio direttivo, i presidenti delle Sezioni di riferimento Massimo Bonomo e Roberto Genero con numerosi colleghi e alpini provenienti anche da province lontane, una trentina di vessilli e tanti gagliardetti inquadrati hanno percorso il Viale degli Eroi per sostare all’ingresso del Sacrario del Laiten. Con una semplice cerimonia è stata deposta una corona nel salone centrale all’interno dell’Ossario e ascoltata la preghiera del combattente, seguita dal silenzio d’ordinanza.

    Con le note della tromba che si perdevano negli ampi corridoi ricoperti di nomi di Caduti non si poteva nascondere la tristezza per tanta gioventù sacrificata sui monti che circondano la città di Asiago. Eroismi e sacrifici, sofferenze e sangue, gesta sublimi e miserie umane che il tempo tende a cancellare irrimediabilmente. Diceva nel settembre del 1920 don Giulio Bevilacqua: La notte alpina non conosce oscurità perché ignora il disonore. Per sedici giorni (battaglia dell’Ortigara, giugno ’17, n.d.r.) tenemmo testa all’inferno! Meglio ultima sentinella dell’Ortigara che primo vincitore ovunque! Ortigara! Cattedrale degli alpini! .

    La sera, con un tempo da lupi, al rifugio Cecchin un gruppo di coraggiosi era lì con il coro di Lumignano per una semplice cerimonia attorno alla Madonnina che da cinquant’anni guarda con un atteggiamento materno verso quel monte martoriato. Agli scrosci d’acqua e alle raffiche di vento si aggiungono grandine e lampi da artiglieria pesante.

    Quando tutto sembra decisamente compromesso ecco uno squarcio improvviso del cielo a mostrare qualche pallida stella. Allora agli ordini perentori di Genero in pochi minuti tutti i presenti, muniti di torce, si avviano verso la sommità del Lozze, in una cornice di rara suggestione e ascoltano una delle ultime cante entrate nel repertorio alpino: Ortigara. Mamma mia quante croci quanto dolore e nel silenzio che incombe sui rilievi che delineano le creste che vanno dal Caldiera a Cima Portule solo un vento rabbioso sembra ostinatamente voler farla da protagonista. La mattina, come da copione, quando comincia appena ad albeggiare, sulla ripida mulattiera che sale verso il monte sacro si snoda la lunga fila di chi non vuol mancare all’appuntamento della colonna mozza.

    La giornata è fredda e ne sa qualcosa il presidente Perona che ha passato la notte in tenda e quando compare al Cecchin non ha decisamente l’aria riposata. La parte alta dell’Altipiano è avvolta da una nebbia fitta e l’aria non viene dalla parte buona. Gli intenditori alzano gli occhi al cielo e arricciano il naso scrollando la testa. La messa su Cima Ortigara, nonostante le condizioni proibitive create da una buriana infittita da un vento sferzante che non dà un attimo di respiro, o forse proprio per questo, è quanto mai coinvolgente. Lassù, alle otto del mattino, ci arriva chi sente ancora viva la tragedia degli alpini, che non vuole dimenticarli, che li onora anche con un piccolo sacrificio personale.

    Oltre al presidente Corrado Perona con il Labaro, c’è il Consiglio Direttivo Nazionale, il comandante delle Truppe alpine gen. D. Bruno Petti, il comandante del 7º col. Antonio Maggi, l’assessore regionale Elena Donazzan, il sindaco di Asiago Andrea Gioss con parecchi colleghi dei Sette Comuni, una trentina di vessilli e moltissimi gagliardetti. Don Rino Mascella, cappellano della sezione di Verona, tiene a bada con difficoltà il suo altare da campo, ma trova le parole giuste per ricordare che lassù si arriva nel ricordo dei morti per cercare l’unico sentimento che può essere più forte della guerra: l’amore per il prossimo.

    Il vecchio combattente della seconda guerra mondiale Guido Azzolini, un appassionato conoscitore delle vicende belliche del suo Altipiano e in particolare dell’Ortigara, ha letto con voce ferma la Preghiera dell’Alpino. Si è quindi proceduto alla deposizione delle corone alla colonna mozza e al cippo austriaco, presente, come sempre, una delegazione dei Kaisersch tzen Tirol Battaillon Unterland , guidata da Helmut M. Berchtold, con le insegne dell’aquila bicipite.

    Alle ore 11, al piazzale Lozze, con qualche decina di minuti di anticipo sul programma, causa maltempo, inizia la cerimonia dell’alzabandiera e successiva deposizione di corona di alloro. Sono presenti oltre alle autorità militari e civili che hanno partecipato al rito di Cima Ortigara anche il vice presidente della Provincia di Vicenza Dino Secco, numerosi sindaci, comandanti delle stazioni dei carabinieri, delle guardie di finanza, dei forestali e tanti alpini con i loro familiari.

    Prende la parola il presidente nazionale Corrado Perona ed esordisce: Non sono pacifista, ma amo la pace. Quella vera, che non ha tanti colori . E ribadisce che il sacrificio di tante giovani vite e le sofferenze di tante famiglie hanno ancora un senso solo se li interpretiamo nel segno del dovere verso la Patria. Un dovere che permane intatto anche oggi benché non venga richiesto di compierlo in modo estremo come un tempo. Conclude il suo breve intervento ribadendo che nella tradizione alpina il verbo ricordare si accompagna sempre a quello di aiutare.

    Poiché dalle Moline tira un’aria fredda e sopra le teste incombe una massa di nuvole nere il coro Voci del bosco di Lugo di Grezzana riduce drasticamente i momenti canori e don Rino contiene i tempi del suo intervento per dire che basta la predica alla colonna mozza. Ma tutto questo non è sufficiente ad impedire che un violento acquazzone, anzi più grandine che acqua, investa i presenti, che, immobili come statue, accettano senza una grinza l’inclemenza del tempo.

    Appena finita la cerimonia ricompare beffardamente uno spiraglio di sole a lasciare intravvedere nelle radure sottostanti il fumo degli accampamenti che sale in verticale. È la montagna.

    Vittorio Brunello

    Pubblicato sul numero di settembre 2008 de L’Alpino.