Da Cima Grappa una preghiera di pace

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    Un lungo serpentone di un’ottantina di pullman si è snodato fin dalle prime ore del mattino sui ripidi pendii del Grappa, sulla strada Cadorna, per l’occasione con traffico a senso unico per consentire ai presidenti di tutte le sezioni ANA all’estero di presenziare alla cerimonia di apertura delle celebrazioni per il 90º della fine della prima Guerra Mondiale.

    Proprio su quel monte pochi mesi prima, novembre dicembre 1917 si erano concentrati gli sforzi austroungarici e tedeschi per dare il colpo decisivo all’esercito italiano dopo la disfatta di Caporetto. Ma proprio quando tutto sembrava giocare a favore degli avversari i nostri soldati avevano operato il miracolo e li avevano bloccati, pagando un alto prezzo di vite umane e di sacrifici.

    Novant’anni fa, in questi mesi, si scatenava la battaglia del Solstizio conclusasi con la definitiva rinuncia da parte dell’Austria a tentare di scendere in pianura e con l’avvio alla definitiva sconfitta. Con il ricordo di quegli eventi si salivano i tortuosi tornanti e si ammirava la primavera ammantare di verde quei colli resi celebri dal sacrificio di ragazzi non ancora ventenni: monti Asolone, Pertica, Col della Beretta, Moschin, Fagheron ed altri appena sopra il Canal del Brenta.

    Con gli austriaci a Val San Lorenzo è difficile comprendere come i nostri soldati abbiano potuto resistere su Cima Grappa e da quella epica resistenza è nato il mito: Monte Grappa tu sei la mia Patria . Arrivati sulla cima del monte sacro abbiamo avuto la sorpresa non di trovare le tre quattromila persone previste dagli organizzatori ma poco meno di diecimila. Molti avevano fatto parecchie ore a piedi e tutti dormito poco, ma erano felici di essere lassù, con il Labaro e il presidente Perona, a rendere omaggio agli oltre diecimila Caduti che riposano nel sacrario della Madonnina.

    Momento di raccoglimento da parte del Consiglio Direttivo Nazionale davanti a tre salme di ignoti recuperate recentemente sui Solaroli, prima di avvicinarsi al sacello dove tutto era predisposto per la messa. La via degli Eroi, che collega il sacrario italiano a quello austriaco, vedeva schierati i vessilli delle sezioni ANA d’Italia e all’estero, un numero impressionante di gagliardetti, i gonfaloni dei Comuni della pedemontana trevigiana, vicentina e del bellunese con i rispettivi sindaci, autorità militari con il comandante delle Truppe alpine gen. D. Bruno Petti, civili in rappresentanza della Regione e delle Province che hanno competenza sul Grappa e il prefetto di Vicenza Piero Mattei. E soprattutto tanti alpini provenienti da tutta Italia e dall’estero.

    Con lo squillo dell’attenti inizia la messa celebrata dal vescovo di Padova, perché territorio di sua giurisdizione, affiancato dal vescovo della Lituania e da una quindicina di sacerdoti delle parrocchie che gravitano sul massiccio. È stato il momento più coinvolgente della cerimonia. La via degli Eroi gremita di alpini e di gente arrivata a vario titolo sembrava un’immensa cattedrale sospesa sopra le nuvole che la pianura veneta spinge con abbondanza in primavera sui pendii di quel monte. Un silenzio irreale, commovente, ha accompagnato il sacro rito, interrotto solo dal coro Edelweiss di Bassano e dall’omelia del presule.

    Il quale con parole pacate e forti nel loro significato ha evidenziato come l’essenza del messaggio evangelico sia nella testimonianza delle opere. La guerra, inutile strage , interpreta la forma più crudele della violenza che accompagna la storia dell’uomo. Spesso però ci troviamo a confrontarci con altre forme di violenza che si manifestano in modo meno evidente di quella fisica e trovano la loro matrice nella povertà dei cuori. Una povertà che nasce spesso dalla schiavitù di falsi bisogni.

    La pace vera ha concluso il presule ha bisogno di Dio . Finito il sacro rito e deposta una corona ai piedi del sacello ha preso la parola Corrado Perona che ha esordito citando un autore francese: La memoria non si sradica dal cuore dell’uomo . E partendo dal culto della memoria ha esposto il programma che l’ANA intende realizzare nell’arco dei prossimi mesi per commemorare il 90º di Vittorio Veneto. Non è un rituale che ci viene imposto da esigenze celebrative ma un bisogno che l’alpino sente nei confronti di chi ha patito e spesso pagato con la vita l’obbligo di servire la patria.

    Il presidente nazionale, anche sull’onda dei ricordi personali, ha saputo trasmettere un messaggio forte, di grande attualità: la strada che dobbiamo percorrere ce l’hanno tracciata i combattenti del Grappa, sta a noi seguirne l’esempio con l’attaccamento al dovere e l’amore per l’Italia. La commozione era nell’aria alla fine del discorso e nessuno aveva voglia di parlare.

    Il ricordo degli avvenimenti che hanno sconvolto l’esistenza di ragazzi nel fiore della vita e segnato tante famiglie, la cerimonia essenziale e toccante, la compostezza e il silenzio di un’assemblea numerosa ma unita nel sentimento di italianità avevano creato una suggestione indefinibile che faceva dimenticare il panorama, i tanti amici convenuti lassù, le preoccupazioni di ogni giorno per lasciarsi prendere dallo sgomento della tragedia di cui quei ripidi pendii erano stati testimoni. A conclusione, deposizione di una corona nel cimitero austroungarico, presente un rappresentante del governo austriaco e onori d’ordinanza ai Caduti.

    Vittorio Brunello