La speranza dalle azioni inutili

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    Ci avevano messo in guardia. Il ventuno del mese scorso, stando alle profezie maya, sarebbe dovuta accadere la fine del mondo. Per fortuna i Maya stanno bene dove sono. Ci hanno anche fatto sapere che loro se la ridono nel vedere gente che prende sul serio tanta stupidità, liquidando i buontemponi delle catastrofi come segugi scoppiati alla ricerca del nulla. Un nuovo anno ci obbliga agli auguri reciproci. Soprattutto ci obbliga alla speranza. Cosa diversa dall’ottimismo. Questo, come il suo opposto, il pessimismo, fiorisce da un atteggiamento razionale. Se il mondo lo leggessimo solo in termini crudamente logici non avremmo molto da rallegrarci.

    Non ce lo consentirebbe la situazione economico-finanziaria. Ci sfinirebbe quella politica. Ci affonderebbe quella della sicurezza sociale, ogni giorno pronta a scodellarci episodi che inquietano e ci rendono meno tranquilli dentro le nostre case. Ma è proprio dentro questi scenari dalle tinte pessimistiche, che si fa largo il dovere, l’obbligo della speranza. La quale nasce, non solo o soltanto dalla fede, ma dalla convinzione che la storia dell’uomo, sia pure tra luci ed ombre, è una storia destinata al bene. Bernanos, nel suo Diario del curato di campagna, dice che “tutto è grazia”, lasciando intendere che c’è un disegno più grande delle nostre miserie, a condurre la storia e i suoi avvenimenti. Coniugare la vita sulle note della speranza non è comunque un modo per incrociare le braccia, mettendosi in atteggiamento di fideistica attesa senza responsabilità.

    È piuttosto la convinzione che il male non è la parola definitiva, la vittoria finale sull’uomo. Da qui l’invito a non subirne la tirannica fascinazione, fino a farci sentire impotenti e incapaci di mettergli un argine, per cambiare il corso della storia. La speranza diventa così una sottile sorgente che sgorga nella coscienza, senza la quale il futuro si colora di buio. È la speranza che dà le ragioni per mettere al mondo un figlio, per dare avvio ad attività lavorative nuove, che spinge a lottare per rimuovere le miserie, che si prodiga nel volontariato… Dietro ogni azione destinata a cambiare il volto della storia, ma anche quello più semplice delle nostre famiglie e delle nostre realtà personali, c’è il soffio della speranza, senza la quale non rimane che una desolata rassegnazione.

    È da questo orizzonte che il mio augurio per il nuovo anno si traduce in invito a tutti gli amici alpini e alle loro famiglie. Invito a credere che nessuna cosa e nessuna azione è inutile, quando si è mossi dalla speranza. Mi scriveva un amico: l’inutile riempie la nostra vita. Ma non si trattava di una riflessione pessimistica. Era piuttosto un prendere le distanze da un modo di ragionare in cui tutto avviene per calcolo, in base alla certezza dei risultati. Una mentalità ragionieristica, in cui rischia di scomparire la gratuità e la speranza del nuovo che dal gratuito fiorisce.

    Cosa serve, potremmo chiederci, che un genitore si fermi a contemplare un bimbo che dorme? Cosa serve versargli sulla testa qualche goccia d’acqua per dire che è cristiano, quando la vita risponde in altro modo ai bisogni vitali? Che senso ha il volontariato alpino, se poi la risposta è spesso impari alle attese? Anche tra gli alpini qualche volta fa capolino un po’ di pessimismo, come se tante fatiche finissero per indossare i panni delle cose inutili o delle occasioni sprecate. È solo la speranza che dà senso al nostro fare.

    L’unico accorgimento è liberare le nostre azioni dalla preoccupazione della visibilità e del successo, ossia dalla tentazione che ci venga pagato il prezzo di quello che facciamo. Una volta liberi da tali pretese, sarà il futuro a sprigionare, quando meno ce lo aspettiamo, la forza dilagante del bene, ossia delle nostre azioni, apparentemente inutili.

    Bruno Fasani