Da Beslan: L’Italia l’unico Paese che non ci fa sentire soli

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    Per quanto siano abituati allo spettacolo della devastazione, della morte e del dolore, il radiologo Pierfranco Galbiati e il tecnico Alessandro Boffi, del nostro ospedale da campo, andati in Ossezia con un carico di strumenti e medicinali, non dimenticheranno mai ciò che hanno visto a Beslan, la città della strage di alunni, familiari e insegnanti compiuta da terroristi di inaudita ferocia.

    È stata una visione apocalittica , hanno detto al loro ritorno. Hanno visitato la scuola ridotta a uno scheletro annerito, con i muri crivellati di colpi e migliaia di bossoli sparsi sul pavimento. C’erano ancora dei giubbotti abbandonati dai terroristi, qualche cellulare, alcuni razzi un campo di battaglia. E, nelle aule, quaderni sparsi ovunque, fogli dappertutto e un odore acre . In quel che resta della palestra, dove sono svaniti nel nulla 120 bambini, ora si cammina su un tappeto di fiori. Si respira con l’aria la tensione della gente, la rabbia, la voglia di vendetta , dice ancora Galbiati.

    Eravamo atterrati con il C130 della Protezione civile nella capitale Vladikavkaz, ed avuto un incontro con il vice ministro della Sanità racconta il dottor Galbiati abbiamo visitato il reparto di riabilitazione dell’ospedale e parlato con l’equipe di psicologi che assistono i bambini di Beslan. Il Dipartimento di Protezione civile italiano sta valutando un progetto di assistenza e di intervento .

    A Beslan, non esiste famiglia che non sia stata colpita dalla strage, siamo stati accolti con tanta cordialità racconta Alessandro Boffi, vice responsabile della logistica dell’ospedale da campo ci fermavano per strada, per stringerci la mano, anche qualche mamma di bambini rimasti uccisi nella scuola Il nostro interprete ci ha detto: L’Italia è l’unico Paese che non ci fa sentire soli .