2 giugno

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    Quando un Paese celebra la sua festa dovrebbero risaltare, nelle dichiarazioni ufficiali e nei discorsi correnti della gente, i traguardi positivi raggiunti. Dovrebbe trasparire un senso di fiducia, prima di tutto nelle istituzioni e poi nel futuro. Dovrebbe evidenziarsi il senso di appartenenza allo stesso popolo, alla stessa identità, alla stessa storia. Ma non è stato esattamente proprio tutto così il 2 Giugno, festa della Repubblica.

    Certo, la sfilata dei nostri soldati in via dei Fori Imperiali a Roma e massimamente dei nostri reparti alpini ha mostrato uno dei volti dell’Italia che ci riempiono d’orgoglio. Le Frecce tricolori, che hanno colorato un cielo plumbeo, sono state il simbolo del nostro immaginario migliore. La doccia fredda è venuta dal Capo dello Stato Giorgio Napolitano, che ha richiamato l’attenzione sul rischio di regressione civile ed ha invitato ad uno sforzo comune come nel dopoguerra .

    Se guardiamo alle cronache degli ultimi mesi non possiamo non cogliere alcuni segnali che ci riportano incredibilmente ad un clima che si pensava, e si sperava, ormai relegato al triste recente passato. L’insicurezza diffusa dei cittadini, la scarsa fiducia nelle istituzioni dello Stato, una violenza gratuita ed equamente distribuita nello sport e nelle manifestazioni di piazza per i motivi più disparati, anche se talvolta comprensibili nella sostanza; e poi sconcertanti episodi di crudeltà nel mondo giovanile e inaccettabili episodi di intolleranza, quando non addirittura di ribellione, in quelli che dovrebbero essere luoghi dello studio e della formazione culturale e civile: la scuola, università compresa.

    Segnali, dicevamo, che sembrano riportarci agli anni della fine del boom economico. Il Presidente della Repubblica ha parlato come un padre di famiglia, con severità ma con lungimiranza e la preoccupazione d’una pericolosa deriva civile. Un monito cui ha fatto eco il pensiero di alcuni sociologi, i quali vedono nel declino di questa nostra società una responsabilità collettiva: di chi fa cultura, informazione, opinione e perfino politica. Sfumati i punti di riferimento delle istituzioni, della scuola, della famiglia ha preso il sopravvento l’esaltazione egoistica della individualità, lasciando smarrita e confusa una società in profonda e rapida trasformazione.

    L’antidoto viene indicato nel recupero del senso di appartenenza, nel ritorno ad essere gruppo, associazione, a cercare ideali comuni. A trasformarci da individui soli’, in cittadini insieme’. Insomma, una riscoperta della socialità che era spontanea quando c’era la leva: formidabile momento di solidarietà di gruppo destinato a durare, negli alpini, tutta la vita.

    Solidarietà ma anche condivisione di valori e di ideali, senza distinzione di età o ceto sociale o tendenze politiche, in una meravigliosa diversità che riconduce alla stessa unità. Come tanti rivoli che hanno vita propria e che infine confluiscono e fanno un grande e maestoso fiume. E un grande e maestoso fiume sembravano davvero le migliaia e migliaia di alpini che hanno sfilato festosi a Bassano del Grappa. Poi si sono dispersi per tutta Italia e nel mondo, a dare esempio di servizio, operosità, altruismo. Sono coloro che fanno onore alla nostra storia, alla nostra identità. (g.g.b.)