'Ci sentiamo abbandonati'

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    Non ti ho mai scritto, ma ora devo farlo. Ho 89 anni, sono vedovo da 25, ho solo un fratello in Australia e vivo in Alto Adige dal 1921, dove sono venuto con i miei genitori. Momenti sempre difficili ma vissuti con tanto lavoro e sacrifici, ma anche con tante soddisfazioni. Ti scrivo perché sono alpino, reduce di Russia ed iscritto alla sezione di Bolzano. Ti mando dei ritagli di giornale dell’ Alto Adige recenti, per le tue considerazioni in merito, e ti prego di farle presenti al presidente Perona. Spero che non ci abbiate dimenticati in questa regione di confine, ma ancora piena di alpini. Ci sentiamo abbandonati.

    Augusto Martinelli Bolzano

    Non so se è colpa della stampa o se la stampa ha il merito di segnalare le preoccupazioni dei cittadini di madrelingua italiana che vivono in Alto Adige. Che ci siano segnali non tranquillizzanti di una strisciante strategia del carciofo, foglia dopo foglia, di occupare spazi nelle amministrazioni, nelle attività produttive, nei settori che contano da parte dei cittadini italiani di lingua tedesca è sotto gli occhi di tutti. Che il patrio governo dimostri di non avere un grande interesse ad affrontare con determinazione i problemi derivanti dalla specificità di un territorio splendido e complesso è storia antica. Quello che vorremmo dire al nostro vecchio alpino, Augusto, è di non sentirsi abbandonato. La bella e privilegiata città in cui vive è un esempio di civiltà per tutta l’Europa: è, e deve essere, un esempio di civile e fraterna convivenza, fermo restando il sacrosanto diritto di ognuno di salvaguardare la propria identità storica. Un buon piatto di spaghetti si può fare anche con lo speck.