Andar per arte e storia

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    Piacenza, città d’arte con poco più di centomila abitanti, è nella provincia più Nord-occidentale dell’Emilia Romagna, in riva al Po, fiume che segna il confine con la Lombardia. È a 150 chilometri da Bologna, 66 da Milano e 144 da Genova. Il più recente sondaggio nazionale sulla qualità della vita delle province, quello di “Italia Oggi” del 31 dicembre 2012, assegna alla provincia di Piacenza il 34° posto, lontano dalle prime Trento e Bolzano, ma prima di Roma (61). Se volete avere informazioni turistiche, l’ufficio del Comune attrezzato per questo servizio si trova nel cortile di Palazzo Gotico (piazza Cavalli, tel. 0523/492224- 2223, quinfo@comune.piacenza.it– Apertura da lunedì a sabato 8,30-18, domenica 9,30-13,30).

    Qui vi accompagniamo in tre passeggiate nel centro storico.

    Prima passeggiata: DESTRIERI PIÙ IMPORTANTI DEI DUCHI IN ARCIONE

    Sia che abbiate poche ore a disposizione per visitare Piacenza, sia che possiate restare più giorni, l’appuntamento per conoscere questa città d’arte, fondata dai romani nel 218 a.C., è nel suo cuore: Piazza Cavalli. Già il suo nome la dice lunga sullo spirito libero dei piacentini che hanno dedicato la piazza alle cavalcature, anziché ai cavalieri che furono signori della città. Forgiati nel bronzo nella prima metà del Seicento dall’artista toscano Francesco Mochi, i cavalieri sono i duchi Ranuccio e Alessandro Farnese. Alle spalle delle due statue equestri è Palazzo Gotico. Costruito nel 1281, è un insigne esempio di architettura civile medioevale. Dal lato opposto al Gotico si affaccia sulla piazza il sontuoso Palazzo del Governatore, che fu sede del governatore del Ducato di Piacenza fino al 1860. Tornando a girare lo sguardo verso il Gotico notiamo il municipio nel palazzo che nel 1600 fece costruire come propria sede la corporazione dei mercanti. A sinistra la chiesa di San Francesco, costruita in stile gotico lombardo a partire dal 1278. Era, ed è tuttora, considerato il tempio della società civile piacentina. È lì, infatti, che il 10 maggio del 1848, venne proclamato l’esito del plebiscito con il quale i piacentini chiedevano, primi in Italia, l’annessione allo Stato Sabaudo. Fu allora che Carlo Alberto definì Piacenza “La primogenita della Patria”. Lasciando a destra la chiesa, ci si immette in via XX Settembre, una delle strade più commerciali della città che porta alla Cattedrale. Il duomo, del 1122 è uno splendido esempio di romanico-emiliano. Nella facciata a capanna, rivestita con lastre di arenaria piacentina e marmo rosa di Verona, si aprono un grande rosone e tre portali. All’interno a croce latina a tre navate si può ammirare la volta del presbiterio affrescata da Camillo Procaccini, da Ludovico Carracci e dal Guercino nella cupola del tiburio ottagonale. Bellissimo il polittico ligneo dell’altare maggiore del 1447. Il duomo ha una elegante torre campanaria che risale al 1333. Sulla cuspide è posta dal 1341 una statua segnavento in rame dorato che raffigura un angelo: è uno dei simboli della città. Dalla piazza giriamo a sinistra voltando le spalle al Duomo e percorriamo via Chiapponi che porta alla basilica di Sant’Antonino, il martire patrono della città, decapitato all’epoca di Diocleziano nel 303. Eretta nel IV secolo e dedicata, venne ricostruita nell’870 e ampliata nel 1004. Nel 1230 iniziarono i lavori della facciata a Nord. Nella piazza c’è il Teatro Municipale. Fu costruito nel 1804 su progetto dell’architetto Lotario Tomba, ispirandosi al Teatro La Scala di Milano. Proseguiamo in via Giordani, che si innesta sullo Stradone Farnese, in faccia alla basilica di Sant’Agostino. Il tempio, da secoli sconsacrato (con Napoleone, nel 1789) faceva parte di un complesso conventuale lateranense costruito nella seconda metà del 1500.

    Seconda passeggiata: PALAZZO FARNESE E I RIMPIANTI PER LA SISTINA

    Per chi ha ancora tempo ecco un altro percorso, sempre a piedi, in altri punti interessanti della città. Partiamo anche stavolta da Piazza Cavalli. Volgendo le spalle a Palazzo Gotico imbocchiamo via Cavour. Pochi passi e scorgiamo la mole di Palazzo Farnese. In questa prospettiva è visibile la costruzione, non ultimata, commissionata nel 1558 dal duca Ottavio Farnese e dalla consorte Margherita d’Austria, figlia di Carlo V e vedova di Alessandro de’ Medici. Palazzo Farnese è stato progettato, abbattendo in parte la cittadella del 1373, da Francesco Paciotto, di Urbino, al quale subentrò Jacopo Barozzi, celebre con il soprannome Vignola. I duchi e la loro corte presero possesso del palazzo anche se non completato. Nei vent’anni fra il 1670 ed il 1690 i Farnese commissionarono quadri ed affreschi, soprattutto celebrativi della dinastia. Estintasi la dinastia dei Farnese, nel 1731, il ducato passò a Carlo di Borbone, figlio di Elisabetta Farnese e Filippo V re di Spagna. Egli nel 1734 divenne re di Napoli e con il “trasloco” si fece portare nella reggia di Capodimonte i preziosi arredi e i quadri di Palazzo Farnese che restò quasi spoglio. Il duca Filippo e gli altri Borbone, che stabilirono a Parma la residenza, utilizzarono solo saltuariamente alcune sale del palazzo. Con il Regno d’Italia il palazzo continuò ad essere utilizzato solo in parte, come caserma. Immediatamente dopo la seconda guerra mondiale divenne rifugio di senzatetto. Il palazzo e la cittadella sono ora prestigiose sedi di musei comunali, dopo essere stati completamente restaurati. A Nord di piazza Cittadella c’è piazza Alessandro Casali, dedicata all’unica Medaglia d’Oro al Valor Militare concessa ad un piacentino durante la Prima guerra mondiale. Da piazza Casali prendiamo, sulla destra, vicolo Angilberga, dedicato all’imperatrice longobarda nel IX secolo, che non si “limitò” ad essere la moglie di Lodovico II, ma fu l’artefice di strategie diplomatiche, politiche e diremmo oggi logistiche e nel’874 fondò il grande monastero di San Sisto dotandolo di beni imponenti. Affidato alla Benedettine, il convento passò presto all’ordine monastico maschile, che lo mantenne fino alla confisca napoleonica. Girando a destra per via San Sisto ecco il portale del chiostro e la mole della chiesa di San Sisto. Quello che vediamo risale all’inizio del Cinquecento, quindi nel Rinascimento. La pianta della chiesa è a croce latina, a tre navate. Subito si è colpiti dal grande dipinto sopra l’altare maggiore: in una sontuosa cornice di legno intagliato e dorato è la “Madonna Sistina”. Molti riconosceranno il capolavoro di Raffaello, ma delusione, questa è una copia del Settecento, abilmente dipinta dal piacentino Avanzini. È una storia amara per Piacenza, ma possiamo senz’altro dire per il patrimonio artistico italiano. Come scrive il Vasari e confermano studi del 1955, il dipinto venne eseguito da Raffaello nel 1513-’14 espressamente per la chiesa di san Sisto. Rappresenta la Madonna col Bambino, e ai lati San Sisto papa e Santa Barbara. Due angioletti ai loro piedi. Purtroppo in una sua visita a Piacenza nella prima metà del Settecento rimase affascinato dal dipinto Augusto II di Sassonia che dopo lunghe trattative convinse i frati Benedettini a vendergli il dipinto. Così nel 1754, su un umile carro il capolavoro partì per Dresda e i monaci con il ricavato compirono opere di consolidamento agli argini del Po. Trafugato e portato a Mosca alla fine della seconda guerra mondiale, il dipinto è poi tornato a Dresda. La chiesa di San Sisto conserva pregevoli dipinti seicenteschi del Procaccini, il sepolcro (transetto sinistro) della Duchessa Margherita d’Austria (1586) e nell’abside un prezioso coro in legno con artistici intagli con paesaggi, architetture e disegni geometrici dei maestri del Cinquecento Spinelli e Pambianchi. Pregevole l’organo Facchetti del XVI secolo. Usciti dalla chiesa proseguiamo lasciandocela alle spalle e giungiamo in via Borghetto e, girando a sinistra, la percorriamo nel senso inverso a quello delle truppe austriache (guarnigione di 8mila uomini) che il 10 giugno 1859 lasciarono definitivamente Piacenza. La strada è sulla via romana asse del decumano (da Est a Ovest). Noi della strada ne percorriamo un breve tratto e giriamo a destra in via Mandelli per fermarci ad ammirare il palazzo Mandelli, uno dei più imponenti di Piacenza, che nell’Ottocento è stato residenza dei duchi di Parma e Piacenza e dal 1913 è della Banca d’Italia. Sulla facciata del palazzo una lapide ricorda la visita del re Vittorio Emanuele II il 7 maggio 1860 e con una felice sintesi la storia della città. Proseguiamo dritto e svoltiamo a sinistra in via Mazzini che ci riporta, in pochi passi, in piazza Cavalli.

    Terza passeggiata: CHIESE SCRIGNI D’ARTE

    Per la terza passeggiata vi proponiamo un tratto con il bus urbano. Sempre partendo da piazza Cavalli, dove in tabaccheria o in una edicola di giornali possiamo comprare un biglietto del bus (1,20 euro), imbocchiamo via Cavour e fatti pochi passi, sulla sinistra ci immettiamo in via Borghetto. Poco dopo l’angolo, a destra, c’è la fermata della linea 4: la nostra meta è la chiesa di Santa Maria di Campagna. Il percorso è di non più di 5 minuti e dovremo scendere alla fermata indicata come “ospizio”, riferendosi all’istituto per anziani Vittorio Emanuele che sorge in piazzale delle Crociate. Ed eccola Santa Maria di Campagna. Prima di entrare diamo un’occhiata alla lapide sull’edificio alla nostra sinistra: il marmo ricorda che nel 1095 in quel punto, dove sorgeva la chiesa di Santa Vittoria, papa Urbano II tenne il Concilio di Piacenza e annunciò la volontà d’indire la prima crociata. Ma occupiamoci della nostra meta. La chiesa di Santa Maria di Campagna è stata eretta nel 1522 su progetto di Alessio Tramello. Da ammirare le linee generali e in particolare la cupola ottagonale con elegante lanterna. L’interno, riccamente decorato è un vero e proprio scrigno d’arte, soprattutto del Cinquecento: dipinti del Pordenone, del Sojaro, del Guercino, del Procaccini, del Crespi e altri. Dietro l’altare ottocentesco una statua in legno della Madonna che risale al Trecento. Torniamo a piedi verso il centro città ripercorrendo tutta via Campagna. Fatti circa duecento metri, sulla destra, non possiamo lasciarci sfuggire una visita alla chiesa di San Giuseppe, annessa all’ospedale civile creato nel 1471. Il piccolo tempio è di quell’epoca, ma sorge su una chiesa del 701 che fu dei Templari, poi dei Cavalieri di Malta. Nel 2008 è stato scoperto, dietro una stupenda tela ad olio del fiammingo De Longe, un pregevole affresco tardogotico. Cinque gli artisti che verso le fine del Seicento hanno celebrato la vita di San Giuseppe o decorato la chiesa: il già citato Robert De Longe, Giuseppe Bernasconi, Domenico Fontane, Provino Dalmazio Della Porta e Michele Cremona. Proseguendo la passeggiata troviamo, sempre sulla destra, l’imponente chiesa di San Sepolcro, sorta nel X secolo. Continuando la passeggiata lungo via Campagna arriviamo in piazza Borgo, con a destra (angolo via Castello) la chiesa di Santa Brigida, dove nel 1185 i rappresentanti della Lega Lombarda ratificarono la Pace di Costanza e, a sinistra una torre medioevale.

    Ludovico Lalatta Costerbosa