La nostra bandiera

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    Valle d’Incarojo, Carnia, anni ’70. Un residente, tale Jacun dal Morul, se ben ricordiamo io e mia moglie che è di quelle parti, aveva rialzato la propria casa, ma parve che l’iniziativa risultasse in un primo tempo abusiva, tanto che le autorità avevano ingiunto la demolizione della struttura.

    Bene, che fece Jacun? Pensato e deciso: si armò di tinta e pennello e dipinse la parete più in vista con i colori verde-bianco-rosso: “Venite ora a buttar giù la Bandiera Italiana se ne avete il coraggio”. Volete sapere? Nessuno ha osato sfiorare quella parete portante il simbolo dell’Italia e ancor oggi, dopo 35 anni, se passate da quelle parti potrete ammirare il drappo nazionale dipinto a grandi pennellate sulla parete esterna dell’abitazione di Jacun dal Morul. Sto pensando: un espediente invero efficace per salvare lo stabile, ma anche – quando si dice “Carnia Fidelis” – una sviscerata stima e una sicura fiducia nell’intoccabilità di un simbolo della massima rilevanza storico-sociale e oggetto del più profondo rispetto per noi italiani. Questo succedeva una generazione addietro e, orribile a rimembrarsi, molto più vicino ai tempi nostri ci fu chi osò istigare a gettare il drappo nella latrina: una bestemmia imperdonabile e impunita! Oh mia Patria, sì bella e perduta…

    Mario Bruno – Gruppo di Barge (Saluzzo)

    Non so se Jacun dal Morul fosse proprio innamorato della Bandiera e della Patria. Di sicuro fu una volpe col pedigree. E comunque il risultato è certamente più grande delle sue intenzioni, essendo diventato un simbolo capace di comunicare più di tanti discorsi.