Memorie

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    Il 7 gennaio Giornata del Tricolore; il 27 gennaio Giorno della Memoria. Date significative della nostra convivenza sociale: la prima ci ricorda che siamo un popolo, unito da quella Bandiera il cui culto è stato recuperato attraverso una lenta ma decisa azione di pedagogia civile dal nostro capo dello Stato; la seconda ci riconduce all’ultima guerra mondiale, alla Shoah, ma non solo, per proporci in una società sempre più multirazziale e multietnica il rispetto comunque dell’uomo e per ricordarci gli orrori d’un apocalittico conflitto mondiale le cui ferite non sono ancora chiuse.

    Ma occorre davvero l’istituzione ufficiale d’una data, come un miliario piantato sul sentiero della nostra storia, per sapere chi siamo, come siamo stati, cosa saremo? Deve essere una legge, un decreto, un provvedimento che riguarda tutta la collettività a dirci che per un giorno dobbiamo essere bravi cittadini e per un altro giorno dobbiamo essere buoni?E, negli altri giorni, dovremmo avere comportamenti diversi?

    C’era una volta il vilipendio della Bandiera. Un reato che prevedeva il carcere. Ora questo specifico reato è stato de penalizzato e la condanna ridotta a una semplice ammenda pecuniaria, poco più d’una contravvenzione stradale. È la stessa Bandiera per la quale i nostri nonni, i nostri padri hanno combattuto, la Bandiera che in prigionia si sono cuciti addosso per non farla cadere in mano nemica, che hanno difeso a costo della propria vita. È la Bandiera che fuori dall’Italia, in paesi tormentati dalla guerra significa sicurezza, amicizia, protezione, aiuto, grazie ai nostri soldati, ai nostri alpini ai quali siamo sempre vicini e dei quali siamo fieri. Che Paese siamo, che Paese saremo se non rispettiamo neanche i simboli civili e sociali più sacri?

    La stessa amarezza ci coglie nel giorno dedicato alla memoria. Ci sono state cerimonie ufficiali, deposizioni di corone, discorsi, convegni, dibattiti, trasmissioni televisive e servizi speciali. Dovevamo ricordare sofferenze, devastazioni, un olocausto, ma ancora una volta ci siamo divisi in buoni e cattivi. Ancora una volta, anziché ricordare ciò che ci unisce, abbiamo scelto la strada che ci porta in direzioni opposte.

    Allora che senso hanno queste ricorrenze? Ce lo chiediamo anche noi, in giorni in cui commemoriamo una battaglia Nikolajewka che segnò la fine d’una tragica campagna costata decine di migliaia di morti. Ce lo chiediamo ogni qual volta, nei paesi, nelle città, dovunque ci sia un monumento ai Caduti, un Sacrario, un cimitero militare, andiamo a deporre una corona. Nessun odio, nessun rancore, nessuna riserva offusca il nostro cuore, perché quei nostri Caduti noi li amiamo e gli altri Caduti su fronti opposti li rispettiamo.

    Con quest’animo, appesantito non dal rancore ma dalla pietà per tante vite stroncate, ci prepariamo a salire sull’Ortigara. Non abbiamo bisogno di decreti, di leggi, di proclami per non dimenticare. La nostra memoria è ben viva. Sappiamo chi siamo stati, chi siamo, chi saremo: alpini.