Diffamò gli alpini: condannato giornalista della Tribune de Genève

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    Gli alpini che il 10 maggio 2003 affluivano ad Aosta per la loro Adunata nazionale, sono stati salutati da un articolo pubblicato addirittura da un giornale straniero, la Tribune de Genève. Articolo che, scegliendo fior da fiore, presenta l’alpino come un ‘miles gloriosus’ la cui storia annovera secondo l’autore più che vittorie, sonore sconfitte.

    Come la disfatta di Caporetto nella 1ª guerra mondiale, e la tragica ritirata di Russia, nella seconda. Soldati che, con la scusa di celebrare le glorie del loro Corpo, in realtà si riuniscono ogni anno per poter dare sfogo alla loro più grande passione, dimostrandovi in effetti una competenza indiscussa: la gozzoviglia. Altra colpa degli alpini, essere stati occasione di un esagerato (disdicevole?) imbandieramento della città di Aosta con il Tricolore che, Costituzione alla mano, è ancora il simbolo ufficiale dello Stato italiano.

    Alpini che avrebbero invaso in centinaia di migliaia vie, piazze, prati, bar ed osterie, bloccando il traffico, divorando tonnellate di panini e tracannando relative adeguate quantità di alcoolici. Insomma, Aosta sarebbe diventata una specie di campo di battaglia, ove gli Alpini avrebbero consumato il loro ‘rave party’ lasciandovi poi anche troppo a lungo il loro maleodorante ricordo, dovuto alla scarsità delle latrine chimiche mobili predisposte.

    Questo, secondo l’articolista, sarebbe il più recondito, vero spirito dell’adunata, almeno come lo ha saputo cogliere la sua raffinata penna. Ci si chiede, se è possibile concepire offese più brucianti per dei soldati che si ritrovano per ricordare i loro morti.

    Immediata ed inevitabile, a questo punto, la querela sottoscritta dall’allora presidente nazionale Parazzini prima e dal presidente Perona poi. Reato ipotizzato: ‘Diffamazione aggravata a mezzo stampa’.

    Senonché, con incredibile sentenza, il tribunale di Aosta, in data 22 dicembre 2004, mandava assolto l’autore dell’articolo perché, pur scrivendo cose non conformi al vero, ed addirittura contrarie alla verità storica, in sostanza si sarebbe limitato a fare della critica ed a fare, il birichino, dell’ironia di cattivo gusto. E poi perché è pacifico il carattere eccessivamente (testuale) festaiolo (non festoso) degli alpini, nonché per l’abitudine al bere ed ai bagordi (testuale) di chi frequenta, horresco referens, questo tipo di raduni.

    In sostanza pare di assistere ad una specie di inversione di ruoli: via dal banco degli imputati l’estensore dell’articolo ed al suo posto gli alpini, bollati come dediti all’alcool ed alla gozzoviglia. Evidente che non si è capito che lo scopo precipuo dell’Adunata nazionale degli Alpini è quello di ricordare coloro che sono caduti nell’adempimento del sacro dovere (art. 52 Costituzione Italiana) di servire la Patria.

    E poi vorrà pure dire qualcosa se al presidente degli alpini, il Presidente della Repubblica, nonché Capo dello Stato italiano, nonché Primo Magistrato d’Italia, nonché capo supremo delle Forze Armate italiane, di cui gli alpini sono parte non secondaria, in occasione della Adunata nazionale suole inviare un telegramma di compiacimento e di augurio per tutto quello che gli Alpini rappresentano e fanno. Non si è capito inoltre che se, tra 400.000 Alpini c’è qualcuno (o più di qualcuno) che apprezza il vino, ciò non vuol ancora dire che gli Alpini, tutti gli Alpini, siano sguaiati impenitenti bevitori.

    Qualcuno, a suo tempo, mi pare onestamente ha detto che nella storia degli Alpini c’è più sangue che vino. L’Adunata degli Alpini resta innanzitutto, come sottolineato, un momento di commemorazione per i Caduti e solo dopo, molto dopo, anche una festa, genuina e gioiosa, come si addice a uomini che hanno il culto dell’amicizia e della fraternità.

    Immediato ed inevitabile, a questo punto, il ricorso in Appello, i cui motivi sono stati illustrati dal difensore delle Parti Civili, avv. Alessandro Raucci, del Foro di Ivrea, ed integralmente accolti dalla Corte d’Appello di Torino, che, in data 5 febbraio 2008, ha emesso sentenza, il cui dispositivo recita: dichiara Andrione Etienne Oreste Alexandre responsabile del reato a lui ascritto e, in concorso con le attenuanti generiche, lo condanna alla pena di euro 1.000 di multa, nonché al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

    Condanna il medesimo altresì a risarcire il danno cagionato dal reato alle parti civili che liquida in euro 1.200 per ciascuna di esse, e di pagare loro, a titolo di riparazione pecuniaria ex art. 12 legge n. 47/1948, la somma di euro 500 ciascuna. Condanna infine il medesimo imputato a rimborsare alle parti civili le spese di partecipazione al processo, che liquida in 5.000 euro per il primo grado e in euro 972 per il presente grado, oltre CPA ed IVA. Visto l’art. 9 della legge n. 47/1948, ordina che la sentenza venga pubblicata, per estratto, per una sola volta ed a spese del condannato, sui periodici La Stampa e Tribune de Genève .

    Antonio Raucci