Bepi Strissia e le sgrìsole

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    Bepi De Marzi con i suoi Crodaioli ha saputo nuovamente regalarci una serata di emozioni, di ricordi e di riflessione profonda in una calda sera di giugno ad Arzignano, in occasione del raduno degli Alpini del Triveneto. Non si è trattato di un concerto, né di una rappresentazione teatrale quanto piuttosto di un dialogo con il pubblico che, a più riprese, è stato chiamato a partecipare al canto, in una sorta di rito collettivo della memoria.

    E così, prendendo spunto dalla storia degli alpini di Arzignano, Bepi De Marzi ha raccontato una storia ben più ampia: quella di un’intera comunità, del suo territorio, del suo dialetto e di quanto tutto ciò sia mutato nel tempo e rischi addirittura di scomparire. Ha raccontato degli usi della Arzignano di un tempo, della sua ospitalità e del calore del focolare familiare sostituito, oggi, troppo spesso da quello artificiale della ristorazione commerciale.

    Ha ricordato la dolcezza di alcuni termini dialettali (le sgrìsole i brividi ad esempio) che oggi sono state sostituite da espressioni addirittura grottesche (pelle di cappone). Ha sottolineato, con un filo di rassegnata malinconia, come persino i nomi delle persone siano cambiati: i Toni, i Bepi e le Maria sono oggi stati travolti dai Kevin e dalle Jennifer. Ha raccontato una storia della provincia vicentina che, tuttavia, può essere adattata con assai poche modifiche, a ogni nostro paese o città.

    Ma la serata era dedicata agli alpini e De Marzi ha loro riservato il posto d’onore ricordandone le figure principali nel territorio di Arzignano. E, nel raccontare la storia degli alpini di Arzignano, è riuscito a tracciare una caratterizzazione dell’uomo alpino con precisione raffinata e persino con dolcezza. Ci sono, ha detto De Marzi, tre tipi di alpino: il najone, il tranquillo e i Bepi Strissia. Il najone sbatte i tacchi ogni momento, saluta militarmente chiunque, veste principalmente in grigio verde e marcia anche quando esce a passeggio con la famiglia. Il najone parla ancora come se fosse in caserma: non va a letto, ma in branda e non cena, ma prende il rancio.

    Poi c’è il tranquillo : uomo semplice, laborioso, attaccato alla famiglia e alle tradizioni che usa il cappello solo quando serve, senza abusarne, mostrando un rispetto che si riserva solo alle cose particolarmente preziose. Infine vi sono i Bepi Strìssia (dipendente del Comune di Arzignano settore segnaletica stradale animatore storico degli alpini di Arzignano) quelli che con semplicità e spesso dietro le quinte, rendono possibile la vita associativa. Quelli che sono sempre e ovunque: con il sole o con la neve, sempre pronti a fare e a dare smaliziati dalla vita, ma pieni di speranze.

    Finito lo spettacolo sono tornato in albergo con un atroce dubbio. A quale categoria corrispondo?Che tipo di alpino sono?In effetti uso sovente il gergo da caserma e mi capita di sbattere i tacchi. Però sono anche un tranquillo e per il cappello alpino ho un rispetto quasi religioso. Mi do da fare parecchio anche se non ho l’ardire anche solo di pensare di potermi paragonare ad un Bepi Strìssia.

    Forse apparterrò ad una quarta categoria: i di tutto un po’ E con questi pensieri mi sono avviato verso la branda ma, prima di addormentarmi ho terminato la mia riflessione pensando a quanti Bepi Strìssia ci siano nella nostra Associazione, a quanti siano gli alpini che hanno consentito e consentono non solo una vita associativa intensa come la nostra, ma la conservazione e la diffusione dei nostri valori e di uno stile di vita che, anche se fatichiamo spesso a mantenere con naturalezza, costituisce, comunque, la nostra massima aspirazione. E così, cullato dalla dolcezza di questo pensiero, mi sono addormentato con le sgrìsole.

    Cesare Lavizzari