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Giovanni Faggionato, vice presidente della sezione di Adelaide (Australia), intitolata a Franco Bertagnolli, abbraccia orgoglioso la nipote Ashlee Marie Faggionato, studentessa di medicina alla University of South Australia.

Il “Museo degli Alpini” inaugurato dalla sezione di Genova nella sede del gruppo di Savignone, è certamente uno dei più completi (anche se un museo è in continuo divenire) della nostra Associazione. Nacque da un’idea di un grande amico degli alpini, Delfo Pieramati, che in collaborazione con l’alpino Alberto Vianello, entrambi collezionisti, approntò una mostra sulle Truppe alpine e sull’Associazione in occasione della festa sezionale del 1992 che si tenne a Savignone.

Il premio “La penna alpina per la nostra montagna”, giunto alla seconda edizione, è stato istituito dalla sezione di Feltre con lo scopo di far risaltare l’operato di quanti svolgono azioni a favore della popolazione e del territorio della provincia di Belluno. Nel corso della cerimonia sono anche state consegnate le targhe “Generale Giangi Bonzo”, per azioni di alto valore militare e civile compiute da alpini in servizio al 7° Reggimento. Quest’ultimo riconoscimento è stato conferito alla memoria dei cinque militari Caduti lo scorso anno in Afghanistan nell’ambito della missione di pace ISAF.

Rispettiamo i luoghi sacri

Scrivo per una cosa che da un po’ mi sta… sul gozzo, non propriamente bella. Partecipo da anni a vari nostri raduni e mi pare di notare sempre più di frequente la partecipazione di persone, cappello ben piantato in testa, che si comportano come fossero ad una fiera paesana, sia durante le cerimonie, sia trattando senza rispetto i nostri stessi simboli e monumenti. Il 10 luglio scorso, forse complice il bel tempo che ha notevolmente aumentato il numero di veri e propri “gitanti”, ho visto con rammarico la base della Colonna Mozza (Ortigara) e poi quella della Madonna a Cima Lozze utilizzate come tavole da pic-nic. Forse ci sono tra noi persone che non sanno cosa significano quei Segni che grondano sangue.

Carlo Fontana - Rezzoaglio (GE)

Maria Luisa ci ha lasciato

Venerdì 6 gennaio Maria Luisa Ferri ci ha lasciato. Aveva 47 anni e da 25 lavorava alla nostra sede nazionale di via Marsala, all'ufficio associati. Per noi era Marilù, riservata e schiva, ma sempre aperta al sorriso. Sul lavoro era scrupolosissima. Era la voce per tante migliaia di alpini che chiamavano il suo ufficio per avere informazioni e per tanti Gruppi e Sezioni con i quali era in costante contatto.

Nelle nostre Forze Armate abbiamo enti, reparti, unità dalle caratteristiche completamente diverse tra di loro. Da dove deriva questa caratterizzazione, in che cosa consiste, quali effetti produce? In sintesi, questa caratterizzazione deriva dalla storia dell’Unità e costituisce quella che comunemente viene indicata come la “tradizione” di questo o quell’ente, reparto o unità. Ma cosa intendiamo per “tradizione”?

Ho letto con vivo interesse l’articolo su L’Alpino di novembre in merito alla riunione dei presidenti del 2° raggruppamento e alle proposte emerse. Verso la fine dello scritto si parla dei sacrari. Seppur tenuti perfettamente, mai una volta ho visto là un custode ad accogliere e a controllare i visitatori che si recano ad onorare la memoria dei nostri Caduti. In tutte le occasioni in cui passo con il mio cappello alpino un groppo alla gola mi prende e inizio a piangere. Sono sicuro di non essere il solo perché noi alpini siamo fatti così. La mia idea: potremmo essere noi volontari/e di Protezione civile, potremo essere noi alpini e alpine in sinergia con il comando Truppe alpine a tenere aperto e ad essere guide durante i fine settimana e le festività.

Giovanni Bissoli - Rivalta (VR)

Il mio insegnante di lettere all’istituto d’arte negli anni sessanta redarguiva me e i miei compagni del fatto che non avevamo alcuna passione per la cultura popolare. Oltre ai trattati di estetica crociana cercava d’inculcarci la cultura popolare che in Italia riesce a produrre più risultati della cultura ufficiale. L’artigianalità è ancora il tessuto produttivo e a volte riesce a raggiungere risultati di eccellenza. Così: in mezzo al mar ci stan camin che fumano… è cultura popolare autentica, figlia di tradizioni e spontaneità. Un artigiano che ama il proprio lavoro produce cultura. Alle Adunate degli alpini vorrei rivalutare i trabiccoli ed i loro creatori italiani estrosi, a volte approssimativi ma autentici come sanno essere gli alpini!

Guido Da Riva - Sassuolo (MO)

L'appello di Gilberto

Sono responsabile del gruppo alpini di Cernusco sul Naviglio. Ho sperato che la lettera appello di Gilberto Frattini (L’Alpino, ottobre 2011, pag. 5) rimanesse a livello sezionale ed invece mi ritrovo a dover affrontare di nuovo il problema a livello nazionale. Mi limiterò ad esporre solo i fatti. Scrive Frattini: “Purtroppo anni fa ho subito un grave infortunio sul lavoro”. Ad esclusione degli alpini, tanti purtroppo lo illusero che tutto si sarebbe risolto. Nei lunghi mesi di degenza, non solo ospedaliera, alcuni alpini del gruppo ebbero con lui contatti giornalieri nonostante la posizione logistica della sua abitazione non favorevole. In seguito gli alpini, non solo del mio gruppo, lo portarono alle Adunate e nell’ultima alla quale partecipò non lo si poté lasciare un solo istante. Occorreva la presenza di persona qualificata, anche per le recenti normative in vigore. Chiedo scusa se i miei alpini e tutti quelli che hanno collaborato con noi non hanno potuto fare di più.

Stefano Coronelli - Cernusco S/N (MI)

Gli alpini del gruppo di Ginevra con il gagliardetto e il Tricolore hanno partecipato alla tradizionale cerimonia in onore dei Caduti svizzeri svoltasi al parco Mon Repos. Vi hanno partecipato anche rappresentanti di altre associazione d’Arma italiane. Una lunga sfilata, preceduta dalla fanfara dei Cadetti di Ginevra, ha raggiunto il monumento ai Caduti al quale è stata deposta una corona mentre la fanfara suonava l’inno nazionale svizzero. Brevi parole sono state espresse dal gen. Berger, poi lo scioglimento e vin d’honneur offerto dall’esercito svizzero.

La nostra stampa.

Da due battaglioni a cinque brigate

Concluso il conflitto mondiale, l’Italia è un paese a “sovranità limitata”: il regime armistiziale e la presenza del governo militare alleato, unitamente alle difficoltà economiche dovute a cinque anni di conflitto e di bombardamenti, impediscono di affrontare la ricostruzione con la rapidità che molti vorrebbero. Entro questa cornice storica (che troverà sollievo solo con l’ingresso nell’Alleanza Atlantica del 1949), anche la rifondazione delle Truppe alpine subisce rallentamenti: dagli iniziali due battaglioni (“Piemonte” e “L’Aquila”) che avevano partecipato alla guerra di Liberazione, alla formazione delle cinque brigate che hanno costituito l’organico del Corpo sino agli anni Novanta (“Julia”, “Tridentina”, “Taurinense”, “Orobica”, “Cadore”), trascorrono otto anni.

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