Rispetto per il Tricolore

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    Matteo Miotto era un giovane alpino che, come tanti altri, credeva nella missione che conduceva: portare la pace in una terra sconvolta da guerre e guerriglia, la stessa guerriglia che l’ha ucciso. È tornato a casa in una bara avvolta nel Tricolore. È la bandiera che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, parlando a Reggio Emilia, ha chiesto a tutti i cittadini di rispettare, primi fra tutti coloro che hanno cariche istituzionali, sottolineando che comportamenti dissonanti non corrispondono alla fisionomia e ai doveri di forze che abbiano ruoli di rappresentanza e di governo .

    Non a caso Napolitano, per inaugurare le celebrazioni del 150º dell’Unità d’Italia, ha scelto Reggio Emilia, la città dove il Tricolore sventolò per la prima volta, il 7 gennaio 1797. Napolitano ha consegnato la copia di quella bandiera ai sindaci di Torino, Firenze e Roma, rimarcando il cammino della Capitale d’Italia bagnato dal sangue di tanti patrioti. Rispetto per il Tricolore : viene da chiedersi il perché di questo ovvio imperativo. E perché, il dovere di onorare il simbolo della Nazione, non viene mai rivolto da altri capi di Stato ai rispettivi concittadini.

    Perché non ai francesi, agli spagnoli, ai tedeschi Il fatto è che viviamo in un tempo di disvalori, che partono dalla famiglia per arrivare alla scuola, alla società e alle stesse categorie della politica. Un tempo in cui prevale l’interesse personale; e quando sembra interesse collettivo è sempre locale, definito, circoscritto. Il 150º anniversario cade dunque in questo momento, con il grave handicap di partenza fatto di un’identità smarrita, di rivendicazioni formulate in contrapposizione con il significato stesso della nostra unità, di indifferenza se non addirittura insofferenza. Un passaggio obbligato da percorrere in fretta e in fretta rimuovere perché c’è altro. Come se non fosse importante chiedersi chi siamo e dove vogliamo andare.

    Sembra la celebrazione di un processo, piuttosto che d’una felice e gioiosa ricorrenza. L’Adunata nazionale a Torino, ormai quasi alle porte, sarà il forte suono d’una campana che sveglierà i sonnolenti, che metterà in primo piano il volto dell’Italia migliore: generosa, altruista, rispettosa delle istituzioni e dei simboli che la rappresentano.

    Da Torino questo suono giungerà anche alle orecchie dei distratti. Ma sull’onda di questa ricorrenza associativa, ci viene da suggerire un’idea. La nostra Associazione ha Sezioni e Gruppi in Italia e nel mondo: perché non celebrare, in tante città e paesi dove esiste una Sezione o un Gruppo alpini, un coinvolgente momento di festa dedicato al 150º?E perché non distribuire un segno tricolore a tutti quelli che parteciperanno all’Adunata (una coccarda, un adesivo)?Sarà una conferma, non soltanto solenne e unitaria come quella di Torino ma anche capillare e locale, del nostro orgoglio d’essere italiani, per recuperare lo spirito e i valori del Risorgimento al di sopra e al di fuori della politica e dei partiti, uniti dalla stessa storia, lingua, territorio. E con le stesse aspirazioni per il futuro.

    Pubblicato sul numero di febbraio 2011 de L’Alpino.