Il Grappa sembrava pi vicino che mai…

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    C’era una volta una sfilata. Potrebbe cominciare così il resoconto di quanto è avvenuto a Bassano domenica 11 maggio, e avrebbe tutta la passione, i colori e l’incanto d’un vero racconto fantastico.

    Ora che è passata ed è stata relegata alla storia, ora che si pensa già a Latina e che non sembra ancor vero che sia andata bene, anzi benissimo, che sia stata un’adunata ordinata, allegra e gioiosa, ricca di suoni e di voci ma senza quel chiasso assordante e un po’ sbracato che sminuiva il valore dell’incontro e della festa, ora che sembra tutto un bel sogno com’è possibile descrivere quello che è successo domenica mattina, per quasi dodici ore, con un fiume ininterrotto di alpini lungo più di due chilometri e mezzo, con la gente che non s’è schiodata dalla mattina alla sera tenendo la posizione per non perdersi proprio nulla, capace di emozionarsi ed entusiasmarsi fino alla fine e cogliere momenti particolari, reagire, partecipare come se un invisibile regista il cuore? avesse regolato in uno attori e spettatori.

    Così, ecco una percussione di tamburi e poi un suono sempre più distinto man mano che la folla tace, in attesa. E poi, finalmente, dopo sessant’anni da quel ’48 pieno di speranza, imbocca viale delle Fosse da viale Venezia la fanfara della Julia seguita dalla Bandiera di guerra del 7º Alpini, e poi due magnifiche compagnie che strappano cuore, applausi e qualche lacrima ed è un crescendo di emozioni al passaggio dei reduci, volti buoni e mani che salutano, un po’ a disagio su quei grossi gipponi, un po’ spaesati e increduli che tutte quelle migliaia di persone che affollano i lati della strada, delle tribune, applaudano proprio a loro, in piedi.

    Passano gli ufficiali e sottufficiali in servizio, la fanfara della Taurinense precede il Labaro che, scortato dal presidente nazionale Corrado Perona e dal Consiglio direttivo al completo, prende posizione sulla pedana ai piedi della tribuna d’onore: sarà al Labaro e alle sue 207 Medaglie d’Oro che gli alpini, sfilando, renderanno onore. Poi tutto come tradizione (ma chi dice che le adunate sono tutte uguali?) ma sempre per la prima volta, per un’altra volta ancora, i decorati, le delegazione dei soldati di montagna aderenti all’IFMS, il centro operativo della nostra Protezione civile, e una rappresentativa del nostro splendido ospedale da campo, unico in Europa. Ed ecco gli alpini esuli in Patria di Zara, Fiume e Pola, e quelli delle Sezioni all’estero.

    E via via, per quasi dodici ore costellate di momenti allegri e commoventi, di storia e di memoria, come quando passa lo striscione come una grande bandiera che ricorda Novo Postojalowka, Nikolajewka, Selenyj Jar: ferite ancora aperte in una terra che vide la Julia partire e tornare decimata, in case dove i fiori freschi non mancano mai alla foto d’un alpino sorridente e ignaro del tragico destino che lo aspettava in una terra sconosciuta e lontana. Il cielo, ancora imbronciato dopo l’acquazzone della sera prima che non presagiva niente di buono, sta tornando sereno e annuncia che sarà una splendida giornata. Sfilano sezioni, fanfare, bande musicali, un fiume di cappelli, di colori, sindaci alpini con la fascia, è una festa tricolore, una lenta, lunga marcia di avvicinamento ai momenti più attesi, quando sfila il Veneto.

    Le tribune si animano ancor più quando arriva, accolto da un caloroso applauso, il neo ministro della Difesa Ignazio La Russa, e prende posto accanto al nostro presidente Corrado Perona, al senatore Carlo Giovanardi (che aveva passato in rassegna i reparti al mattino) al presidente della Regione Giancarlo Galan, della Provincia Attilio Schneck, al sindaco alpino Gianpaolo Bizzotto, al capo di SME gen. Fabrizio Castagnetti, al gen. Bruno Petti, comandante delle Truppe alpine.

    Il ministro riparte nel pomeriggio stesso: deve fare rientro a Roma. Passano le ore, il fiume di alpini scorre. È difficile delimitare il confine fra la strada e i marciapiedi. Uno striscione annuncia: Abissinia, 1935, e dietro una carrozzella con un reduce in divisa e casco coloniale con la penna nera: Cristiano Dal Pozzo, classe 1913. Il reduce scende dalla carrozzella, spinta dal figlio Giovanni, e un po’ ciondolando ma con passo ostinato saluta il Labaro e sventola la mano guardandosi attorno, felice. Perona scende dalla tribuna d’onore, e scende anche il generale Petti, lo baciano e lo abbracciano mentre la gente va in delirio.

    Ecco Marostica che preannuncia Bassano con lo striscione Monte Grappa, monte Ortigara, altari degli Alpini . La storica banda di Rosà, suona Monte Grappa , le cui parole furono scritte dal maresciallo Emilio De Bono proprio a Rosà, e precede uno striscione che annuncia la fanfara che suona Monte Grappa e il cartello tanto atteso: Bassano. Un urlo si leva dalla folla mentre fiori vengono lanciati in strada al passaggio del vessillo scortato dal presidente della Sezione Carlo Bordignon e da Bortolo Busnardo. E dietro ancora il consiglio direttivo con il colonnello Casagrande, responsabile del Comitato Adunata e tutti gli altri cui vengono tributati applausi per l’intero percorso della sfilata e ancor più all’altezza delle tribune, dove tutti sono in piedi e battono le mani, lanciano fiori e gridano bravi! E un bravo se lo meritano davvero questi alpini, che hanno lavorato due anni per arrivare a questo giorno.

    Neppure loro avrebbero mai pensato di fare una delle più belle adunate che si ricordino. Due anni di sacrifici, ai quali va aggiunto il lavoro e l’esperienza di chi, come il generale Silverio Vecchio, segretario generale dell’Associazione, ha seguito passo passo l’organizzazione facendo la spola da Milano. Tre file di sindaci con la fascia tricolore, quasi tutti con il cappello alpino in testa, vengono da presso e anche loro battono le mani e poi un mare tanti, tantissimi, saranno migliaia e migliaia gli alpini della Sezione. Sono venuti tutti, ma proprio tutti.

    Ci sono i donatori di sangue ( Ieri il sangue alla Patria, oggi all’umanità ), e poi Gloria a voi, soldati del Grappa , una montagna che ha marchiato generazioni. E poi, poteva mancare?, lo striscione con la scritta, personalizzata, Sul ponte di Bassano, ci diam la mano e infine Arrivederci a Latina , con il presidente della Provincia e il sindaco dall’aria un po’ frastornata e stupita, (coraggio, sindaco, con tutti i veneti che ci sono, a Latina gli alpini sono di casa ) e il Gonfalone. La strada si chiude dopo l’ultimo scaglione, si ricompone il corteo iniziale.

    Sono passate più di undici ore e mezzo e la gente è ancora tutta lì. Parte la fanfara della Julia gloriosa, parte la compagnia del 7º, seguono il Labaro con il consiglio nazionale, i Gonfaloni, il servizio d’ordine nazionale. In piazzale Cadorna l’ammainabandiera chiude questa 81ª Adunata. Le ombre incerte della sera scendono sulla grande festa e sulle migliaia che si disperdono per la strade e i vicoli. Il Grappa, colpito dagli ultimi raggi del sole, sembra più vicino che mai.

    Giangaspare Basile