L’orgoglio Triveneto

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    Più che un raduno, a Feltre è stata una imponente Adunata, perché gli alpini del 3° raggruppamento hanno dimostrato tutta la loro forza, la loro unità, il loro orgoglio. Ore di sfilata a ranghi stretti attraverso la città fino oltre le mura, in una scenografia naturale che esaltava la loro marcia arricchita da tanti colori e momenti. A far da apripista agli alpini c’erano i simboli e i sindaci delle città del Feltrino e del Veneto, delle associazioni d’Arma e cittadine di questa terra ricca di tradizione e di storia; tutti hanno voluto essere presenti per attestare partecipazione a questo importante evento di penne nere che si è presto trasformato in una grande festa cui hanno preso parte anche tantissimi cittadini.

     

    Difficile contarli: venti, trentamila, forse anche più. E la domenica, quasi quattro ore di sfilata. Per tre giorni Feltre è uscita dal suo splendido isolamento per tornare al suo recente passato, ha aperto le porte della caserma Zannettelli troppo a lungo vuota e silenziosa, ha accolto migliaia di alpini che l’hanno riempita di musica e canti. “Una bella scossa – ha commentato un barista – Ci vorrebbero due settimane così, per sottoporre la città a una cura intensiva di alpini…”. È cominciato venerdì pomeriggio, con una cerimonia nel ricordo dei Caduti italiani, austro-ungarici e tedeschi al cimitero comunale e a quello di San Paolo, presenti il console generale d’Austria a Milano dr.ssa Sigrid Berka, una delegazione della Croce Nera austriaca con il presidente per l’Alta Austria Friedrich Schuster e il delegato per l’Italia Mario Eichta.

    C’erano inoltre una delegazione di Kaiserjäger, il colonnello svizzero Norberto Birchler, della brigata di fanteria da montagna e Harald Seidl, sindaco di Traun, dove si svolgerà l’incontro italo-svizzero in ottobre con la partecipazione di numerose sezioni del nord-est. Sabato mattina un omaggio ai tanti emigrati da questa terra: l’incontro con le delegazioni estere nella Sala degli Stemmi, presenti rappresentanti delle sezioni di Colombia, New York, Svizzera e Belgio, il vice presidente nazionale Nino Geronazzo, il presidente sezionale Carlo Balestra e il sindaco Paolo Perenzin, che oltre a fare gli onori di casa ha ricordato gli emigranti della propria famiglia, all’inizio del secolo, per dire che questa fu terra che si riconosce negli emigranti. Nella stessa mattinata, apertura di una mostra delle Truppe alpine, inaugurata dal col. Paolo Sfarra comandante del 7°.

    Nel pomeriggio, mentre la festa entrava nel vivo, all’auditorium delle Canossiane si svolgeva l’incontro ufficiale del sindaco e della Giunta con il presidente nazionale Corrado Perona, un incontro allietato dal coro ANA di Novale. Ricorreva il 90° di fondazione della Sezione, che è stato celebrato con il gemellaggio con la sezione di Valdagno presieduta da Nazario Campi. Balestra, rilevando il grande afflusso di alpini provenienti non soltanto dal Triveneto ma anche dalle regioni del Centro-Sud, ha affermato che “ancora una volta gli alpini sono riusciti a unire l’Italia, custodi di valori che dobbiamo tramandare”. Il presidente Campi, suscitando qualche sorriso di compiacimento, commentando il gemellaggio ha citato un aforisma di Aristotele: “L’amicizia è un’anima sola che vive in due corpi”.

    Poi, riprendendo il motto dell’Adunata di Bolzano ha parlato di responsabilità, in particolare da parte dei rappresentanti pubblici e si è rivolto con grande trasporto ai giovani sindaci del suo territorio presenti tutti in sala con fascia tricolore, li ha chiamati per nome, li ha chiamati amici. Infine una premiazione: al sovrintendente del Corpo Forestale Francesco Turrin e al campione di ciclismo degli anni d’oro Sergio Sanvido è stato conferito il premio “Penna alpina per la montagna”.

    Al sergente Alberto Stella, del 7° Alpini e al caporale Alessia Gazzola il premio dedicato al generale Giangi Bonzo: al sergente per il suo comportamento durante un attacco talebano nella valle del Gulistan, in Afghanistan, alla giovane Alessia, del 7°, ora in congedo (ma ho fatto domanda per arruolarmi nell’Arma dei Carabinieri…”) che durante il servizio “Strade sicure” disarmò dopo una difficile trattativa una donna incinta che armata di coltello minacciava di uccidersi. Dopo il saluto del sindaco di Feltre, del col. Sfarra e del prefetto Maria Laura Simonetti (“Alpini, questa armata sorridente capace di stare vicina agli uomini e alla montagna di cui è fedele custode”), ha preso la parola il presidente Perona, accolto da una ovazione.

    Ha ricordato che il Triveneto “rappresenta un’importante forza nel contesto associativo, eppure non ha mai esibito questo numero per prevaricare, restando nel perfetto spirito alpino”. Parlando del futuro associativo, problema sul quale sta sentendo il parere di tutti i soci, girando per l’intera penisola, ha detto che “dobbiamo ragionare da alpini, perché se dobbiamo prendere qualcuno con noi anche se non è nato con il cappello alpino – cappello che non potrà mai portare – basta che abbia la testa da alpino…”. Ha accennato, non senza commozione, alla fine del suo mandato, allo “zaino a terra “che qualcuno dovrà riprendersi sulle spalle per continuare la strada, “ammesso che un alpino possa mai mettere zaino a terra, finché il buon Dio…”.

    Ha infine elogiato i sindaci “gli unici che sfilano con noi”, ed ha rivolto un appello al prefetto Maria Laura Simonetti: “A lei che vive un grado importante delle istituzioni, che è un servitore dello Stato, vorrei affidare un messaggio per la nostra classe politica, affinché pensi un po’ meno al partito e un po’ più all’Italia”. Poi la Messa alla caserma Zannettelli, che aveva spalancato la porta sul suo passato, ritornata per un giorno la casa degli alpini. Lo ha ricordato anche il vescovo di Belluno e Feltre, mons. Giuseppe Andrich celebrando la messa all’altare da campo.

    “Questi sono giorni di grandi eventi per Feltre – ha esordito il presule all’omelia – che vede raccolti qui tantissimi alpini e famiglie per un fatto per noi così significativo e memorabile”. E riferendosi alla caserma ha continuato: “È un luogo storico, nel quale sono passati centinaia di migliaia di alpini… fra i quali anche il mio papà, prima di partire per la seconda guerra. Quindi per me è una particolare emozione trovarmi qui…”. Ed ha concluso esprimendo l’apprezzamento suo e di tutti i vescovi del Triveneto “per l’impegno che l’ANA presta in tutte le comunità, diventata non solo un punto sicuro di riferimento ma anche una risorsa di grande spessore…”. Infine la Preghiera dell’Alpino, seguita con grande partecipazione, e poi la deposizione di una corona al monumento ai Caduti, un’opera Liberty che conserva tutto il suo fascino e il suo significato.

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    Per le strade era il momento dell’incontro, dei canti, della musica. Decine di orchestrine improvvisate si raccoglievano, si scioglievano, si ricomponevano altrove con altri suonatori; cori piccoli e grandi, molti trascinando nel canto la gente rallegravano la città trasformata in una grande, allegra, spontanea movida. E questo per buona parte della “Notte verde”, con le strade piene di alpini e di cittadini, negozi aperti, case illuminate, finestre imbandierate, nessuno aveva voglia di andare a dormire: una notte con patriottico intermezzo quando in Piazza Maggiore i cori hanno intonato “La leggenda del Piave” e poi l’Inno di Mameli. Il presidente Balestra dal palco ha invitato tutti a continuare a vivere questa irripetibile festa popolare densa di emozioni. Del resto, non ce n’era bisogno…

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    All’alba silenzio, nuvole minacciose a cerchio sulle montagne, poi con il passare delle ore un sole smagliante. E, finalmente, la sfilata. Con gli sbandieratori del Palio di Feltre, i forestali a cavallo, i bersaglieri con la fanfara, di corsa, i lagunari per i quali i tre speaker dell’Adunata (Manuel Principi, Guido Alleva e Nicola Stefani, capaci sempre di emozionare ed esaltare) hanno avuto parole di fratellanza ricordando i due marò ancora prigionieri in India, una ferita ancora aperta. E poi tutte le rappresentanze delle varie Armi e Corpi dello Stato, crocerossine, Associazione d’Arma, uno stuolo di ragazzi con bandierine tricolori, nota gioiosa che fa ben sperare, e tanti esponenti di enti e associazioni, finché sono arrivati gli alpini, preceduti dalla fanfara della Julia e una compagnia del 7°, ammirati, applauditi, amati.

    Poi gli alpini di tante sezioni all’estero, dalla Francia alla Colombia, alla Germania, alla Carpatica- Balcanica-Danubiana e altre ancora. Sezioni del Nord e del Mezzogiorno. Infine gli alpini del Triveneto (e non solo) in un lungo fiume colorato che scorreva da viale Farra a Pra del Moro, compatto, unito.

    Per primi, a salutare il Labaro accanto alla tribuna d’onore, i reduci, questa nostra ricchezza che dobbiamo tenerci cara, poi via via tutte le Sezioni, tante bandiere, tanti applausi dalla folla che assiepava entrambi i marciapiedi: cosi, fino al pomeriggio quando per ultima è passata la sezione di Feltre, annunciata dagli speaker e accolta da un boato che ha tardato a spegnersi. Intanto le nuvole stavano avendo il sopravvento sulla resistenza delle montagne, calavano sempre più minacciose. Ma ormai non potevano più guastare una festa che resterà nella storia della città. Le prime gocce dicevano che era tempo di partire. L’anno prossimo ci ritroveremo a Schio. Sarà diverso, sarà ancora bello.

    Giangaspare Basile