Addormentàti, con tanti perché

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    Perché alcuni alpini non si iscrivono all’Associazione? Chiedersi chi sono i giovani dormienti non è solo aprire una finestra sul futuro, vuol dire anche interrogarsi sull’efficacia delle iniziative prese fino ad ora in loro favore. Gli ultimi figli della naja, che ricordiamo essere terminata nel 2005, sono quelli nati nel 1985 e sfiorano quindi la trentina. Nell’ANA un giovane è considerato tale fino al compimento del 40esimo anno d’età. Evitando le intricate pieghe del libero arbitrio si può però dire che il luogo in cui si vive e le differenze di età sono essenziali nell’approccio all’Associazione. Chi vive in un piccolo borgo, e ancor di più dove c’è un Gruppo alpino, ha più possibilità di venire a contatto con la vita associativa di quanti vivono in una grande città dove gli individui sono più soggetti alla spersonalizzazione.

    Questo effetto è confermato dalla presenza di un misero 7% di soci ordinari che vivono nei capoluoghi di provincia. È una percentuale piuttosto bassa, a fronte di una maggiore concentrazione di persone. Diminuendo la fascia di età il dato cala ancora di più: sempre nei capoluoghi di provincia i soci ordinari sotto i 40 anni sono solo lo 0,5%: sono esattamente 1.470, quasi lo stesso numero di reclute in un reggimento addestramento durante un solo scaglione del CAR degli anni Novanta. In quest’ultimo caso la bassa percentuale di iscritti è anche legata all’età lavorativa.

    A molti veci alpini doc può far arricciare il naso, ma i tempi cambiano e tra le motivazioni dei più giovani che lavorano c’è spesso anche quella del poco tempo e l’idea che per iscriversi occorra andare di persona in un orario preciso per trovare la sede aperta, e così via. E le informazioni spesso non ti vengono a cercare. Accanto a questa inettitudine burocratica ci sono però spesso altre motivazioni, alcune virtuose, come ad esempio quella di essere consci che sia inopportuno partecipare a qualcosa e che poi non si può vivere come si vorrebbe a causa degli impegni famigliari e lavorativi; oppure, al contrario, l’idea del do ut des: mi iscrivo perché sostengo a mio modo l’Associazione, ma l’iscrizione mi dà anche diritto a qualcosa?

    Alcuni dei non iscritti partecipano comunque con il cappello alle manifestazioni organizzate dall’Associazione, su tutte l’Adunata nazionale. E questa sì che potrebbe essere un’ottima finestra per trovare un punto di contatto e svegliare i dormienti. Il grande interrogativo non è quindi solo legato a come attrarre nuovi soci, va oltre. È quello di immedesimarsi e cercare di capire i perché dei tanti latenti nel mondo alpino, perché capirli significa che un domani potrebbero concorrere alla vitalità dell’Associazione. È doveroso farlo da subito e a maggior ragione a otto anni dalla sospensione della leva obbligatoria che ha interrotto il flusso di iscrizioni e con esso il naturale ricambio generazionale all’interno delle Sezioni e dei Gruppi.

    Matteo Martin

    Proponiamo due interviste che, lungi dal dare un quadro completo della situazione, forniscono però utili spunti sull’argomento

    ROBERTO, 39 ANNI, BERGAMASCO

    Quando e dove hai svolto il servizio militare?

    Sono dell’8°/1998 e ho fatto la naja all’11° Alpini a Brunico per tre mesi e poi al Comando Truppe alpine di Bolzano.

    In che modo hai conosciuto l’Associazione Nazionale Alpini?

    Conosco l’ANA da quando ero piccolo. Ricordo i racconti di uno zio che andava alle Adunate e vedevo gli alpini anche al paese natale di mio papà, Colere, dove d’estate andavo in vacanza. C’era un gruppo molto attivo sul territorio, soprattutto in occasione della festa alpina in agosto.

    Tre parole per identificare o descrivere l’Associazione?

    Unica, umana e imparziale, perché quasi ogni associazione in Italia ha un colore o una collocazione politica mentre se penso all’ANA non la identifico assolutamente in tal senso. E questa credo sia la sua bellezza e la sua forza.

    Ti è stata mai proposta la possibilità di iscriverti all’Associazione?

    Sì, più che a Bergamo dove vivo, sono entrato in contatto con il gruppo alpini di Colere.

    L’Associazione ha messo a disposizione informazioni e strumenti per facilitare l’iscrizione?

    Informazioni dettagliate non ne ho mai ricevute; ho l’idea che non sia complicato ma che non si possa fare ad esempio presentando la documentazione online o via e-mail. Occorre andare di persona negli orari in cui la sede degli alpini è aperta.

    Quali sono i motivi per cui non ti sei mai iscritto?

    In genere rifiuto l’idea di avere una qualsivoglia tessera di enti e simili, ma all’ANA ho pensato più volte di iscrivermi. Sembra banale ma dovendo recarmi di persona ed essendo impegnato con il lavoro la mancanza di tempo è uno dei motivi. Altro motivo è quello legato all’impegno associativo. So che ai soci può essere spesse volte richiesto di partecipare o aiutare nell’organizzazione delle manifestazioni e questo non lo posso assolutamente garantire a causa degli impegni lavorativi e famigliari. Quindi essere chiamato per dare una mano e dover dire no mi darebbe fastidio. Credo che lo spirito debba essere chiaro e definito: se uno si iscrive non è solo per avere la tessera in tasca o per partecipare una volta all’anno l’Adunata ma presuppone un impegno associativo. Se fossi in pensione o avessi meno impegni credo che darei una mano più che volentieri.

    Sei a conoscenza delle iniziative promosse dall’Associazione? Hai mai partecipato ad una delle manifestazioni promosse dall’ANA? In caso affermativo, a quale?

    Da quando mi sono congedato ho partecipato a quasi tutte le Adunate nazionali e a qualche manifestazione locale; ricordo con piacere la festa degli alpini a Pedrengo, ottimo cibo e tanta allegria.

    Senti l’ANA in sintonia con una delle tue passioni del tempo libero (es. trekking, sci, sport in montagna in generale)?

    Vedo l’Associazione come connessa ad attività di solidarietà, al sociale e all’aggregazione più che a quelle dello sport o del tempo libero. So che l’ANA organizza eventi sportivi ma li vedo anche questi legati più all’aspetto umano che non a quello agonistico o sportivo.

    Quale pensi sia il ruolo dell’ANA e quali dovrebbero essere i compiti che auspicheresti si sviluppassero maggiormente?

    L’ANA sta sempre fuori dai dibattiti e si fa sentire poco. Entrare nei dibattiti e farsi sentire significa necessariamente schierarsi, quindi se l’ANA si schierasse verrebbe letto, al di là della volontà che si vuole esprimere, come una presa di campo. Detto questo, però, far sentire la voce dell’Associazione nei casi in cui l’ANA è competente servirebbe ad accrescerne l’autorevolezza e a scrollarsi di dosso lo stereotipo di associazione dove ci si trova solo per la festa alpina e per fare delle gran belle mangiate. Porto l’esempio di un caso eclatante come quello del terremoto a L’Aquila, dove l’ANA che di terremoti ne ha gestiti tanti, avrebbe avuto titolo per dire all’opinione pubblica quello che non ha funzionato. È che le cose bisogna saperle dire, perché è appunto in gioco quella virtù di cui parlavo prima: l’imparzialità.

    Conosci altre associazioni legate alla montagna? In caso affermativo quali pensi siano le principali differenze?

    Ho in mente il CAI, ma non lo si può paragonare all’ANA. Credo che le attività delle due associazioni si possano incontrare qualche volta, ma nulla più. Il CAI fa escursionismo, tutela della montagna e del paesaggio. Con l’iscrizione al CAI posso ad esempio avere sconti nei rifugi. Però vedo la sua attività come legata maggiormente ad un qualcosa di commerciale. Personalmente mi piace di più partecipare ad una manifestazione come quelle dell’ANA dove so per certo che i soldi che raccolgono vengono destinati in solidarietà. La forza dell’ANA, che deriva anche dalla sua equidistanza, è che la gente sa che di quel cappello si può fidare. Secondo me se l’ANA volesse fare operazioni commerciali – penso ad esempio alla vendita di gadget, introiti dei rifugi, pubblicità, e così via – dovrebbe essere ben chiaro che l’utile viene investito in opere sociali o di solidarietà. Sarebbe una scelta veramente anticonformista.


    ANTONIO, 40 ANNI, VIVE IN PROVINCIA DI LODI

    Quando e dove hai svolto il servizio militare?

    Sono del 2°/1992, ho fatto il CAR a Merano e poi al 4° Corpo d’Armata da caporal maggiore istruttore del battaglione trasmissioni “Gardena”.

    In che modo hai conosciuto l’Associazione Nazionale Alpini?

    Ne ho sentito parlare appena dopo il servizio militare trovandomi con gli ex commilitoni, alcuni dei quali si erano iscritti.

    Tre parole per identificare o descrivere l’Associazione?

    L’ANA è per me come un segno distintivo, è impegnata nel sociale e nel volontariato.

    Ti è stata mai proposta la possibilità di iscriverti all’Associazione?

    Nessuno mi ha mai proposto direttamente l’iscrizione, né ho parlato con alcuni ex commilitoni ma nulla più.

    L’Associazione ha messo a disposizione informazioni e strumenti per facilitare l’iscrizione?

    Non ho ricevuto mai informazioni sull’iscrizione all’ANA. Facendo alpinismo e trekking sono iscritto al CAI, anche perché mi fornisce agevolazione sulle polizze assicurative. Quando rinnovo mi piace comunque andare di persona piuttosto che fare il bonifico.

    Quali sono i motivi per cui non ti sei mai iscritto?

    So che per iscrivermi all’ANA devo recarmi in Associazione e lavorando dal mattino alla sera non ho troppo tempo libero

    Sei a conoscenza delle iniziative promosse dall’Associazione? Hai mai partecipato ad una delle manifestazioni promosse dall’ANA? In caso affermativo, a quale?

    Ho partecipato molti anni fa ad un’Adunata nazionale e poco tempo fa sono stato ad una festa alpina ad Alagna in Valsesia, dove ero andato per fare trekking in alta montagna.

    Senti l’ANA in sintonia con una delle tue passioni del tempo libero (es. trekking, sci, sport in montagna in generale)?

    Appena ho un attimo di tempo libero vado in montagna a camminare o ad arrampicare ma l’ANA non la vedo necessariamente legata ad una delle mie passioni. Diciamo che è più un collante tra le persone della montagna.

    Quale pensi sia il ruolo dell’ANA e quali dovrebbero essere i compiti che auspicheresti si sviluppassero maggiormente?

    Credo che l’ANA debba proporre sempre lo stile degli alpini, comunicare cioè quello che siamo stati durante il periodo del servizio militare, attualizzando però quel messaggio con un impegno assoluto nel sociale. Credo che sia la direzione da seguire non essendoci più il servizio di leva. In tal modo una tradizione valida non andrebbe del tutto dispersa.

    Conosci altre associazioni legate alla montagna? In caso affermativo quali pensi siano le principali differenze?

    Sono iscritto al Club Alpino Italiano e al Gruppo Amici della Montagna di Milano. Con il CAI so che se vado in montagna e mi faccio male sono assicurato e so che ho gli sconti nei rifugi. Onestamente non so quali attività legate alla montagna faccia l’Associazione Nazionale Alpini, però se ci fossero e fossero in sintonia con le mie passioni sarebbe per me un incentivo in più ad iscrivermi.