Segnali che inquietano

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Caro direttore, la lettura dell’editoriale “Segnali che inquietano”, condivisibile per l’impostazione generale e per l’equilibrio dei toni, mi suggerisce una riflessione che desidero condividere con te. Il malessere che larga parte del cosiddetto secondo e terzo mondo nutre nei confronti dell’Occidente e che si manifesta con moderazione in molti e con crudele esasperazione in alcuni altri, trova una delle sue origini nell’imposizione violenta (molto spesso con le “armi” che, troppo spesso, le Chiese hanno pregato venissero “rese forti”) di valori culturalmente estranei se non ostili.

Perché quindi stupirsi (o addirittura indignarsi) se qualcuno, non per ingenuo o strumentale pacifismo ma per realistico senso storico, si interroga sull’opportunità di usare certe espressioni in una preghiera, pur se chiaramente figlia del suo tempo?

Alberto Gabrielli – sezione di Padova

Il malessere di una parte del mondo nei confronti dell’Occidente è fenomeno complesso, di cui faccio fatica a trovare la causa nelle espressioni della Preghiera dell’Alpino che tu citi. Non penso si tratti neppure, prima di tutto, di uno scontro tra religioni. Dal mio personalissimo punto di vista, ritengo siano almeno tre le cause che ci stanno dietro. La prima è di ordine politico. Se in Occidente prevale la cultura della democrazia, maturata molto lentamente durante i secoli, in molte parti del mondo prevale la cultura dell’autarchia, che si esprime nelle dittature che stanno sotto gli occhi di tutti. La patina religiosa di queste autarchie è spesso soltanto una strumentalizzazione ideologica, che si serve della religione per far da collante e diventare fonte di consenso. Non dimentichiamo che molti di questi dittatori sono o erano perfettamente atei, eppure si atteggiavano a difensori dell’Islam, come se fossero stati dei Papi. Si pensi a Saddam Hussein, Gheddafi, Mubarack… Una seconda ragione della conflittualità va ricercata nell’ambiguità dei giochi economici delle grandi potenze occidentali e nelle loro strategie geo-politiche. Non dimentichiamo che meno di dieci anni fa era l’Occidente a finanziare e armare i militanti dell’Isis, di matrice sunnita, per fermare l’espansionismo degli sciiti iraniani. E senza dimenticare gli investimenti per abbattere i dittatori, ipotizzando la primavera araba, che altro non erano se non tentativi di accaparramento delle ricchezze di quei Paesi. Infine, ritengo che la conflittualità fiorisca da una mancata acquisizione del principio di laicità, tipico delle culture islamiche, dove i diritti di Dio vengono prima dei diritti umani, creando di fatto le teocrazie. Difficile pensare ad una pacificazione, là dove i diritti di Dio impediscono il riconoscimento di quelli umani. Quello che la cultura occidentale ha ben espresso, attingendo al famoso «Date a Cesare ciò che è di Cesare, a Dio ciò che è di Dio».