“Vogliamo sentirci fieri di essere italiani”

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    Nonostante la concomitanza di una lunga serie di altre importanti manifestazioni, in migliaia si sono ritrovati a Cison di Valmarino per celebrare il 40° anniversario del bosco delle Penne Mozze. In una giornata calda e soleggiata, alla presenza di una folta rappresentanza di amministratori locali, di reduci, di familiari e, ovviamente, di alpini, come da tradizione la cerimonia si è sviluppata secondo un rito ormai consolidato: alzabandiera, onore ai Caduti, scoprimento delle targhe commemorative per i Caduti di quattro sezioni (Aosta, Asti, Bolzano e Padova) discorsi e Messa. Gesti antichi compiuti senza un minimo di retorica ma con partecipazione sincera.

     

    Dopo l’intervento del presidente del Bosco Trompetti, ha preso la parola un alpino di Paganica (L’Aquila) che ha ringraziato i fratelli di Vittorio Veneto per la bella struttura donata alla sua comunità ed ha concluso con un commosso e sentito: “Resterete sempre nei nostri cuori!”. A nome delle quattro Sezioni ha parlato Remo Gobetto, presidente della Sezione aostana, che ha sottolineato il valore della memoria e il profondo impegno degli alpini in tal senso. Proprio da questo concetto, come si trattasse di un perfetto passaggio di testimone, il consigliere nazionale Cesare Lavizzari, oratore ufficiale, è partito per un lungo e appassionato intervento.

    Dopo aver portato i saluti del presidente nazionale, ha ricordato che la sera precedente si era discusso di futuro associativo ed anche della profonda differenza che vi è tra la società civile e quella “alpina”. Differenza dovuta al fatto che gli alpini hanno l’abitudine e il coraggio di ricordare e per questo cercano di conformarsi all’esempio dei loro Padri. Ed è questo il motivo principale per il quale la famiglia alpina non dovrà morire mai, perché costituisce un esempio, una sorta di virus benefico che deve diffondersi come una gigantesca pandemia nella società, per sperare davvero di fare dell’Italia un posto migliore.

    “Il Bosco – ha proseguito Lavizzari – ha un fascino tutto suo e basta percorrerlo per sentirne lo spirito e per trovare le motivazioni che ci permettono di affrontare la vita di tutti i giorni in questi momenti difficili, perché qui si respira quella lezione di serietà, di dedizione, di fratellanza che i nostri Caduti ci hanno lasciato e che i reduci ci hanno mostrato. Una lezione che ci stimola ad essere uomini migliori, a coltivare i valori veri, l’amicizia sincera, a dare il meglio di noi stessi, a collaborare tra di noi per il bene della nostra comunità, per sentire di essere davvero degni del loro esempio”.

    “Una lezione che certo stride con l’Italia di oggi che sembra spaccata in due – ha evidenziato Lavizzari – da una parte chi ancora ha ben radicato in sé il concetto di responsabilità e dall’altra quanti, invece, si perdono in discussioni inutili, nel tutti contro tutti e si beano della peggiore demagogia. In fondo – ha proseguito – basterebbe fare quello che fanno gli alpini, che non chiedono nulla ma offrono la loro disponibilità sempre, senza discussioni e lo fanno proprio perchè i ragazzi che popolano questi sentieri non hanno chiesto nulla ma hanno dato tutto e oggi ci ricordano che la vita, anche quella di tutti i giorni, è come una cordata: ciascuno deve fare fino in fondo il proprio dovere perché si possa proseguire in armonia e raggiungere risultati importanti”.

    “Gli alpini non si chiedono se spetti a loro reperire una casa tecnologica a Luca Barisonzi, alpino gravemente ferito in Afghanistan, gli alpini la casa la costruiscono. Lo fanno perché Luca è uno di loro, uno che ha fatto il suo dovere sino in fondo senza lamentarsi mai in un Paese dove si lamentano persino i calciatori. Allo stesso modo gli alpini non si sono chiesti se toccasse a loro aiutare la terra d’Abruzzo: ci sono andati tra i primi e sono tornati a casa per ultimi”.

    Ed ha concluso: “E noi che abbiamo il privilegio di essere nati e cresciuti nel posto più bello del mondo, quello con le bellezze artistiche e naturali che tutti ci invidiano, il paese dove si mangia e si beve meglio che in ogni altra parte del globo, noi dobbiamo continuare a pretendere di poter essere orgogliosi di essere italiani. Se, nonostante tutto quello che succede, nonostante il progressivo degrado della società gli alpini riescono ancora ad essere quelli di sempre, lo devono proprio a luoghi come questo che ci sollecitano la memoria e ci spronano ad essere degni delle glorie dei nostri Padri”.

    Michele Tresoldi