I calabroni e gli alpini

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    Il Crocifisso può stare nelle aule scolastiche e negli uffici pubblici: È simbolo di valori civili , ha sentenziato il Consiglio di Stato, l’organo di consulenza giuridico amministrativa, che ha posto così la parola fine a una lunga battaglia condotta da una finlandese sposata con un italiano e residente ad Abano Terme. La signora aveva chiesto la rimozione del Crocifisso dalla scuola frequentata dai figli, in virtù del concetto di laicità dello Stato e del rispetto di chi professa altre religioni, o nessuna. Il Consiglio di Stato le ha dato torto chiudendo per ora una vertenza analoga a quella avviata per la prima volta cinque anni fa da un sedicente portavoce delle chiese musulmane in Italia.

    Nel frattempo c’erano stati episodi di sconcertante conformismo in qualche scuola elementare, come la sostituzione del presepe con babbo natale e canti tradizionali soppiantati da asettiche filastrocche, secondo una opinabile concezione del politicamente corretto: episodi che denotano una precaria identità culturale. Il Consiglio di Stato ha decretato che la difesa del Crocifisso si basa sul fatto che rappresenta valori civilmente rilevanti, ovvero valori che soggiaciono ed ispirano il nostro ordine costituzionale, fondamento del nostro convivere .

    Già, l’identità culturale. La nostra è plasmata dal diritto romano, dalla matrice cristiana, dall’umanesimo, dal Rinascimento, dall’Illuminismo e dal faticoso cammino verso l’unità avviato con il Risorgimento: valori che vanno difesi ancora oggi, perché alcuni sono scomparsi, altri non sembrano essere definitivamente acquisiti e generalmente condivisi. Noi riteniamo, per esempio, che la leva obbligatoria sia uno di questi valori, soprattutto per i giovani: basta guardarsi attorno per comprendere il vuoto che questa scuola di vita ha lasciato in mezzo a loro, privi di precisi punti di riferimento.

    Ancora: è di qualche settimana fa la depenalizzazione del vilipendio della Bandiera, un’offesa al simbolo più alto della Patria ridotta a una sorta di infrazione stradale, senza neppure la riduzione di punti dalla patente di cittadino. Del resto, cosa possiamo dire se perfino la Preghiera dell’Alpino ha subito il contraccolpo d’una sconcertante accondiscendenza ad un malinteso multiculturalismo religioso che mortifica e penalizza?Non c’è niente di più universale della preghiera, e niente di più soggettivo del mistero del quale ogni creatura si sente circondata nel dialogo con il Soprannaturale, un fenomeno che segna il cammino dell’uomo e lo sviluppo della sua civiltà. È un dialogo che appare perfetto quando preghiera liturgica e preghiera personale si fondono.

    Ma è un equilibrio che appare spezzato: gli alpini intendono difendere la nostra millenaria civiltà cristiana contro chiunque la minacci, mentre l’Ordinariato militare ha depennato dalla liturgia questo passaggio. E allora gli alpini, come i calabroni che non sapendo d’essere negati al volo dalle leggi dell’aerodinamica volano lo stesso, continuano a recitare la Preghiera così come fu loro tramandata, anche se liturgicamente è cambiata.

    Per esporre come prima il Crocifisso c’è voluta una decisione del Consiglio di Stato; che sia necessario un altro pronunciamento per rimettere liturgicamente a posto anche la nostra Preghiera?