Trieste, frontiera o ponte?(e Venezia, perch nemica?)

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    DI RUGGERO FAURO ROSSI


    Si parla spesso di Trieste come città di frontiera o di ponte fra più paesi, dando al primo un significato negativo, al secondo un valore decisamente positivo. In realtà la vocazione di Trieste e la sua posizione geografica all’estremo dell’alto Adriatico la portavano alla seconda funzione, fin dalle origini. La situazione di città di confine e la conseguente chiusura in se stessa della città sono sempre dipese, quando si sono verificate, da fattori esterni.
    Fin dall’antichità, come ricorda Strabone, esisteva una via commerciale diretta da Tergeste alla pianura di Emona, l’odierna Lubiana, attraverso il passo montuoso dell’Ocra, dove ad essa si univano i traffici provenienti da Aquileia. Dopo la caduta dell’impero romano Trieste, come l’Istria, rimase nell’orbita dell’ Impero di Bisanzio e forse aumentò la sua importanza commerciale quando gli Unni distrussero Aquileia ed il Patriarcato si ritirò a Grado: Trieste, che non era stata toccata dagli Unni, dovette forse aver qualche vantaggio.
    Fu saccheggiata dai Longobardi, che con tutta probabilità la occuparono, mentre
    la maggior parte dell’Istria rimaneva nell’ambito di Bisanzio fino alla conquista da parte di Carlo Magno, nel 790.
    Conquista che non toccò Venezia, sempre più sviluppata verso oriente e soprattutto sull’Adriatico, di cui si assicurò il dominio eliminando i pirati della costa dalmata e legando a sé le città costiere dell’Istria. Trieste, che riconobbe tale predominio, per la sua posizione fu però compresa nel mondo feudale e dipese dal Patriarca di Aquileia: anche di fronte a questo ed agli altri feudatari del retroterra difese però una sostanziale autonomia, che sarebbe stata sancita nel 948 dall’allora re d’Italia Lotario II.
    Nell’età dei comuni, la nuova forma costituzionale si sviluppò anche a Trieste, che, pur sempre col Patriarca, fu contro il Barbarossa dalla parte dei Lombardi e fu presente alla pace di Venezia fra la Lega e l’Imperatore.
    Nella seconda metà del XIII secolo, Venezia impose alle città adriatiche condizioni di piena sudditanza: molti furono i malumori, Capodistria, che poi cedette, e Trieste rifiutarono decisamente. Cominciò quindi la vera e propria serie di guerre fra Trieste e Venezia, finita solo nei primi decenni del ‘500, con scontri sanguinosi, attacchi dei Triestini al territorio veneto, assedi in cui i Triestini furono ridotti alla fame, conquiste veneziane cui, puntualmente, dopo non molti anni Trieste si ribellava o veniva liberata da forze esterne. Tra queste l’arciduca d’Austria, signore della città dal 1382 ma non sempre in grado di difenderla.
    Ad un certo momento però la città dovette fronteggiare un altro nemico della sua volontà di autonomia.
    Dalla metà del ‘400 fin quasi alla fine del ‘500 la Dieta della Carniola chiese che Trieste le fosse annessa, e la città dovette lottare con tutte le sue forze presso gli imperatori per evitare che la richiesta fosse esaudita. Non mancarono atti di violenza da una parte e dall’altra ma alla fine l’autonomia fu salva. La contemporaneità sostanziale di questo doppio conflitto non è priva di importanza per capire la forza della volontà di libertà e di autonomia dei Triestini di quei secoli: da un lato Trieste rifiutava Venezia, cui era senza dubbio affine per origine, tradizioni, linguaggio ma che le avrebbe imposto sacrifici economici e politici; dall’altro respingeva i sicuri vantaggi economici (sicurezza delle strade, monopolio dei commerci fra il retroterra e il mare) offerti da una regione dell’Impero, cui essa stessa faceva capo, per le diversità di linguaggio e di origine.