Da Cima Vallona l’appello alla pacificazione storica e a una memoria condivisa dai tre gruppi linguistici

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    Anche una strada ricorda ora i Caduti di Cima Vallona. É stata inaugurata a Santo Stefano di Cadore dal sindaco neo eletto Alessandra Buzzo, alla presenza dei familiari delle vittime: la sorella dell’alpino Armando Piva, i fratelli del sergente paracadutista Olivo Dordi, la moglie e la figlia del sottotenente dei parà Mario Di Lecce. La moglie del capitano dei carabinieri Francesco Gentile, presente nelle ultime due cerimonie passate, ha fatto pervenire un messaggio di ringraziamento. Un altro sottufficiale dei parà, Marcello Fagnani, riportò in quell’attentato ferite gravissime, ma sopravvisse.

     

    C’era anche il prefetto di Belluno, dr.ssa Provvidenza Raimondo, vera ispiratrice dell’iniziativa quando in occasione del 40º anniversario invitò le amministrazioni comunali per un ricordo ancor più tangibile dei Caduti. Davanti a molte altre autorità civili e militari, alle rappresentanze alpine e delle altre associazioni combattentistiche, breve e suggestiva la cerimonia con le parole di Alessandra Buzzo che ha invitato i giovani a conoscere gli errori del passato per non ripeterli. La cerimonia è quindi proseguita, come tradizione, in località Cappella Tamai nel Comune di San Nicolò di Comelico.

    Per la prima volta era presente in forma ufficiale la Provincia di Bolzano con il vicepresidente del Consiglio Mauro Minniti. ‘Per troppo tempo la Provincia di Bolzano ha taciuto sui tragici anni del terrorismo separatista. Oggi, anche se in ritardo, la mia presenza testimonia che finalmente qualcosa sta cambiando . Oltre al consueto schieramento di labari, vessilli e gagliardetti era presente anche il Labaro dell’Associazione paracadutisti d’Italia, scortato dal presidente Gianni Fantini. Dopo l’alzabandiera e il commovente momento dell’onore ai Caduti, le allocuzioni ufficiali.

    Il sindaco Giancarlo Ianese ha rievocato i tragici momenti dell’attentato terroristico, facendo rivivere le sensazioni provate dalla popolazione comeliana profondamente ferita, che fin da subito si strinse accanto alle famiglie colpite. Il consigliere nazionale ANA Nino Geronazzo, che rappresentava ufficialmente la nostra Associazione, ha portato il saluto di Corrado Perona manifestando la vicinanza ai familiari delle vittime della strage, in particolare alla famiglia dell’alpino Piva, parlando poi dell’impegno dell’ANA per la ricostruzione in Abruzzo. Antonio Cason, presidente della sezione Cadore, che organizza l’evento assieme ai gruppi locali quest’anno è stato a cura del Gruppo di Casamazzagno guidato da Aldo De Martin ha richiamato i valori dell’ANA e il costante impegno associativo per non dimenticare e non far dimenticare.

    Il generale dei carabinieri Francesco Vacca, intervenuto in rappresentanza del ministro della difesa La Russa, ha ribadito l’impegno delle forze dell’ordine nella quotidiana battaglia contro l’illegalità, ampliando il ricordo a tutti i militari caduti nell’adempimento del dovere. Infine il prefetto di Belluno Provvidenza Raimondo, che ha voluto essere ancora una volta accanto ai familiari delle vittime. ‘L’iniziativa di questa mattina a Santo Stefano di Cadore ha detto il prefetto con l’intitolazione della via alle vittime di Cima Vallona, è un altro segnale della sensibilità delle istituzioni e delle gente del Comelico verso quattro militari che resteranno per sempre nel cuore di tutti con il loro esempio e con il loro sacrificio’. Ma, come si diceva, la grande novità è stata la presenza ufficiale del vice presidente della Provincia di Bolzano Mauro Minniti, che rappresentava il presidente del Consiglio Dieter Steger del quale ha portato il saluto e i sentimenti di solidarietà alle famiglie dei Caduti .

    È un passo storico, questo della Provincia di Bolzano rimasta assente per oltre quarant’anni, un passo avanti nella condivisione di una storia comune e dei valori che sono alla base di una pacifica convivenza di cittadini di lingua, storia e costumi diversi. Perché, come scriveva Claus Gatterer, un grande scrittore e storico altoatesino, nato a Sesto Pusteria, la diversità è una ricchezza se ciascuno difende quella dell’altro. Siamo sicuramente in ritardo ha esordito Minniti nel suo discorso che riportiamo quasi integralmente per l’importanza che ricopre ma è giunto il momento che Bolzano guardi con una soggettività diversa agli eventi di oltre 40 anni fa che sconvolsero la terra altoatesina e le aree geografiche vicine, come il Comelico; avvenimenti che anzitutto distrussero la vita di 17 persone innocenti e quella delle loro famiglie, ma anche di quei nuclei familiari di quelle decine di servitori dello Stato che, in quegli stessi anni svolgendo azione di ordine pubblico, morirono in servizio, seppur non a seguito di attentati.

    È con cristiano sentimento, ma anche con pura convinzione di uomo e di rappresentante delle istituzioni, che avverto la responsabilità anche di non dimenticare nemmeno chi, come per esempio il 25enne altoatesino di lingua tedesca Hubert Sprenger, incolpevolmente pagò con la propria vita la sua bravata di sfidare la sentinella di turno in servizio presso le case INCIS di Malles, vittime l’uno e l’altro di una tensione che tutti, in Alto Adige, allora vivevano . È giunto pure il momento ha proseguito Minniti che Bolzano si interroghi sugli effetti prodotti dal severo silenzio calato per decenni su quegli avvenimenti così truci; e non è un caso che la mia presenza qui oggi è accompagnata idealmente da quella dello stesso presidente del Consiglio della Provincia Autonoma di Bolzano Dieter Steger, che mi ha chiesto di rappresentarlo e di cui vi porto non solo il saluto ma anche l’espressione di sentimenti di solidarietà alle famiglie dei Caduti .

    Dopo aver rilevato che Roma sbagliò e che lo Stato fu incapace di capire ed impreparato ad affrontare gli eventi , Minniti ha affermato che il terrorismo comunque non poteva, non può e non potrà mai essere un metodo di lotta legittimo, neppure per difendere una causa quanto più giusta essa possa essere . Per dieci anni l’Alto Adige fu percorso da un fenomeno che seminò morte, distruzione e tragedie: oltre 300 attentati, 17 vittime, comprese le quattro commemorate a Cima Vallona. Vittime dimenticate dalle istituzioni locali e nazionali.

    Non serve, non basta una medaglia per rendere onore a questi ragazzi ha continuato il vice presidente del Consiglio provinciale serve piuttosto il ricordo che non può essere cancellato, serve la memoria di un Paese che deve emergere e vincere su quella forza contrapposta e terribile perché livella tutto verso il basso, verso la negazione dei valori e degli esempi positivi, che è l’oblio.

    Ebbene, se giustamente Platone affermava che una società può restare fiorente, solo se la verità viene resa disponibile a tutti , non possiamo nemmeno dimenticare che ogni omissione della verità corrisponde ad una menzogna. Non si può costruire una memoria comune proprio sulle omissioni e, come affermava il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, la memoria come evocatrice di ricordi deve sopravvivere per permettere all’Uomo di comprendere le sue radici più profonde .

    Dopo aver espresso preoccupazione per le polemiche sul monumento all’Alpino di Brunico e il pericolo di una deriva che rischia di ricondurci al clima di quarant’anni fa, Minniti ha concluso con un forte appello alla riconciliazione fra i gruppi linguistici che porti ad una memoria condivisa. Nella provincia in cui ancora oggi, dimenticando le vittime, si celebrano i terroristi occorre evidentemente fare importanti passi avanti, anche mentali: e se da una parte è indispensabile giungere prima o poi ad un gesto della Provincia volto a commemorare le vittime innocenti di quegli anni, dall’altra è importante anche che si sottolinei che gran parte della popolazione di lingua tedesca di allora non condivise il terrorismo ed i metodi usati dagli oltranzisti. Anche per questo, in occasione delle recenti celebrazioni in ricordo delle vittime del terrorismo dello scorso 9 maggio istituite dal Governo nazionale, ho voluto rendere omaggio ad Herbert Volgger, il finanziere di lingua tedesca morto nell’attentato di Malga Sasso nel 1966 insieme al tenente Petrucci ed al brigadiere Cossu.

    Volgger è purtroppo anch’essa una de
    lle vittime simbolo di un terrorismo che ha colpito tutti coloro che indistintamente difendevano lo Stato italiano, siano essi di lingua italiana come di lingua tedesca. Anche per questo oggi siamo qui; ancor più in questo periodo in cui a gran voce si torna a parlare di grazia ai terroristi. Occorre insomma rafforzare il ricordo e completare un percorso di pacificazione storica che porti ad una completa riconciliazione con la storia altoatesina e fra i gruppi linguistici. Perché è necessario che, proprio mentre si torna a parlare di grazia ai terroristi, si adottino tutte quelle iniziative affinché sulla base delle cronache dei tempi, unicamente nella piena coscienza di quanto avvenuto e nel totale ed imparziale ricordo dei fatti di allora, possa crearsi non solo una memoria rispettata e riconosciuta quanto soprattutto, anche a riguardo della terra altoatesina, finalmente una memoria condivisa. Altrimenti il sacrificio di questi 17 ragazzi rimarrà davvero del tutto inutile! .

    Livio Olivotto