Merito della ronda

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    Vorrei segnalarvi un episodio di umanità alpina vissuto personalmente. Un giorno, giovane sten., ero di picchetto alla caserma Druso di San Candido. La mattina presto, dalla casermetta di guardia, con la coda dell’occhio vedo uscire un paio di civili dal locale delle celle che, borbottando, se ne vanno. Molto sorpreso, imbarazzato e anche un po’ preoccupato chiedo al Capo Posto spiegazioni. E lui mi risponde: “Tutto merito della ronda”. E a me, sorpresissimo, spiega.

    La nostra ronda militare che usciva ogni sera fino a tardi, molto temuta dagli alpini perché poteva proporre anche la cella di rigore, faceva diverse cose, oltre ad impedire le risse tra alpini o con i civili non sempre amichevoli o ad impedire libagioni rumorose. Tra queste, dopo che era scattata l’ora di rientro, la ronda continuava il suo giro ancora per un po’. Ogni tanto incappava in civili ubriachi addormentati nei posti più strani, come sotto il ponte della Drava. Con 20 gradi sotto zero non era il posto ideale per passare la notte e riuscire a vedere l’alba. Quindi venivano raccolti in stato di incoscienza, portati nelle nostre celle, ma al caldo, in caserma e la mattina, dopo una grossa tazza di caffè, un calcetto nel sedere e… “fora dai bal”. Se ne tornavano alle loro malghe in genere brontolando perché il caffè non era buono. Rimasi senza parole.

    Andrea Daretti, Gruppo Milano Centro, Sezione Milano

    Forse oggi un episodio del genere finirebbe sui giornali di tutta Italia, come fatto di generosità e di eroismo. Ma per chi l’ha vissuto era semplicemente il dovere di prendersi cura degli altri, come dovrebbe essere in ogni società civile.