Zona franca

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Rubrica aperta ai lettori.

Camperisti in Russia

Riportiamo quasi integralmente la lettera che il comandante (marina mercantile russa) Alessandro Fedotov, ora in pensione, ha inviato al nostro direttore. Egli è ben noto ai nostri lettori per la copertina del febbraio 2000 dedicatagli da L’ALPINO. La riportiamo perché da essa traspare l’amore che Fedotov porta per l’Italia e l’affetto che riserba a noi alpini. La lettera è stata riprodotta così come è giunta, con leggere imperfezioni lessicali. Ma dobbiamo complimentarci con l’autore per la padronanza che ha raggiunto della nostra lingua che egli studia costantemente per il solo piacere di poterla apprendere.

Ecco, viene l’autunno. Come presto vola il tempo! Durante il luglio noi abbiamo avuto qui a Raduzhny l’incontro con i turisti italiani camperisti da varie città d’Italia che vengono una volta ogni due anni a città di Vladimir e Suzdal (non lontane da Mosca. La prima è il capoluogo di provincia, la seconda ci è nota perché vi sorgeva un campo di concentramento per ufficiali italiani. Vi fu rinchiuso anche don Enelio Franzoni notissimo cappellano medaglia d’Oro n.d.r.). Quest’anno l’incontro era a Penchino, in campagna, dove si trova un campo di gioventù di Raduzhny. Di solito d’estate qui riposano gli studenti di Raduzhny.

Il vicesindaco Vjaceslav Romanov e la direttrice del riparto della istruzione Emma Potapova hanno salutato gli ospiti fra i quali sono stati alcuni alpini. Io ho detto di nostri rapporti con gli alpini e con le riviste L’Alpino, Doss Trent, ANA Sicilia, ANA Mondovì. Il coro di Raduzhny ha cantato le canzoni popolari russi ma le ragazze del circolo Russita (creato dal comandante Fedotov con l’intento di diffondere la cultura italiana n.d.r.) hanno cantato le canzoni italiane insieme con i turisti. Come sempre i turisti hanno fatto regali ai ragazzi: libri italiani, quaderni, matite, video cassette e film. Mi piace una frase di rivista Doss Trent: Da un tragico passato, un presente di amicizia, per un futuro di fraterna collaborazione . Questa frase è uno slogan per noi tutti, gli italiani e i russi.

Alessandro Fedotov Raduzhny (Russia)

Amico degli alpini (col cappello)

Sono un iscritto ‘amico degli alpini’. Vorrei spiegarvi perché nelle sfilate dell’ANA io, che non sono un vero alpino, porto il cappello con la penna. Attraverso un mio caro amico alpino sono entrato a far parte di una piccola sezione vicino a Torino. Presentato dal mio amico come ‘alpino nel cuore’ e nipote affezionato di un reduce che non c'è più, sono stato accolto a braccia aperte da queste simpatiche persone che, dopo avermi offerto un buon bicchiere di vino, mi hanno concesso l'onore di sfilare con loro indossando il caro ricordo del mio nonno sottotenente Aldo Clari del Susa.

Non è stato un eroe di guerra ma ha insegnato ai suoi figli e, dopo, ai suoi nipoti, cosa vuol dire vivere nella rettitudine e nel rispetto delle persone e delle cose, in particolare delle sue amate montagne. Sono amareggiato che alcuni di voi pensino agli ‘amici’ come a degli abusivi o peggio. Dovreste essere fieri che persone estranee al Corpo degli alpini si iscrivano alla vostra associazione o prendano parte ai vostri raduni. Se lo fanno è per cosa rappresentate nell'immaginario collettivo e perché vi reputano alfieri di una morale ormai in via di estinzione nel nostro Paese e per ultimo, perché negarlo, siete simpatici!

Sicuramente non lo fanno per usurpare un vostro diritto. Credo che quello che succede tra le file dell'ANA sia, probabilmente, unico al mondo. Siete sostenuti da non alpini, donne e bambini, lo dimostra la quantità di persone che spontaneamente viene ai vostri raduni ed il numero di Amici presso le vostre sezioni. Ed è proprio strano, dopotutto siete una organizzazione di ex militari e si sa come gli italiani, in genere, considerano i militari. Quando ci siete voi (solo voi) le città sono in festa e le strade si riempiono di persone. Dopo questa incredibile dimostrazione di affetto, alcuni di voi, storcono il naso.

Che peccato… Non siate così gelosi, comportatevi da alpini! Se tra le vostre fila incontrate degli infiltrati non allontanateli senza misericordia. Incominciate a chiedergli perché sono lì e scommetto che avrete delle belle sorprese. Spero che di tutto ciò non mi rimanga che il caro ricordo di quando, bambino, sfilavo ai raduni sulle spalle di mio nonno. Lui con il suo bel cappello ed io con il mio. Quanto ero orgoglioso di quel cappellino con la penna. Il nonno Aldo non c’è più ed io, forse ingenuamente, lo ricordo così.

Michele Torino

Invitiamo i giovani!

Invio questa mia lettera perché leggendo L’Alpino e vivendo a contatto con altri gruppi, si sente la mancanza di forze nuove. Vorrei portare questa mia esperienza all’attenzione di tanti alpini giovani affinché finita la naja, non perdano i contatti fra di loro, ma anzi solidifichino quell’amicizia che li ha uniti per un anno. Come si diceva sotto naja fratelli per un anno, amici per sempre .

Bisogna riflettere che procedendo saremo una razza in via di estinzione e sarebbe nobile per noi che tanti sapessero ricongiungere alpini che rimangono nell’ombra, solo per il fatto che manca loro la spinta per ritrovarsi. Vorrei con le mie parole poter esprimere, stimolare, sensibilizzare, trasmettere che un anno di naja può dare emozioni per tutta la vita. Noi ci siamo riusciti e il nostro raduno privato di paracadutisti alpini 4º/’87, primeggia come impegno nell’anno nuovo. E’ una data fondamentale come un pellegrinaggio (abbiamo bisogno di vederci).

Ogni anno ci si sente più alpini e sempre arriva qualcuno che non partecipava attivamente e l’emozione continua. Dunque alpini tutti, bisogna usare solo parole giuste per ripristinare valori accantonati che sono della nostra cultura e tradizione e bisogna guardarsi tra noi per farlo. Questa nostra esperienza potrebbe senz’altro essere un aiuto anche per i gruppi dove a volte manca qualche alpino giovane nel tesseramento. Diamo vita ai gruppi e invitiamo i giovani alle nostre iniziative, a partecipare alle nostre serate in sede anche per un bicchiere di vino e una pacca sulla spalla le prime volte, ma coltiviamo ora quello che potremmo raccogliere fra qualche anno. Ricordiamoci che per noi è la reciproca collaborazione che fa si che ogni anno ci si ritrovi.

Adriano Cristofoli Follina (TV)