Amici di cappello

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    Il profumo dolciastro delle ciambelle fritte diffonde un’aria di festa. Nel vicolo affollato un capannello improvvisa, accompagnato dalla fisarmonica, una delle più belle cante… “Dove sei stato mio bel alpino…”. Poco lontano il suono ritmato di una fanfara scandisce il tempo. È l’Adunata, il momento della spensieratezza, della gioia, ma più di tutto di incontri.

    Per tutta la mattina Alberto ha fatto il pendolo tra le strade e le piazze della città. Ha sorriso, stretto mani e dato pacche sulle spalle ad altri alpini che non ha mai visto prima, ha salutato le persone affacciate a balconi e finestre e si è goduto lo spettacolo di una città imbandierata come mai si vede durante l’anno. Un altro vicolo, altri vocii, un altro sorriso, ancora un saluto. D’improvviso un ciglio alzato per lo stupore e un pensiero fisso: “Chel lì l’ho già visto…”. Per un istante come due cowboy a duello i due si squadrano dal… basso verso l’alto, cercando nel cappello alpino quella firma indelebile che confermi le loro sensazioni.

    Nappina blu, fregio da fuciliere, tutto coincide. La perplessità si scioglie in un sorriso e in un abbraccio. “Stefano, non sei cambiato affatto, ti vedo in formissima!”. Anche se, in realtà, c’è qualche baffo bianco e una bella pancetta che tende i bottoni della camicia evidenziando il peso degli anni che passano.

    Le ore scorrono così, alla scoperta del nuovo compagno ritrovato. Famiglia, figli, lavoro, la vita che va avanti. “Ti ricordi la volta della ramanzina del sottotenente, e che fatica la marcia sotto il sole…”. Tra sorrisi e un po’ di malinconia ripensando alla gioventù, scoprono che quasi tutto nella loro vita è cambiato, tranne il cappello alpino. Li ha portati come d’incanto in quella città ad un bellissimo appuntamento che nemmeno sapevano di avere. Un ultimo abbraccio, Alberto e Stefano si salutano mentre, accanto a loro, un coro scalda la voce per il concerto, intonando “Va l’alpin su l’alte cime…”.

    Michele e gli altri coristi non si sono mai lasciati del tutto dopo la naja. Gli impegni quotidiani li hanno tenuti lontano per brevi periodi, ma un po’ perché il canto ti scalda il cuore, un po’ perché esso esalta lo spirito di Corpo, sono rimasti quasi sempre in contatto. “E forse anche perché i nostri scaglioni di naja sono quelli degli anni Settanta-Ottanta e siamo un po’ più agili con le nuove tecnologie”, ricorda Michele. Da quando si è diffuso l’utilizzo di internet e delle mail – per non parlare di Facebook con cui è molto più semplice trovare chi non si vede da tempo – hanno avuto maggiori possibilità per incontrarsi, organizzare le prove e i concerti in tempi relativamente brevi. È questa la dimostrazione di come con le nuove tecnologie si possono ottenere risultati differenti a seconda del loro utilizzo: se diventano il fine e vengono impiegate per creare un mondo virtuale non hanno altro effetto che creare aridità e allontanare gli individui. Quando, al contrario, sono strumenti utilizzati da chi ha una forte motivazione, arricchiscono e aumentano le possibilità di ritrovarsi. Ed è stato anche grazie a queste tecnologie che con il tempo Michele e i vari gruppetti di commilitoni si sono potuti incontrare e hanno dato vita a quell’insieme, più o meno stabile, che viene presentato nelle feste alpine e in altre occasioni con il nome di “Coro dei congedati della brigata alpina Tridentina”.

    Al concerto che hanno in programma verranno tante autorità. Tra loro ci sarà anche uno dei presidenti emeriti dell’ANA, Giuseppe Parazzini, che ha traghettato l’Associazione nel nuovo millennio. Ed è proprio il Beppe nazionale che a cadenza assolutamente casuale – ma preferibilmente una volta all’anno – è maestro d’orchestra di un ritrovo alpino un po’ speciale perché chi si incontra non ha fatto la naja insieme. Meglio sarebbe dire che non ha fatto la prima naja insieme, perché è la “seconda naja” quella che li accomuna e li ha fatti diventare amici, nonostante la differenza di età, di provenienza e di esperienze di vita. “Sono quelli che erano nel Consiglio Direttivo Nazionale quando ero presidente – rammenta Parazzini – e con cui abbiamo condiviso tante battaglie per l’Associazione”. Si sono trovati l’ultima volta poco tempo fa ad Arzignano, ospiti del gruppo “Mario Pagani”, guidato da Paolo Marchetti, che è anche vice presidente della sezione di Vicenza, retta da Luciano Cherobin.

    Sono state ore trascorse in amicizia, allietate da due presenze d’eccezione. Oltre a Parazzini e a dieci consiglieri di allora, infatti, c’erano i presidenti Corrado Perona e l’attuale guida degli alpini in congedo, Sebastiano Favero. Il passato, il presente e il futuro dell’Associazione insieme. A ciascuno è stata donata una gavetta, in ricordo delle “gavette di ghiaccio” che ad Arzignano, città natale di Giulio Bedeschi, hanno un significato ancora più forte perché ricordano il grande medico e scrittore alpino nel 50° anniversario di pubblicazione del suo libro. È stato un appuntamento in cui nulla era in pompa magna, nessuna formalità, nessuna ufficialità.

    La penna ha fatto sì che si incontrassero, il lavoro l’uno a fianco dell’altro ha creato stima e questi ingredienti si sono condensati grazie a quella grande fucina di amicizie che è diventata l’Associazione Nazionale Alpini.

    Matteo Martin