Quando la tradizione è una forza

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    Nelle nostre Forze Armate abbiamo enti, reparti, unità dalle caratteristiche completamente diverse tra di loro. Da dove deriva questa caratterizzazione, in che cosa consiste, quali effetti produce? In sintesi, questa caratterizzazione deriva dalla storia dell’Unità e costituisce quella che comunemente viene indicata come la “tradizione” di questo o quell’ente, reparto o unità. Ma cosa intendiamo per “tradizione”?

     

    Il termine deriva dal verbo latino tràdere, che vuol dire consegnare, trasmettere, cioè – per noi – far arrivare ai posteri, attraverso il tempo, le caratteristiche della cultura di un popolo, di una comunità. Significa dare qualcosa a qualcuno e può essere definito come il variegato insieme dei costumi, delle credenze, degli atteggiamenti, delle abitudini, dei valori e degli ideali, che ogni comunità ha appreso, conservato e trasmesso alle generazioni in divenire. La storia, quindi, genera tradizione, filo conduttore che lega il passato al presente e questo al futuro; è un grande patrimonio morale, culturale e spirituale.

    La tradizione è anche cultura e come tale è soggetta ad analisi, a rielaborazioni e, conseguentemente, a cambiamenti. Non è un “pacchetto” chiuso ed inalterabile, ma un libro aperto da leggere e rileggere continuamente. È, pertanto, una forza non solo statica, ma anche dinamica, quindi motrice, che spinge tutti a visionare il passato per meglio comprendere il presente ed individuare, nel contempo, l’essenza delle linee guida per affrontare il futuro. Quanto è stato detto è mirabilmente sintetizzato nella seguente affermazione di Gustav Thibon, filosofo francese vissuto nel secolo scorso: “Non vi accorgete che quando piango sulla rottura di una tradizione, è soprattutto all’avvenire che penso.

    Quando vedo morire una radice, ho pietà dei fiori che seccheranno domani per mancanza di linfa”. Gli effetti sul soldato della conoscenza della tradizione sono senza dubbio molti e tutti positivi. Tra di essi spiccano: l’orgoglio dell’appartenenza, l’acquisizione di una maggiore sicurezza in se stesso, una cosciente convinzione di quello che si fa e, soprattutto, perché lo si fa. La tradizione deve essere, pertanto, acquisita dai nostri militari e costantemente rielaborata ed attualizzata, partendo, naturalmente, dalla conoscenza del passato. Deve esistere, pertanto, in ogni ente e reparto una cultura della tradizione da tenere costantemente viva e vitale, se non si vuole arrivare all’interruzione di questa linfa senza la quale “la radice marcisce, il fiore muore”.

    Un apporto alla soluzione di questo delicato ed importante problema potrebbe essere fornito dalle Associazioni d’Arma, a cui sono associate persone dalle più svariate provenienze: dagli ufficiali, alcuni dei quali reduci da incarichi di grande rilievo e responsabilità, ai sottufficiali, vere colonne portanti di comandi e reparti, ai militari di truppa, indispensabili in qualsiasi attività operativa. Si tratta di persone preparate, capaci, animate da seria volontà realizzatrice e che portano ancora nel proprio cuore la divisa e tutto quello che essa rappresenta; ne è testimone il fatto che molti costituiscono un bacino di volontari, cui spesso attingono le Associazioni per la propria gestione. È veramente un gran peccato lasciare inoperoso un così grande e qualificato potenziale umano. Le attività che questa risorsa umana, morale e culturale potrebbe svolgere, in collaborazione con le istituzioni militari o, eccezionalmente, in loro sostituzione, in questo specifico settore, sono diverse.

    Quelle più significative riguardano: la costituzione di specifici centri di studio, l’insegnamento della storia in generale e di quella di ciascun reparto in particolare, la realizzazione di “sale ricordi”, ove possibile, con il compito, tra l’altro, di far conoscere ai giovani, con conferenze, incontri, mostre, ecc., queste realtà militari e quello che esse hanno rappresentato e rappresentano nell’ambito della società. La realizzazione di questa collaborazione tra associazioni d’Arma e Forze Armate non sembra estremamente complicata. Si tratta di stipulare specifiche convenzioni.

    Naturalmente il ministero della Difesa deve emanare le opportune direttive e le Associazioni interessate devono provvedere ad adeguare gli Statuti. Le Forze Armate sono cambiate, mentre si ha l’impressione che, nella sostanza, siano rimasti immutati i rapporti con le Associazioni d’Arma. È forse arrivato il momento di cambiare, alla base, questi rapporti. Bisogna, in ultima analisi, vitalizzare le funzioni delle Associazioni d’Arma, attribuendo loro nuovi compiti finalizzati alla collaborazione con gli enti istituzionali, specialmente in un momento in cui scarseggiano le risorse umane e, soprattutto, quelle economiche.

    Non più, quindi, associazioni finalizzate essenzialmente alla custodia delle tradizioni e degli ideali della propria Forza Armata, arma o specialità, ma anche e soprattutto artefici della formazione culturale degli uomini in divisa. Forza attiva per i complessi in armi. In sintesi rendiamo operativo il concetto, di cui molti sono fermamente convinti e cioè: le Associazioni d’Arma sono una risorsa e non un peso per le istituzioni militari.

    Gen. D. (ris.) Antonino Mozzicato
    Con la collaborazione del gen. B. (aus.) Nicola Tauro