Orgogliosi della penna

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    Ho voluto a tutti i costi diventare alpino. Ho pagato cara questa scelta, perché i miei padri di naja mi forgiarono come l’acciaio. Oggi ho 60 anni, mio figlio ha avuto la fortuna di fare l’alpiere a Venzone e anche per lui è stata naja (alpina) dura, ma ricca di grandi emozioni. Entrambi siamo rispettosi e orgogliosi della penna che portiamo sul cappello. Nelle Adunate ci teniamo in disparte per rispetto di tutti gli anziani, reduci e Caduti per darci patria e libertà. Veri veci che nel ’15 18 male armati, male vestiti e male guidati sono sepolti in tanti sacrari militari e nulla hanno a che fare con trabiccoli e sbornie. Oggi gli alpini in armi portano nel mondo democrazia, pace e simpatia e per questo vengono riconosciuti e rispettati.

    Lorenzo Pavan

    Bella la tua lettera. Non vedo però perché alle adunate te ne stai dietro una transenna e non sfili con i tuoi commilitoni per ricordare anche le imprese della tua naja. La fierezza d’aver indossato la divisa non si esaurisce nelle glorie dei veci. Continua anche col nostro servizio in tempo di pace (cioè di guerra fredda fino alla fine degli anni ottanta) e con quello dei professionisti che vanno in teatri di guerra pericolosi, subdoli, per portare un filo di speranza a chi da secoli non ne ha.

    Pubblicato sul numero di settembre 2008 de L’Alpino.