La responsabilit nella stampa alpina

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    Benché si viva nell’era della comunicazione di massa, in qualche famiglia L’Alpino e i periodici della Sezione e di Gruppo sono gli unici giornali che entrano e vengono letti. C’è anche la televisione, ovviamente e, sempre meno frequentemente, la radio.

     

    Certo, gli italiani leggono poco, ma c’è da dire che la qualità dei quotidiani non aiuta alla lettura. E poi la crisi economica che stiamo attraversando ha inciso anche sulle vendite e drasticamente ridotto il numero delle copie. Anche questo è un motivo in più per considerare con grande attenzione i nostri giornali associativi che costituiscono una grande ricchezza della nostra Associazione oltre ad essere un fenomeno editoriale unico.

    Sono uno spaccato dell’attività delle Sezioni e di migliaia di Gruppi e della varietà della vita associativa fatta di tradizione, di volontariato e di iniziative fornito dalle nostre 169 testate, dal foglio del piccolo gruppo al mensile della sezione più numerosa: lo si deduce dalla loro consultazione e da quel grande serbatoio di idee che propongono.

    Sbaglierebbe chi pensasse a giornali fotocopia, con le notizie ricorrenti, le stesse modalità, la stessa visione, le stesse cronache. Traspare anche il desiderio di guardare fuori dalla finestra, di non chiudersi in un autoreferenziale immobilismo, di dare voce alle discussioni che si fanno attorno al fuoco, nella sede del gruppo che spesso è luogo di ritrovo, oltre che di lavoro.

    Capita di trovare commenti a quanto accade nella società, a certi fenomeni che sono altrettanti segnali dei disvalori che stanno avanzando, soprattutto nel mondo giovanile. Alla vigilia del Convegno della stampa alpina e dell’incontro di coloro che realizzano il giornale è opportuno richiamare il tema di fondo sul quale si svilupperà la discussione: la responsabilità nella stampa alpina, ossia la responsabilità che abbiamo per ciò che scriviamo sui giornali alpini.

    Tema non singolare, vista la varietà delle nostre testate e la libertà di cui godono. Ma attenzione: se è vero che sono giornali liberi e non hanno padroni, né economici né politici, hanno tanti padroni quanti sono gli alpini iscritti all’Associazione; sono giornali che portano il logo dell’ANA, non sono mai di chi ci scrive. E se chi ci scrive, per il solo fatto di scriverli pensa di poterne fare uno strumento diverso, personale, fuori dal coro, sbaglia.

    Ecco perché non è male di tanto in tanto parlare anche di responsabilità nella stampa alpina, come elemento significativo di rispetto delle regole, diversamente da quanto accade nella società di oggi, nella quale ciascuno sembra farsi le regole per proprio conto.

    Gli alpini, che sono ovunque un punto di riferimento morale, hanno la presunzione, ma anche il dovere, di voler rispettare le regole nell’ambito dei valori del loro essere alpini, di andare talvolta anche controcorrente, di avere la memoria della loro grande tradizione, ma di guardare avanti. Non sarà superflua la conferma di questa visione comune.