Canto e realtà

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    Egregio direttore, scrivo questa lettera per condividere un pensiero. Da piccolo sono sempre stato appassionato, grazie ai miei nonni, di canti alpini e del loro carico umano. Da meno piccolo frequentai il CAI per anni fino a partire come VFA nel 7° Alpini per poi avere l’onore di cantare nel Coro BAJ.

    Ora che sono congedato da un po’, ogni volta che posso porto i miei amici, milanesi e non, a conoscenza del mondo alpino e del suo grande cuore. Recentemente, cappello alpino in testa, ho accompagnato un gruppo di amici sull’Ortigara, idea che mi è venuta dopo aver letto “Un anno sull’Altopiano” e ripensato a “TA-PUM”. Passo dopo passo verso la vetta, le note delle canzoni riaffioravano vive nella mia mente trovando triste riscontro dietro ogni roccia, ogni trincea, ogni scheggia di bomba, ogni frammento di ossa trovato fuori dal sentiero principale. Come se quelle note vive si fossero cristallizzate in drammatiche immagini di orrore e tragica umanità. Ricordare è il mio principale obiettivo, stupito dell’ignoranza dei più su questi posti dove i nostri/ miei bisnonni hanno versato il loro sangue e perso la loro gioventù. Siamo tornati a valle più ricchi di una grande esperienza. Un conto è leggere la storia, un conto è vederne il concreto e triste riscontro. Nel gruppo c’erano anche una studentessa austriaca e un dottore rumeno. Silenziosamente ammutoliti e rispettosi di quel posto dove ognuno dovrebbe passare per comprendere il vero valore della pace e i sacrifici che son costati ai nostri avi.

    Alessio Franconi – sezione di Milano

    Ci hai detto due cose importanti, caro Alessio. La prima è che per sentire col cuore è importante anche vedere. La seconda, non meno importante, è che ogni canto alpino è un sommario di vita, le cui strofe vanno coniugate sulla realtà dei luoghi.