Un boato ha salutato la fiaccola a Belluno

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    Il fuoco di Olimpia a Belluno, portato dagli alpini. Una frazione è stata percorsa anche dal nostro presidente nazionale Corrado Perona.

    di Simona Pacini

    Abbiamo lavorato per due anni, ci siamo trovati davanti a mille problemi e difficoltà, ma alla fine ne è valsa proprio la pena . Il presidente della sezione Ana di Belluno, Arrigo Cadore, è soddisfatto del contributo portato dagli alpini al passaggio della fiaccola olimpica. Quella di Belluno è stata l’unica tappa italiana in cui il Toroc, il comitato organizzatore delle Olimpiadi invernali Torino 2006, ha affidato il prestigioso compito all’ANA.

    Il gran giorno è stato il 21 gennaio, quando la fiamma è entrata nel territorio provinciale poco prima delle 11 del mattino dal passo della Mauria a Lorenzago di Cadore e, dopo aver percorso un’ottantina di chilometri, è giunta nel capoluogo in piazza dei Martiri, alle 19.30, dove l’atleta alpino e campione paraolimpionico Oscar De Pellegrin ha acceso il braciere fra gli applausi della folla entusiasta.

    Un passaggio dai molteplici significati, quello di Belluno. Non solo perché la fiaccola tornava in provincia a cinquant’anni dagli ultimi Giochi invernali, ospitati dall’Italia a Cortina nel 1956. Ma anche per l’omaggio tributato alle vittime del Vajont, la tragedia che causò quasi duemila morti nell’ottobre 1963. La fiaccola è partita dalla diga di Erto e Casso alle 13.35, con Marco Gaiardo, il primo dei venti atleti dell’ANA Belluno scelti per il tratto fino a Longarone.

    Qui, l’ultimo tedoforo alpino, Ennio De Bona, ha consegnato la torcia a Gino Mazzorana, uno dei superstiti del Vajont, le cui lacrime di commozione bastano ad esprimere il significato di tutta la tappa. Un’ora dopo la fiaccola è tornata fra le mani degli alpini. Le penne nere, 400 in tutto, erano già schierate lungo la statale di Alemagna, in fila per tre suddivise in otto plotoni da 50, quando l’ultimo dei superstiti ha consegnato la fiaccola al presidente nazionale Corrado Perona.

    Il serpentone in grigioverde e cappello con la penna (solo gli alpini hanno avuto la deroga dal cappellino bianco ufficiale) ha portato la fiaccola fino alle porte di Belluno. Con Perona da Milano erano arrivati i vice presidenti Vittorio Brunello e Giorgio Sonzogni, il tesoriere Michele Casini e il consigliere nazionale Cesare Lavizzari. Gli alpini hanno sfilato passandosi la torcia, a partire dallo staff nazionale con i consiglieri del Triveneto, quindi con la sezione di Belluno, seguita dalla Cadore, da Conegliano, Vittorio Veneto, Valdobbiadene e Feltre, per chiudere con i due ultimi plotoni interamente bellunesi.

    Dopo i passaggi per le vie della città la fiaccola è tornata agli alpini. Daniele De Michiel e Oscar De Pellegrin, campioni olimpionici di carabina e tiro con l’arco, disabili, si sono divisi l’ultima tappa con la torcia piantata sulla carrozzella. La loro forza, il loro sorriso e l’orgoglio di rappresentare l’aspetto più vero e profondo dello spirito olimpico, sono stati salutati dal pubblico bellunese con un boato e scroscianti applausi.

    Alle 19.30, in una piazza dei Martiri gremita all’inverosimile, Oscar De Pellegrin, l’ultimo tedoforo, ha acceso il braciere. Ma la giornata non è finita qui. Sono stati proprio gli alpini a chiedere al Toroc di poter far ardere la fiamma per tutta la notte, per ricordare le Olimpiadi del 1956, come in realtà vorrebbe la tradizione olimpica, anche se nelle altre tappe il braciere è stato spento alle 20. Il tripode è stato vegliato da oltre 40 alpini dell’ANA e da una ventina di militari del 7º Reggimento fino alle 8 del mattino, quando la fiamma ha ripreso il viaggio, verso Torino.