Il Nobel agli alpini?

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    Vi ringrazio per tutte le volte che entrando nelle vostre sedi, tutti, e dico tutti, trovano il vostro sorriso. Un grazie per tutto quello che i vostri soci fanno con il silenzio degli umili.

    Grazie per far sentire il “vecio”, e quando dico vecio, anche se si superano gli ottant’anni, ancora giovane. Essere alpino è un orgoglio. Ancora grazie a tutti per quello che fate e continuerete a fare con lo spirito del fante di montagna.

    Massimo Mina – brigadiere Capo dei Carabinieri

    Troppo spesso nella vita si cercano tante cose per essere felici, ma a volte può bastare la caparbia volontà di una persona che decide di ritrovarne altre per trasformare un giorno qualunque in una speciale giornata ricca d’emozione. È quanto è accaduto in ottobre 2011 nella sede degli alpini di Rocchetta Tanaro (Asti), dove si sono ritrovati dopo 37 anni dal congedo gli artiglieri del 3°/53, Gruppo Vestone, Brigata Orobica, di stanza a Merano, caserma Cesare Battisti, 1973/74. Penso di poter condividere i pensieri con le altre mogli presenti mentre osservavamo i nostri mariti che con gli occhi lucidi e commossi, cercando di riconoscersi, si chiedevano: “Ma tu chi sei?” … e subito dopo partiva una raffica di… “Ti ricordi?”. Rievocando episodi come se si fossero salutati il giorno prima. Per quanto mi riguarda personalmente mi sentivo il cuore gonfio d’orgoglio quando al fianco di mio marito Mario, allora addetto alla mensa truppa, ascoltavo chi lo ricordava. “Ma sai di quanti chili sono aumentato con tutte quelle michettine calde che mi passavi … la minestra così buona non l’ho più mangiata … e le bistecchine migliori che mi tenevi da parte”.

    Paola Della Piazza – gruppo di Craveggia Domodossola

    Come figlia, nipote e nonché moglie di un alpino non posso far altro che confermare lo spirito di grande generosità e solidarietà che contraddistingue questo Corpo. A proposito, parlando della mia esperienza, non posso far altro che rispondere positivamente alla sua domanda (L’Alpino, febbraio 2012, pag. 4: “Il Nobel per la pace?”). Con orgoglio, ma in particolare con tutta sincerità, l’alpino è davvero un dono del Signore, ma il privilegio più grande, è per una moglie, poterlo affiancare ed essere sempre presente in ogni momento della sua vita.

    Ida Ferrari – Parma

    È quello che volevamo sentirci confermare in barba alle non poche nostre mogli che, in modo non proprio sibillino, considerano il matrimonio “un gran sacramento”. Alle manifestazioni e agli incontri, noi alpini, ci siamo abituati, le consorti meno e, attente come sono, in queste occasioni, ma non solo, scoprono di avere un marito inedito o meglio un altro uomo, con la verve e la memoria di un quasi ventenne. Così scatta il contagio. Provano sensazioni nuove, vengono coinvolte nelle nostre kermesse e finiscono per sorprendersi. E sorprendere una moglie, anche per un alpino, non è cosa di tutti i giorni.