L’Alto Adige nella Storia

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    L’Alto Adige, terra di confine, ma al contempo terra di unione tra Nord e Sud, riassume nella sua storia le vicende che interessarono l’intera Europa sin dalla notte dei tempi ad oggi. I primi insediamenti umani si ebbero già nella preistoria quando pastori e cacciatori si avventurarono sulle montagne varcando la displuviale alpina. Ad essi subentrarono popolazioni socialmente organizzate come i Reti, tuttavia incapaci di opporsi alle incursioni celtiche rivolte verso la ricca pianura veneta, tanto da indurre l’imperatore Augusto ad affidare, al figlio Druso, nel 15 a.C., il comando di sei legioni con lo scopo di rendere sicure tutte le vie al di là dello spartiacque alpino. La battaglia principale si svolse sulla piana alla confluenza tra l’Isarco ed il Talvera con la vittoria romana e la costruzione di un ponte, il “Pons Drusi” fondamento dell’odierna Bolzano.

     

    La Pax romana portò ricchezza e prosperità e la creazione di una strada che univa l’Adriatico ad Augusta (500 km) chiamata “via Claudia Augusta”. Dall’Editto di Costantino (313 d.C.) e di Teodosio (319 d.C.) la regione si affacciò al cristianesimo introdotto dal vescovo di Trento Vigilio su mandato di Sant’Ambrogio. La caduta dell’Impero romano segnò un lungo periodo di invasioni barbariche: gli Ostrogoti di Teodorico, i Longobardi ed i Franchi di Carlo Magno. Con la restaurazione del Sacro Romano Impero la “terra inter montes” divenne la via obbligata per gli eserciti imperiali che dalla Germania scendevano in Italia, tanto che Federico I il Barbarossa diede l’Alto Adige a dei piccoli vassalli della Curia di Coira, a lui fedeli, col titolo di Conti del Tirolo e di Gorizia.

    Il più famoso di questi, Mainardo II, lasciati i territori goriziani al fratello, si dedicò a costruire una contea forte ed efficacemente amministrata. Alla sua morte gli successe la figlia Margarete che, prima sposa di Giovanni di Boemia e poi di Ludovico di Brandeburgo, fu costretta a cedere la Contea nel 1363 agli Asburgo. È di quel periodo l’inizio della tedeschizzazione dell’Alto Adige. Seguì un lungo periodo di lotte tra i vari regnanti della zona e rivolte popolari fino all’avvento della duchessa Claudia de Medici vedova di Leopoldo e reggente dal 1632 al 1646.

    A lei Bolzano deve l’istituzione del “Magistrato Mercantile”, un organismo composto da italiani e tedeschi che deve giudicare sulle controversie commerciali. Con l’estinzione del ramo tirolese degli Asburgo, nel 1712 la regione subisce l’accentramento viennese perdendo la propria autonomia e diventando territorio asburgico indivisibile. All’inizio dell’800 sull’Europa soffia il vento napoleonico sull’onda delle idee della Rivoluzione francese. Napoleone si affaccia nelle valli altoatesine nel 1796 avendo un primo scontro con gli Schützen (tiratori scelti) ed i Landsturm (milizia), ma poi si dirige verso le forze austriache a Bassano del Grappa. Ben diversa la situazione dopo la vittoria napoleonica ad Ulma nel 1805 e la consegna dell’Alto Adige all’alleata Baviera nel 1806.

    Il fatto provocò la rivolta tirolese guidata da Andreas Hofer che, tra alterne fortune, continuò nonostante la nuova sconfitta austriaca a Wagram e la pace di Schönbrunn in virtù della quale l’Austria rinunciava definitivamente al Tirolo. Hofer, dopo un’ulteriore resistenza, fu catturato dai Francesi e fucilato a Mantova il 20 febbraio 1810. Caduto Napoleone viene restaurato l’ordine con il Congresso di Vienna ed ai Tirolesi, pur sempre fedeli all’Imperatore, nel 1816 vennero tolte tutte le antiche autonomie provocando un senso di ingratitudine nella popolazione.

    Nel 1848, le prime insurrezioni, le guerre d’indipendenza italiane e le rivendicazioni nazionali, costrinsero l’imperatore Francesco Giuseppe a rivedere la Costituzione concedendo l’autonomia ai Länder maggiori. In quegli anni inizia la scolarizzazione, sorgono le prime industrie e, nel 1867, viene inaugurata la ferrovia Bolzano-Innsbruck. Ma il 1848 aveva lasciato degli strascichi: i Trentini rivendicavano maggior autonomia dal Tirolo e le conseguenze si videro nel 1906 quando la folla impedì con la forza l’istituzione di corsi universitari in italiano.

    A Sarajevo il 28 giugno 1914 lo studente serbo Gravilo Princip uccide l’Arciduca d’Austria Francesco Ferdinando e sua moglie: è la guerra. L’Italia non partecipa ritenendo che il Trattato della Triplice Alleanza comprendente Italia, Austria- Ungheria e Germania sia stato violato in quanto l’aggressore non era la Serbia, ma l’Austria. L’Italia entrerà in guerra solo il 24 maggio del 1915 sulla base del Trattato di Londra che la lega ai Paesi dell’Intesa: Inghilterra, Francia, Russia e successivamente Stati Uniti. Con la fine della guerra (il 4 novembre 1918) ed a seguito della pace di Versailles e del Trattato di Saint Germain, l’Italia acquisisce, tra l’altro, l’intero Trentino Alto Adige, fino al Brennero. Gli anni successivi, con il governo fascista, vedono un intenso processo di italianizzazione dell’Alto Adige.

    Nascono le fabbriche nella nuova zona industriale a sud di Bolzano, ma nasce anche il problema dei sudtirolesi che non vogliono rimanere sotto il Regno d’Italia. Gli accordi tra il Governo italiano e quello tedesco che, nel frattempo, aveva annesso l’Austria alla Germania, portano all’esodo di alcune migliaia di sudtirolesi dall’Alto Adige in Germania. Durante la seconda guerra mondiale, dopo la resa italiana agli Alleati (8 settembre 1943), l’Alto Adige viene occupato dalle truppe naziste e dichiarato parte integrante del Reich tedesco.

    Nasce così anche in Alto Adige un movimento di resistenza che, oltre a combattenti italiani vede anche alcuni sudtirolesi. Terminata la Guerra e divenuta l’Italia una Repubblica, il Primo ministro italiano De Gasperi, unitamente al collega austriaco Gruber, firmavano nel 1946 un accordo per l’autonomia dell’Alto Adige. Il processo autonomistico andò avanti nonostante l’oscuro periodo terroristico degli anni ’60 e si concluse nel 1972 con l’entrata dell’attuale statuto d’autonomia. Questo è l’Alto Adige di oggi: una casa comune in cui vivono ed operano persone di storia e lingua diverse proiettate verso la nuova Patria comune: l’Europa.

    Maurizio Ruffo