Sei secoli di lotte contro gli Asburgo

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    La lunga lotta per l’indipendenza e poi l’unità d’Italia.

    di Umberto Pelazza

    È tempo di collocare questo mese di bufera sullo stesso piano delle imprese del Grappa e del Piave’, scrive l'alpino Paolo Monelli: il mese è quello che ha preso avvio con vento contrario il 15 maggio 1916 e si è chiuso col vento alle spalle il 16 giugno. Località: Altopiano dei Sette Comuni (Asiago, Lusiana, Enego, Roana, Rotzo, Gallio, Foza), degradante verso la pianura vicentina. Era stato colonizzato dai discendenti di quelle comunità bavaresi che vi si erano insediate in alto medioevo note come Cimbri (non termine etnico, ma da ‘Zimberer’, boscaioli carpentieri), richieste dal vescovo di Verona per disboscare le fitte foreste, costruire carbonaie e, con singolare contrasto, ‘giassarre’, strutture in pietra per conservare il ghiaccio da commerciare con la pianura. La presenza umana è già accertata in epoca neolitica; Veneti, Euganei e Galli precederanno i Romani, ai quali dobbiamo il riferimento a un Fundus Aselianus, la futura Asiago.

    Risale al X secolo il primo documento scritto, col quale Berengario, re feudale d'Italia, confermava la donazione di quelle terre al principe vescovo di Padova, passate poi al comune di Vicenza e agli Ezzelini, che non furono avari di elogi verso i nuovi sudditi: ‘Sono i nostri soldati più coraggiosi e fedeli: al confronto gli altri sono femminucce (farà eco in tempi più recenti lo stesso Paolo Monelli, definendoli ‘combattenti fra i più valorosi delle truppe alpine’). Nella seconda metà del XIII secolo si riuniscono in federazione, governata dalla Reggenza dei Sette Comuni, che agirà sempre con una certa autonomia nei confronti dei Signori feudali, Scaligeri o Visconti che siano, e, dal 1404, della Repubblica di Venezia, alla quale forniranno legname per la flotta e carbone di legna: il materiale, lungo la ripida Calà del Sasso (4.444 gradini), raggiungeva il corso del Brenta, per approdare poi all'arsenale della Serenissima.

    Con Venezia il Davide dell'altopiano si trova per la prima volta di fronte al Golia d'oltralpe: già l'imperatore austriaco Sigismondo, dopo aver devastato Canove e Asiago, aveva tentato invano di raggiungere uno sbocco in pianura. Ci riprovò Massimiliano I, che nel 1508 si scontrò con le milizie cadorine, rinforzate dai montanari dei Sette Comuni: favoriti da tempestive nevicate, gli impedirono di prendere alle spalle i veneziani schierati in fondovalle (una Strafe Expedition ante litteram), costringendolo a ripassare il Brennero. Nel 1606, fra Astico e Brenta, si costituì una milizia stanziale di 1.200 uomini, suddivisi in 4 compagnie: non avevano una divisa, ma indossavano il costume locale. Durante la guerra di Gradisca (1615/17), veneziani e militi respinsero gli imperiali, riconquistando Caporetto, Tarvisio e Malborghetto (dove ritorneranno tre secoli dopo i loro pronipoti), che dal 1886 facevano parte del nuovo regno d'Italia, trovandosi nuovamente alle prese con gli imperiali, gli Asburgo della prima guerra mondiale.

    L'acrocoro carsico dell'Altopiano (altezza media sul migliaio di metri) all'inizio delle ostilità faceva da cerniera fra lo schieramento italiano e gli austroungarici attestati in Valsugana, pronti a lanciare la Strafe Expedition, la spedizione punitiva fortemente voluta e progettata dal Maresciallo Franz Conrad von Hötzendorf, Capo di Stato Maggiore dell'imperial regio esercito, animato da viscerale rancore verso gli ex alleati italiani, usciti dalla Triplice Alleanza (Austria, Germania e Italia) per aderire all’ Intesa , con francesi, inglesi e russi. Un attacco dagli altipiani di Lavarone, Folgaria e Asiago avrebbe aperto la strada verso Bassano e la pianura veneta, minacciando alle spalle la nostra Armata schierata sul fronte isontino. Una Caporetto anticipata. Festeggeremo l'arrivo dell'estate a Vicenza e Verona brindando con g1i ottimi vini italiani’, così un ufficiale austriaco, quasi a sfidare gli alpini enologicamente. A causa delle abbondanti nevicate l'offensiva, prevista per il 10 aprile, era slittata al 15 maggio e il generale Cadorna poté completare il suo schieramento risucchiando reparti dall'Isonzo e inviandoli subito in prima linea.

    I nostri fanti erano meno addestrati degli avversari al combattimento in montagna. ‘Tappabuchi come al solito gli alpini scrive Paolo Monelli da contarci sopra con sicurezza: più bestemmiavano la naia e più erano feroci a difendere e attaccare’. L'offensiva, scatenata dalla Vallarsa e dal corso dell'Astico, aveva provocato forti perdite fra i difensori (fra la preda bellica anche trecento biciclette dei fanti piumati); soltanto la preventiva occupazione del Pasubio da parte del ‘Vicenza’ e del ‘Val Leogra’, e la sua difesa con le unghie e con i denti avevano impedito l'avanzata verso il Pian delle Fugazze e la prosecuzione dell’attacco verso Schio. Oggi le associazioni d'Arma austriache considerano il Pasubio come noi l'Ortigara, una sconfitta gloriosa. Una boccata d'ossigeno giunge dal fronte russo con l'offensiva di Brussilov, sollecitata anche da Cadorna, e già dai primi di giugno la Strafe Expedition segna il passo.

    La controffensiva italiana dura dal 16 giugno al 24 luglio: si combatte sul Pasubio, in Vallarsa, sull'Altopiano e buona parte del terreno perduto viene recuperata. Sul Corno di Vallarsa una pattuglia di alpini del ‘Vicenza’ in ricognizione sorprende un gruppo di austriaci che giocano a carte: s'impadroniscono delle loro armi, li invitano a continuare la partita e se ne vanno. Nell'estate del 1916, dopo la riconquista di Coni Zugna, frugando negli zaini dei caduti polacchi, costretti a combattere per i loro oppressori (nel 57º battaglione militava il sottufficiale Woytila, padre del futuro papa Giovanni Paolo II), gli alpini trovarono sacchettini di terra natia, che sparsero sui loro corpi durante la sepoltura. Anche molti italiani ebbero a trovarsi in questa assurda situazione. I due fratelli Lorenzi, Giovanni e Olimpio, erano arrotini emigrati in Sassonia per lavoro: rimpatriati per la chiamata di leva nella loro Val Rendena, allora austriaca, il Kaiserjäger Giovanni fu mandato in Galizia contro i russi, mentre l'Alpenjäger Olimpio si trovò sul Pasubio a sparare su altri italiani e a comunicare con loro, rischiando la fucilazione, durante la notte, quando la distanza fra le trincee lo consentiva.

    Se la caveranno entrambi e ritorneranno al paese ridiventato italiano. Se la cava anche il ministro degli Esteri Sidney Sonnino: durante una visita al fronte raccoglie per curiosità un oggetto da terra, gli gridano di gettarlo lontano, si spaventa e se lo lascia cadere sui piedi: la bomba a mano non scoppia. A Cima Vezzena, non lontano da Asiago, gli alpini del ‘Bassano’, costretti a ripiegare dopo un'azione, lamentano l'irreparabile perdita degli strumenti musicali che li avevano accompagnati in zona di attacco. Lo racconta Fritz Weber, ufficiale di artiglieria austriaco, autore super partes del libro ‘Tappe della disfatta’, nel quale ristabilisce la verità sui soldati italiani deformata da ‘giornalisti e scrittorucoli: come avrei potuto parlarne senza rispetto?’. Il 29 giugno 1917, dopo tre settimane di sanguinosi combattimenti, si è conclusa la battaglia dell'Ortigara. L'armistizio con la Russia, dove è scoppiata la rivoluzione bolscevica e il conseguente rientro delle truppe tedesche spingono gli imperi centrali a un ultimo sforzo. Il 24 ottobre il fronte italiano è sfondato a Tolmino e a Caporetto.

    Cadono Cividale e Udine. L'attacco all'Altopiano è lanciato il 10 novembre. Asiago, ridotta a un enorme macereto, viene abbandonata. Dopo la battaglia d'arresto, che si conclude alla vigilia di Natale, gli italiani si attestano tra il Piave, il Grappa e gli altipiani, attraverso i quali, neanche stavolta, il nemico &e
    grave; riuscito a irrompere in pianura. Entrano in linea ‘i ragazzi del '99’ e giungono a dar manforte francesi e inglesi. La controffensiva sull'Altopiano di Asiago prende avvio con la ‘Battaglia dei Tre Monti’, Valbella, Col del Rosso e Col d'Echele, che impegna i battaglioni alpini ‘Stelvio’, ‘Val d'Adige’, ‘Monte Berico’ e ‘Vicenza. Il grande scontro, durato dal 15 al 24 giugno 1918, è passato alla storia come ‘La battaglia del solstizio’ Operazione Radetzky (per gli austro tedeschi) che, sono parole dello Stato Maggiore imperiale, provoca il crollo dell'esercito e della monarchia asburgica . Il 2 novembre gli alpini dei battaglioni ‘Feltre’, ‘Monte Arvenis’ e ‘Monte Pavione’, reduci dagli Altipiani, che stanno aprendo la strada di Trento portando la bandiera da innalzare sul Castello del Buon Consiglio, sono raggiunti dai più veloci cavalleggeri di ‘Alessandria’ e, con… cavalleresca abnegazione, consegnano loro il vessillo, perché possa raggiungere nel più breve tempo possibile la città ritornata all'Italia.