62 anni fa, a Nowo Postojalowka

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    Con una imponente cerimonia a Mondovì gli alpini hanno reso gli o­nori ai Caduti e ai reduci dell’eroica divisione Cuneense.

    Mondovì, per due intense giornate, si è dimostrata degna capitale delle truppe alpine: nella città del Moro e della Cittadella si sono dati appuntamento migliaia e migliaia di alpini che hanno voluto ricordare e o­norare i 14.000 alpini della divisione alpina Cuneense caduti o dispersi durante la campagna di Russia e dare un segno tangibile della riconoscenza ai pochi superstiti, ancora viventi, di quelle giornate storiche. Sabato mattina, a cura del gruppo ANA di Cortemilia, nella stupenda cornice della chiesa di Santo Stefano, è stata allestita una mostra sui 132 anni della vita degli Alpini: fotografie e didascalie hanno sottolineato i momenti salienti della storia degli Alpini al servizio della Patria e della società.

    Nel pomeriggio, sfilata degli alpini al suono di due fanfare, quella della sezione di Mondovì e quella della sezione di Ceva, e alzabandiera presso il monumento ai Caduti, accompagnato dall’Inno di Mameli suonato dalla fanfara di Mondovì e cantato da tutti. Poi il cappellano della sezione, don Flavio, ha invitato tutti a recitare una preghiera per i Caduti e benedetto la corona di alloro che al suono della Canzone del Piave è stata deposta ai piedi del monumento. Nel teatro Baretti è avvenuta quindi la premiazione degli elaborati sul tema Gli alpini in pace e in guerra , svolti dagli alunni delle scuole elementari, e dagli studenti delle medie e delle scuole superiori. Agli elaborati sono andati premi in denaro che le scuole impegneranno in qualcosa di utile mentre agli alunni ed alle biblioteche di classe sono stati donati dei libri e una litografia del l’artista Ezio Briatore.

    Un ringraziamento particolare è stato fatto a tutti coloro, Enti pubblici e privati o persone singole, che hanno voluto mettere a disposizione i libri distribuiti per un totale di 265 copie. L’attenzione si è quindi rivolta alle esecuzioni del Coro Soreghina della sezione di Genova, che ha riscosso lunghissimi applausi. Alle 21 le porte del Teatro Baretti si sono riaperte per ospitare un pubblico numerosissimo (si è dovuto, molto a malincuore, negare l’ingresso a centinaia di persone perché non c’era più posto). Sul palcoscenico si rappresentava un lavoro dal titolo Senza alpini come farò? : un excursus di ricordi giornalistici, documentari e canzoni, magistralmente interpretati, dagli artisti chiamati sul palcoscenico, sui 132 anni della vita alpina, cent’anni della quale ha coinvolto la gente della nostra Città.

    Applausi fragorosi hanno dimostrato il grande apprezzamento riscosso dalla rappresentazione. Ascoltando questi canti oggi, in pace, a tanti anni dalla naja, viene quasi impossibile pensare che quelle storie raccontate con le note siano vere, che sia stato il modo per gli alpini di esorcizzare la guerra, i sacrifici, perfino la morte. Questa è l’eredità che ci hanno lasciato i nostri padri. Domenica gli alpini hanno inondato le vie della città: quanti erano?Tanti, veramente tanti, come tante erano le parlate e gli accenti. C’erano 50 vessilli di sezione, 230 gagliardetti e non meno di 3500 alpini.

    È impossibile fare un elenco e ricordare tutte le autorità politiche, civili e militari presenti. C’era il Labaro scortato dal nostro presidente nazionale Corrado Perona e dal generale Graziano comandante della brigata alpina Taurinense, numerosi consiglieri nazionali; il presidente della sezione di Mondovì Bruno Gazzola, che con i suoi più stretti collaboratori ha organizzato il raduno, il sottosegretario Teresio Delfino, il senatore Luigi Manfredi, già comandante del 4º Corpo d’Armata alpino, il presidente della Provincia Raffaele Costa, il sindaco di Mondovì Aldo Rabbia e i sindaci di un centinaio di paesi del territorio, molti accompagnati dal Gonfalone, il Medagliere dell’UNIRR scortato dal suo presidente Carlo Vicentini, vessilli di altre Associazioni d’arma, della Croce Rossa: uno sventolare di bandiere come non si vedeva a Mondovì da tanti anni.

    Prestava servizio d’onore, accolto con fraterno calore da tutti, un picchetto in armi di alpini della Taurinense seguiti dalla fanfara della brigata e dalle fanfare Monte Nero e della sezione di Mondovì: per le strade percorse dal lunghissimo corteo sono risuonate le note del Trentatré l’Inno dei coscritti piemontesi che ha risvegliato tanto orgoglio in coloro che l’hanno cantato durante la naja. La celebrazione ufficiale è iniziata con l’alzabandiera presso il Monumento ai Caduti, accompagnata dall’Inno nazionale e dalle note del Silenzio: un momento di intensa partecipazione. Il corteo ha quindi raggiunto la chiesa del Sacro Cuore, fra le gente che applaudiva tutti gli alpini ma specialmente il gruppetto dei reduci dal fronte russo: commovente il loro impegno per marciare al passo scandito dalle fanfare!

    Il corteo ha visto sfilare gruppi di militari con le divise d’epoca, altri con le diverse divise che gli alpini hanno indossato sui vari fronti, dall’Africa alla Russia. Tanta simpatia, come sempre, ha il passaggio dei muli, venuti dalla sezione di Vittorio Veneto: l’amico, il compagno degli alpini, il mulo, è passato, regolarmente col suo basto e la soma. In molti hanno pensato: addio, nostro compagno nelle marce, nei campi, silenzioso e paziente portatore dei viveri e di quanto necessitava agli alpini lassù, sui monti! Sul piazzale antistante la chiesa, hanno parlato il sottosegretario Delfino, il presidente della Provincia Costa, l’assessore regionale Giovanni Carlo Laratore, il senatore Manfredi e infine il nostro presidente Perona.

    Tutti si sono soffermati sulla necessità che le sofferenze dei nostri padri siano un monito ai giovani per percorrere sempre i sentieri della pace. Perona, in particolare, ha toccato un tasto a lui caro: quello dei giovani e del loro sempre maggior coinvolgimento nella vita associativa. Il ricordo delle sofferenze ha concluso il presidente degli eroismi dei Caduti sono, sono stati e saranno sempre la linfa da cui trarremo la forza per andare avanti, per ricordare, per o­norare e per essere degni del loro sacrificio in modo che gli alpini, e ne sono certo, vivranno ancora e sempre! .

    Poi tutti in Chiesa, per la celebrazione della S. Messa in suffragio dei Caduti di tutte le guerre. Ha celebrato il vescovo di Mondovì, monsignor Luciano Pacomio, assistito da monsignor Enelio Franzoni, Medaglia d’Oro al V.M., e da monsignor Rinaldo Trappo. All’omelia il presule ha avuto stupende parole per ricordare, prendendo lo spunto dal Vangelo, gli alpini e i Caduti che ha raccomandato alla bontà del Signore, perché molto hanno sofferto e molto hanno amato la famiglia, la società, la Patria. Prima del termine della celebrazione eucaristica una semplice cerimonia ma dal profondissimo significato è stata compiuta: alle famiglie di quattro Caduti sono state consegnate le piastrine di riconoscimento ritrovate in territorio russo: in quel momento la commozione generale era palpabile, come erano profondamente commossi i reduci.

    Ha preso quindi la parola mons. Rinaldo Trappo, l’ultimo Cappellano del Ceva in terra di Russia il quale ha dato a tutti un impegno da assolvere, come egli cerca di assolvere quello che gli hanno affidato gli alpini della Cuneense in punto di morte: Dare voce a chi voce non ha più , o­norare coloro che sono Caduti e spesso lasciati senza sepoltura nella fredda steppa russa. Ha ricordato, commosso, come la popolazione russa non abbia considerato mai gli alpini come invasori perché essi aiutarono i poveri delle isbe, li hanno amati.

    Quanti, alle parole di don Rinaldo, avevano gli occhi pieni di lacrime perché ognuno rivedeva il fratello, l’amico, il compaesano caduto e di cui resta solo un nome sul freddo marmo della lapide che, in ogni paese, li ricorda. La recita della preghiera dell’Alpino, mentre il coro Penne nere eseguiva lo stupendo Signore delle cime, di Bepi De Marzi, e la deposizione di una corona alla lapide che nella Chiesa ricorda quelle terrificanti giornate, ha chiuso la cerimonia religiosa. Sul piazzale della Chiesa ci sono stati incontri di commilitoni che non si rivedevano da anni, scambi di saluti, di arrivederci a Saluzzo, nel gennaio 2006 Per non dimenticare . Le note della fanfara della Taurinense si spargevano in tutta la cittadina mentre la tecnostruttura allestita per il rancio stava riempiendosi di alpini: era il momento della festa.

    Giovanni Raineri