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«Giù il cappello davanti agli Alpini!»
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Il 16 giugno di cento anni fa gli alpini del 3º reggimento conquistano con un brillante colpo di mano il Monte Nero, in uno degli episodi più famosi della Grande Guerra. Nella notte senza luna tra il 15 e il 16 giugno del 1915, sei compagnie dei battaglioni alpini Susa ed Exilles assaltano la vetta del Monte Nero (in realtà monte “mozzo”: il nome slavo è infatti “krn”, che significa “mozzo”, confuso con il termine “crn” che vuol dire “nero”), ritenuta imprendibile dagli austriaci, sia per il profilo della montagna, sia per le postazioni difensive che avevano creato.
La conquista del Monte Nero rientra nei primi piani del generale Cadorna per il raggiungimento della linea dell’Isonzo ed è un’operazione che viene affidata agli alpini del IV Corpo d’Armata, in particolare a sei Compagnie dei battaglioni piemontesi Susa e Exilles.
Gli ordini per i plotoni sono chiari: arrampicarsi, stare sotto, non perdere un solo passo per non perdere contatto, silenzio assoluto, non tossire, non chiamarsi neppure sottovoce e attenzione a non smuovere sassi. La manovra avviene su due fianchi: mentre gli alpini del Susa – tra i quali ci sono gli uomini delle compagnie 35 e 36, ancora oggi esistenti - iniziano la salita dalla cresta nord con l’intento di conquistare il costone occidentale, tre compagnie dell’Exilles attaccano il versante meridionale, più ripido e scoperto, puntando direttamente alla vetta.
Approfittando del buio e della nebbia, dopo tre ore di marcia e scalate gli uomini dell’Exilles giungono in prossimità dei primi trinceramenti austriaci e, udito a distanza l’inizio dello scontro tra il Susa e i difensori, partono all’assalto della cima. In testa a tutti c’è il ventenni spezzino Alberto Picco, sottotenente dell’84ª compagnia che morirà eroicamente in seguito alle ferite riportate nell’azione. A lui, fondatore dello Spezia Calcio, è dedicato lo stadio della cittadina ligure.
Gli alpini del battaglione Exilles - che portano con sé un sacchetto pieno di terra per costituire un eventuale riparo - si avvicinano silenziosamente alle posizioni austriache e piombano sui difensori alle 3.30.
Alle 4.45, dopo ore di aspri combattimenti alla baionetta, l’84ª dell’Exilles, comandata dal capitano torinese Vincenzo Arbarello, travolge ogni resistenza e pianta il tricolore sulla vetta. Sull’altro versante, il Susa attraversa un nevaio ghiacciato per aggirare le difese degli austriaci e riesce a catturare un intero battaglione nemico con tutto il proprio stato maggiore.
È un’azione fulminea e coraggiosa, quella del 3º Alpini, che i bollettini del Regio Esercito celebreranno con enfasi (si tratta del primo successo italiano di rilievo) e che gli avversari di allora ricorderanno a lungo: nel 1916 la giornalista viennese Alice Schalek - una delle prime donne corrispondenti dal fronte - è inviata di guerra sull’Isonzo e lì raccoglie tra i soldati austro-ungarici numerose testimonianze sull’impresa del Monte Nero, tutte concordi nel rendere onore alle penne nere italiane. Narra infatti la Schalek nel suo libro Am Isonzo, pubblicato nel 1916: «Quando qui si parla di questo brillante attacco, che nella nostra storia della guerra viene registrato apertamente come un successo del nemico, ognuno aggiunge in fretta: “Giù il cappello davanti agli alpini, è stato un capolavoro!”».
Mario Renna, ten. col. della brigata alpina Taurinense
16/06/2015
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