Zaino a terra

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Zaino a terra. Giuseppe Parazzini, il Beppe nazionale, dopo sei anni al vertice dell’A.N.A. lascia il prestigioso incarico e rientra nei ranghi. Non è un avvenimento usuale. In tutte le associazioni, per non parlare del mondo politico, ci sono tante persone che continuano a ritenersi indispensabili, insostituibili e restano in carica finché non provveda l’anagrafe con i suoi derivati. Due mandati sono scivolati via in fretta. Troppo. In questo periodo però la nostra Associazione ha vissuto il passaggio più critico per non dire traumatico della sua lunga storia.
Non è stato né semplice, né gradevole tener fermo il timone sulla rotta di una tradizione, quella alpina peraltro autorevolmente confortata dalla Costituzione che vuole considerare le Forze Armate espressione diretta del Paese, componente irrinunciabile di appartenenza a una comunità, momento di crescita dei giovani e confrontarsi con una classe
politica, supportata dalle gerarchie militari, che di un esercito di popolo non sa cosa farsene, complicato com’è da gestire. Il professionismo è uno strumento più efficace o docile nelle mani di chi governa. Il dialogo tra due concezioni del servizio militare in totale contrapposizione ha richiesto doti di sensibilità storica, passione civile, intelligenza, humor per non farci finire nel limbo dei succubi o semplicemente di una categoria coreografica. Parazzini ha sentito il peso della forza derivante da una storia drammatica ed esaltante,
fatta propria dall’immaginario collettivo attraverso le memorie dell’Ortigara, del ponte di Perati, del Don e da quasi quattrocentomila Alpini che, presenti in Italia e all’estero come presidio concreto ed operoso di senso civico, di italianità, chiedevano di non contrattare sui valori fondamentali. L’amarezza e anche lo sdegno, manifestati nelle sedi competenti con l’abituale schiettezza, sono stati forti, quando ha dovuto prendere atto che interloquiva con un potere al quale le idealità di cui siamo portatori non interessavano minimamente. Allo
smantellamento di un patrimonio per noi essenziale non si poteva assistere passivamente, come hanno fatto altre associazioni d’arma, in linea con il politicamente corretto; abbiamo preferito manifestare con chiarezza, anche in piazza, la contrarietà alle scelte di quasi tutti i partiti dell’arco costituzionale, pronti ad inchinarci disciplinatamente quando ci siamo trovati
di fronte alla legge.
Come conseguenza immediata, a rodere l’anima del Presidente, restò il problema della capacità di un’organizzazione come la nostra profondamente attaccata alla sua storia, all’idea che l’alpinità è un ricchezza da non disperdere di adattarsi, come avviene in natura per i soggetti forti, alle mutate condizioni ambientali e di garantire la sua
continuità. Problema posto con determinazione nella convinzione che l’A.N.A. è una forza morale trainante e positiva.
Ne è nato un dibattito in Sede nazionale, nelle sezioni, sulla stampa alpina. Punto di partenza, indubbiamente, ma destinato ad approfondirsi nei prossimi anni. Un o­neroso compito lasciato al successore.
Nonostante la gravità dei problemi di cui sopra, la nostra Associazione ha continuato a crescere in qualità e quantità con interventi qualificanti in Italia e all’Estero, dimostrando capacità operativa ed organizzativa senza rinunciare al suo ruolo di promotrice di attività legate alla solidarietà e di elemento catalizzatore in tutte le cerimonie patriottiche.
Le piazze d’Italia da Catania a Trieste, fino alle manifestazioni nei paesini più sperduti, si sono riempite di sana allegria. Lì quasi sempre c’era Parazzini, con una capacità unica ad interloquire con le massime autorità o con l’alpino delle valli bergamasche. Una presenza che galvanizzava i giovani e i meno giovani, con un sorriso contagioso ma che nascondeva un randello sempre pronto ad entrare in azione appena fossero sfiorate la dignità e la serietà
degli Alpini. Una passione partigiana, alla Prisco, che dobbiamo conservare come un’eredità cara.
Un grande Presidente in dimensione semplice, anche goliardica; fermo e determinato come attento e sensibile. Ha diffuso senza risparmio il tormentone del cin cin , ha anche prediletto le ore antelucane, non ha però mai mancato, con serenità, equilibrio e signorilità, a nessun appuntamento. Neanche a quello delle lacrime. Ci mancherà nella veste di numero uno, ma dovremo tenercelo come figlio di nessuno .

Vittorio Brunello