Le parole del monsignore

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    Sono un medico trentino, alpino di nascita, cresciuto, come mi piace dire, “a grappa e alpini”, imprestato da qualche anno al Lago di Garda bresciano. Partecipo il più possibile alle vostre manifestazioni e mi sento orgoglioso di voi. Non voglio entrare nel merito delle nostre missioni di pace in Afghanistan ma segnalo il discorso di mons. Giuseppe Rossi, canonico della cattedrale di Verona, tenuto durante la messa per il 30° anniversario del monumento all’alpino a San Martino della Battaglia.

    Dopo la cerimonia ho manifestato al sacerdote il mio apprezzamento per il suo discorso: “Cari Alpini, Paolo VI di voi diceva: uomini seri, gli alpini, uomini di parola, uomini coraggiosi, uomini generosi, semplici, rudi, buoni e sinceri. Uomini che sanno soffrire, se amore fu la causa ch’è loro dato da difendere, e uomini che sanno cantare, al soffio della poesia che spira dalle maestose e misteriose montagne. Cari alpini voi portate un tesoro di virtù naturali, estremamente prezioso. Vorrei raccomandarmi di conservarlo autentico questo tesoro per voi e per i vostri figli”.

    Candido Pisetta

    È una bellissima lettera che tocca con sensibilità e intelligenza l’anima alpina e carica di un’enorme responsabilità tutti noi che con orgoglio portiamo il cappello alpino. È così che ci vedono quelli che sanno cogliere il valore dell’uomo per quello che fa, non per quello che dice o per come vuole apparire. Sono stati i nostri padri, con esperienze inenarrabili e tante tribolazioni, a tracciare la via da percorrere: coraggio, generosità, semplicità, rudezza, bontà, sincerità. Un senso di inadeguatezza ci prende guardando come va il mondo, sempre più lontano dal nostro modo di essere e come le lusinghe del protagonismo e dell’esibizionismo arrivino talvolta a bussare anche alle porte delle nostre baite.