Il significato del 90

    0
    42

    C’era una volta la Grande Guerra. La fine non fu celebrata più di tanto: perché la pace fu considerata mutilata per l’accettazione solo parziale delle richieste italiane alla Conferenza di Parigi, perché gli intellettuali e le tante voci incendiarie che avevano spinto al conflitto ne stavano raccontando gli orrori, avendo perso nelle trincee del Carso e dell’Ortigara ogni furore. Ma soprattutto per le condizioni sociali ed economiche comuni a tutti i Paesi belligeranti, condizioni che in Italia (e in Germania) avrebbero portato alla dittatura e all’isolamento degli interventisti pentiti.

     

    Nel secondo dopoguerra si è andato progressivamente affievolendo il senso di appartenenza nazionale, con conseguente decadimento dei valori e perdita di identità. L’occasione di riproporci il nostro recente passato ci è stata data dalla scadenza del 90º della fine della prima guerra mondiale. Non che le genti del Triveneto ne avessero bisogno (fu combattuta sulle loro terre che ne conservano ancora tante testimonianze), ma ne hanno bisogno tutti gli italiani in generale, per riprendere coscienza della conquistata e sofferta unità.

    La ricorrenza è molto di più d’un semplice anniversario storico: ci riporta al compimento del nostro Risorgimento attraverso tante celebrazioni, convegni, seminari, saggi, pubblicazioni di memorie che raccontano al di sopra di ogni suggestione o condizionamento ideologico quanti infiniti e sovrumani sacrifici abbiano sostenuto i nostri Padri, quali sofferenze e devastazioni abbia sopportato il nostro Paese. E ci ammonisce dopo aver abbandonato il secolo più sanguinario e devastante che la storia ricordi, per la dimensione e la frequenza delle guerre che l’hanno attraversato che tutto ciò non deve accadere mai più.

    Gli alpini singolarmente, ogni Sezione, ogni Gruppo hanno celebrato a modo loro il 90º dando ancora una volta dimostrazione di essere al servizio della collettività: hanno recuperato le testimonianze dell’immane conflitto, hanno svolto un’azione di alta pedagogia civile celebrando una pace che ha coronato il sogno dell’unità del Paese, rafforzato l’attualità e la sacralità dei suoi simboli in un momento che induce a credere che Bandiera e Inno nazionale, fedeltà alle istituzioni e senso dello Stato siano solo retaggi d’un vecchiume anacronistico, e che si possa vivere solo del presente.

    C’è da augurarsi, celebrando il 90º della fine dalla prima guerra mondiale in giorni in cui divampa la discussione su antitetiche riletture della nostra storia più recente, che si chiuda finalmente anche la seconda, e con questa anche il profondo solco ideologico che divide vinti e vincitori d’un passato che non passa. Che le ricorrenze nazionali siano momenti di sentimenti comuni a tutti e che, come invita il presidente Napolitano, si guardi finalmente a un futuro costituzionalmente condiviso , mentre il presidente emerito Ciampi chiede a una Italia depressa e in crisi l’abbraccio del coraggio e della chiarezza .

    La grande manifestazione che coinvolgerà tutti gli alpini in ogni città o paese in cui vi sia un monumento ai Caduti e che la sera del 3 novembre prossimo avrà come punto di riferimento collettivo, oltre che ideologico, Trento, si svolgerà all’insegna dell’unità conquistata dai nostri Padri. Rendendo loro il doveroso omaggio, ci auguriamo che questa unità si compia finalmente anche nel cuore di tutti gli italiani.

    (ggb)

    Pubblicato sul numero di ottobre 2008 de L’Alpino.