Ancora sulle donne

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    Sul recente numero de L’Alpino sono state pubblicate due lettere in ordine alla tematica delle donne nella vita militare. Prima di entrare nel merito di tale argomento vorrei sommessamente far rilevare che lo Scarpone Canavesano, almeno nella grafica, è stato – forse – il primo a porvi l’attenzione. Certamente le considerazioni dell’artigliere Pivotto di Salcedo, anche nel modo come sono state poste, non si possono condividere e la tua breve chiosa è del tutto adeguata, anche se un po’ brusca.

    Riguardo, invece, alla lettera del colonnello Glori di Belluno, contenente argomentazioni da te considerate, più che altro, delle provocazioni, confesso che, almeno in parte, non sono del tutto convinto sulla bontà del tuo commento, e provo a spiegarlo. Intendo riferirmi all’aspetto, definito emblematico – ma io sottolineerei essenziale – della vita militare: l’uso della forza, necessario per avversare e combattere la violenza in tutte le sue manifestazioni, che può anche arrivare alle conseguenze estreme, e cioè l’atto di togliere la vita ad altri.

    Per semplificare al massimo, mi sembra che sia stato posto il seguente interrogativo: a parte l’abilità e la destrezza – che comunque per un soldato sono doti imprescindibili ed alle quali, trattandosi di Truppe da montagna, io aggiungerei anche il possesso di un fisico allenato e non comune – siamo sicuri che il comportamento femminile sarebbe conforme alla necessità imposta dalla situazione estrema sopra accennata?

    Concordo che il genio femminile, oltre che tra le mura domestiche, possa esplicarsi anche in altri campi, anche se quello rimane per loro più congeniale. Tuttavia, a mio parere, la questione che è stata posta, sia pure estrema, non rientrerebbe in un mero fatto di cultura, ma dovrebbe essere oggetto di un approfondimento da sviluppare nell’ambito di altri campi ben più importanti. Certamente non la rivoluzione dei costumi, forse nemmeno l’antropologia, ma almeno la nostra civiltà ed i suoi valori.

    Franco Amadigi – Caluso (Torino)

    Faccio molta fatica a capire perché una donna non possa appartenere al Corpo degli Alpini. L’emancipazione femminile è iniziata con l’industrializzazione alla fine dell’800, quando si è capito che il mondo progrediva grazie anche alle macchine e queste non avevano bisogno di forza fisica, ma di intelligenza e competenza. Giusto per dire che questo era patrimonio dei due sessi e non solo maschile. Del resto, anche fare il militare oggi non è più come lo è stato per il passato. Credete onestamente che oggi sapremmo sostenere le fatiche degli alpini che hanno fatto la guerra o anche solo quelle di cinquant’anni fa, quando si andava a piedi su per le montagne, con muli e armi sulla groppa? Certamente serve addestramento e preparazione, ma questo lo sanno fare benissimo anche le donne. Per verificarlo basterebbe chiederlo ai comandanti delle missioni di pace.