Alla Colonna Mozza, dove la storia non ha tempo

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    Ore 8 del mattino. Puntualmente, da tanti anni, si ripete il rito della messa in ricordo dei Caduti di quelle due settimane di giugno del 1917, che hanno visto consumarsi una delle tragedie più assurde e inutili della prima guerra mondiale. I migliori battaglioni alpini, mandati al massacro per una concezione della guerra che oggi ci fa inorridire, restano nella memoria collettiva, e soprattutto in quella degli alpini, come un riferimento sacro a testimonianza di come le penne nere abbiano inteso, in oltre un secolo di storia, il dovere del soldato.

    Il Labaro, 22 vessilli sezionali, tanti gagliardetti, centinaia di alpini, familiari, il col. Fregona con alcuni alpini della Julia, in rappresentanza delle TT.AA, erano presenti a corona della colonna mozza e hanno seguito il rito religioso con la partecipazione e l’emozione che solo un’alba su quelle pietraie arse dal sole e sbriciolate dal gelo può dare. Il cappellano della sezione di Verona, don Rino Massella, con le sue parole piene di passione ha spiegato perché ha un senso rinnovare il sacrificio della croce su un teatro di guerra tra i più sanguinosi e sconvolgenti.

    I sentimenti che ci portiamo in fondo al cuore sono di fratellanza, pace e bisogno di donare. E l’ANA, nei suoi ormai novant’anni di vita, ha sempre perseguito una sola strada: quella della memoria, della solidarietà e della vicinanza al prossimo. Dopo la deposizione delle corone ai Caduti italiani e austriaci, erano presenti anche gli stendardi di questi ultimi, il programma della cerimonia prevedeva il trasferimento alla chiesetta del Lozze, passando per le formidabili opere difensive di quota 2105, dove ad attendere le autorità c’era una folla di persone arrivate lì con lo spirito e l’atteggiamento di chi partecipa ad un pellegrinaggio.

    L’alzabandiera vedeva schierato il Labaro, scortato dal vice presidente vicario Ivano Gentili, dai consiglieri Botter, Casini, Ercole, Lavizzari, Munarini, Nebiolo, Spiller, dal presidente dei revisori dei conti Cadore, un picchetto della Julia, il vice comandante delle TT.AA gen. di divisione Primicerj, il col. Fregona, rappresentanti della Regione e della Provincia, un bel gruppo di sindaci guidati dal primo cittadino di Asiago, Gios, presidenti di sezione, 32 vessilli, un gran numero di gagliardetti e soprattutto una partecipazione composta di tutti i presenti. L’allocuzione ufficiale del vice presidente vicario ha toccato, con intensa partecipazione emotiva, i temi della memoria, del nostro essere alpini sui luoghi della storia, della necessità che la nostra società resti ancorata all’insegnamento dei nostri veci.

    E tra questi ce n’erano alcuni, reduci del secondo conflitto, che con passo incerto ma grande dignità e fierezza hanno testimoniato con la loro presenza la continuità della nostra storia. Il rito della messa, accompagnato dal coro della sezione di Verona, ha avuto un momento di grande coinvolgimento quando il celebrante ha sottolineato che gli alpini perpetuano le migliori tradizioni della nostra gente, della nostra terra, che è pacifica, laboriosa, solidale e che ha sempre avuto come guida gli insegnamenti del Vangelo. L’A.N.A. è un’associazione d’arma, ma opera solo a far del bene.

    Ne è seguito un applauso fuori ordinanza. La preghiera dell’Alpino e la deposizione della corona davanti al sacello, che per tanti anni ha svolto anche la funzione di ossario, per l’abbondanza di resti umani disseminati un po’ dovunque a distanza di decenni dalla fine del conflitto, hanno chiuso la parte ufficiale per lasciare spazio ai momenti conviviali. Tra Malga Fossetta e Malga Moline, le retrovie della VIa armata, si aveva una parvenza d’immagine di come dev’essere stato quel terreno impervio con la presenza, per mesi ed anni, di centinaia di migliaia di soldati. Oggi è fortunatamente ingentilito solo da estesi tappeti di rododendri.

    Vittorio Brunello