BIELLA A Ponderano 70 di fondazione e nuova sede
TREVISO Giurano gli ultimi alpini di leva
Lo sapevate?Gli obiettori 'hanno difeso la Patria'
L'Ufficio nazionale per il servizio civile saluta gli 800mila obiettori di coscienza che dal 1972 hanno difeso la Patria attraverso il servizio civile . Così recita la campagna di stampa per il reclutamento dei volontari del servizio civile, giocando su un equivoco ed assimilando gli obiettori di coscienza ai giovani che liberamente scelgono di svolgere, oggi, il servizio civile, meritorio ed utile al prossimo.
Certo, prima che venisse sospesa la leva, un esiguo numero delle decine di migliaia di obiettori (una media di 70mila, dal 1972 in poi, con punte di 96 mila: tanti quanti ce n'erano nell'intera Comunità europea) veniva dirottato sul servizio cosiddetto civile: una manna per tante associazioni ed enti fra i più svariati, ma soprattutto per tanti giovani che volevano starsene a casa, lasciando ai loro coetanei il più impegnativo (e spesso lontano) servizio militare.
Ora vogliono farci credere che tutti coloro che hanno portato la divisa, disposti a difendere (veramente) la Patria anche mettendo in gioco la propria vita, avrebbero assolto al diritto dovere costituzionale al pari di coloro che con la scusa di non voler maneggiare le armi rimasero a casa dalla mamma e dalla morosa. Perché un conto è parlare dei soldati di leva e dei giovani che oggi chiedono di far parte del servizio civile e un altro è tirare in ballo gli obiettori di coscienza. Con la doverosa precisazione che anche fra questi ultimi non sono mancati ragazzi che hanno davvero svolto lavori socialmente utili e talvolta anche scomodi e che pertanto meritano tutto il nostro rispetto.
Ma andiamo con ordine, facendo la cronaca dell'antefatto.
A gettare il sassolino nello stagno è stato un ricorso alla Corte Costituzionale della Provincia autonoma di Trento la quale chiedeva se il servizio civile, alla luce della sospensione della leva obbligatoria, potesse essere ancora considerato come difesa della Patria (e quindi di competenza nazionale), o non dovesse invece essere inteso come un'attività di tipo sociale di esclusiva competenza regionale .
In sostanza, la Provincia di Trento che ha competenze specifiche in virtù dello Statuto speciale d'autonomia intendeva avvalersi anche dell'esclusiva del servizio civile per poterlo gestire in proprio.
La Corte si è pronunciata solo sul carattere costituzionale del quesito, e considerando il nuovo servizio civile (che nulla ha a che fare con quello degli anni dell'obiezione di coscienza) ha affermato che il dovere di difendere la Patria deve essere letto alla luce del principio di solidarietà espresso nell'articolo 2 della Costituzione . In base a questo articolo va superato l'obbligo imposto dall'autorità e considerato anche profondamente sociale l'agire per libera e spontanea decisione dell'individuo. In questo contesto conclude la Consulta il servizio civile tende a proporsi come forma spontanea di adempimento del dovere costituzionale di difesa della Patria . Tende a proporsi: come dire, tende a diventare, tende a trasformarsi, tende ad essere.
Lo sarà mai?
Come si vede la Consulta non confonde l'odierno servizio civile nazionale con l'obiezione di coscienza degli anni Settanta e Ottanta, come invece hanno fatto travisando il significato della sentenza gli autori della campagna di stampa.
Se infatti l'invito a prestare servizio civile è certamente legittimo e condivisibile, affermare che gli 800mila obiettori hanno difeso la Patria suona come un'offesa e una beffa nei riguardi prima di tutto di coloro che per compiere il proprio dovere in difesa della Patria hanno perso la vita, di quanti hanno sopportato sacrifici immani in guerra e infine di tutti coloro che in circostanze pur meno drammatiche hanno indossato la divisa fieri di servire davvero la Patria.
Un conto è dire che la competenza di un servizio nazionale dev'essere dello Stato e non di una Regione o di una Provincia e che rende un servizio alla Patria chi svolge oggi (e ripetiamo, oggi) il servizio civile che consideriamo utile ed appagante, altro è sostenere che gli obiettori di coscienza, rifiutando il servizio militare quand'era obbligatorio difesero la Patria.
Il fatto è che da sempre, e così stabilirono coloro che la Costituzione l'hanno scritta, difesa della Patria definita sacro dovere significa difesa armata. Significa difenderne i confini, l'integrità territoriale, le istituzioni, tutto ciò che siamo: uomini liberi in un Paese libero. Se la difesa della Patria si poteva fare anche con l'obiezione di coscienza dovevano dircelo prima di sospendere la leva. E non prendere in giro tutte quelle migliaia di giovani che hanno risposto alla cartolina precetto e che hanno compiuto anche quelli che erano partiti di malavoglia il loro dovere di soldato.
E poi, se la leva è scuola di vita e di valori (in un periodo di caduta di valori e di degrado giovanile come il nostro) si difende la Patria anche difendendo e non certo sospendendo questi valori.
C'è poco da dire grazie agli 800mila obiettori, dunque. I conti della difesa della Patria non tornano.
L'Alpino di dicembre on line

IN COPERTINA: sembra un presepe, questo paese dal nome singolare come il suo
aspetto: Monte Lussari. È in Friuli, ed ha tradizioni che risalgono al tardo medioevo. Fu infatti nel 1360 che un pastore di Camporosso raccontò di aver smarrito alcune pecore e di averle trovate inginocchiate attorno a un cespuglio di pino mugo, al centro del quale c’era una statuetta della Madonna. Il patriarca di Aquileia volle far costruire sul luogo una cappella, al cui posto, nel ’700, venne eretta una chiesa. Questa fu danneggiata prima dalla Grande Guerra e poi da un incendio. Finalmente ricostruita, è stata definitivamente restituita con la miracolosa statuetta al culto delle genti del territorio: austriache, slave e italiane. Nel tempo in cui le piccole Patrie si sono unite in una Grande Patria, questa chiesa di Monte Lussari è divenuta il simbolo dell’Europa unita (Foto di Mauro Visentin, San Daniele del Friuli).
5ª Rassegna calendari della stampa alpina
Alpinit e Peduzzi
Ho letto, nel numero di novembre, la commovente orazione funebre per Vitaliano Peduzzi. La condivido pienamente e mi piace aggiungere che fu lui a coniare il termine alpinità oggi entrato nel linguaggio comune.
Icaro Taddese Milano
Giusta la tua osservazione. In un mondo di parolai disinformati, pronti a coniare sempre nuovi termini barbarici, la parola alpinità si è conquistata un posto d'onore anche presso giornalisti non alpini, a significare gli altissimi valori che l'ANA difende da sempre. Quel suffisso ità, che in italiano indica la qualità espressa dall'aggettivo che lo ha generato, Peduzzi lo applicò ad alpini a somiglianza di tre parole, italianità, fraternità e generosità che ben rappresentano i nostri ideali. Basterebbe questa intuizione per dire che Vitaliano fu un grande italiano e un grande alpino.
Bravi noi?Bravi voi!
Abbiamo ricevuto i numeri di giugno e luglio. Il giornale è sempre migliore. Bravi. Congratulazioni da parte mia e di tutti gli abbonati della California. E anche a tutti quelli della Protezione Civile che si sono guadagnati la medaglia d'Argento. Mi riferisco, naturalmente, a quelli dell'Ospedale da campo.
Vincenzo Di Sano San Francisco (USA)
Dopo tante lettere che mi hai spedito trovo giusto darti un poco di spazio. Tu sei il capogruppo di un gruppo autonomo che però non dimentica mai l'Italia e l'Associazione. A mia volta ti dico e vi dico: siete proprio dei bravi italiani.
Alpina… in fieri
Il nostro nuovo parroco è stato cappellano militare e in poco tempo ha inculcato in noi giovani una certa stima per le Forze armate. Sono figlia di un alpino, con nonno materno alpino, so quindi cosa voglia dire la passione per qualcosa, specie quando si tratta della vostra Specialità.
Chissà se anch'io posso fare qualche cosa di buono? Mi immagino già in uniforme.
Francesca Subrizi Villavallelonga (AQ)
Anzitutto complimenti al suo parroco che sa parlare ai giovani; poi un benvenuta fra noi qualora decidesse di abbracciare la vita militare. Negli alpini, ovviamente.
Una scuola in Eritrea
Il gruppo ANA di Barbianello (Pavia) ha raccolto 1.210 euro per la scuola eritrea di padre Protasio, consegnando la somma al gruppo di Tonco (Asti), (che si è fatto promotore della costruzione di una scuola a Massaua, n.d.r.). Barbianello ha 700 abitanti ma ha dato una concreta lezione alpina. Mi auguro che altri gruppi seguano l'esempio degli alpini pavesi.
Pier Giorgio Canavero Tonco (AT)
Ho già pubblicato tempo fa il tuo appassionato appoggio all'iniziativa di padre Protasio a favore dei nipoti dei nostri ascari eritrei. Conosco bene l'alpino Pozzi, capogruppo di Barbianello e so di quali slanci altruistici è capace.
L'Adunata di Asiago
Ma a chi è venuto in mente di fissare l'Adunata del 2006 ad Asiago?Asiago non ha stazione ferroviaria e ciò porrà in crisi più della metà degli alpini abituati, per l'occasione, a servirsi del treno. Inoltre le vie di accesso sono solo quattro e disagevoli. Se per caso un pullman si guasta gli alpini pernotterebbero in auto.
Antonio Sulfaro Genova
L'idea venne all'allora presidente Parazzini nel 2002 per ricordare i 147 anni della leva che sarebbe stata sospesa, appunto nel 2006, raccogliendo gli alpini vicino al luogo che vide la nostra prima adunata: l'Ortigara. La fine della leva è poi stata anticipata di due anni per cui le date non coincidono più, ma il CDN, che è sovrano, ha mantenuto l'idea sia pure dopo una triplice votazione. Gli alpini sanno fare miracoli: sono certo che usciranno vincitori anche dall'Altopiano.
Dall'Argentina… con nostalgia
La sfilata a Trieste della sezione Argentina, accompagnata dal coro sezionale, è stata emozionante per gli applausi da parte del pubblico che gridava Evviva a noi e all'Argentina. A Zegliacco, presso Gemona, il coro ha cantato anche la nostra canzone preferita Las dos Banderas , il canto delle due Patrie, riscuotendo un notevole successo.
Pio Rafaelli Buenos Aires
È bello ricevere lettere come la tua, nella quale hai trasfuso tutto il tuo entusiasmo e tutta la tua alpinità. La sezione ANA Argentina, così distante in termini chilometrici ma così vicina in termini affettivi, è sempre ben presente nel nostro cuore. Come tutte le sezioni all'estero peraltro!
Il filmato su don Gnocchi
La sera del 29 novembre ho visto in tv il filmato su don Gnocchi. In esso comparivano lunghe capigliature impensabili a quei tempi, cappelli alpini sformati, un alpino con le mostrine rosse, nessuna cura delle uniformi. Improbabile la scena di un generale che in trincea dava ordini al capitano e alla truppa. Una serie di amenità che lascia sconcertati.
Lorenzo Ferro Tavagnacco (UD)
Le amenità cui lei accenna non si fermano qui: ben altre mi sono state fatte notare da altri quattro lettori. Ma il numero dei protestatari finisce qui: segno che o gli alpini hanno cambiato canale o hanno giudicato per quel che vale il filmato. Personalmente mi associo a voi rilevando che la regista avrebbe fatto bene a consultarsi con qualche Ufficiale alpino ben preparato per evitare tanti madornali errori che hanno immiserito lo sceneggiato.