Un pezzo da 90

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    «Mi sono congedato a Pasqua del 1956, ma mi sono potuto iscrivere al Gruppo del mio paese solo un anno dopo, perché il capogruppo, che era mio papà, mi disse perentorio che il tesseramento si era improrogabilmente chiuso a marzo e che quindi avrei dovuto aspettare il 1957. Però poche settimane dopo spedì me e un mio amico alpino, in motocicletta, col gagliardetto ad una manifestazione in un paese vicino».

    Si resterebbe per ore, affascinati, ad ascoltare Corrado Perona, qui nel soggiorno della sua bella casa in Strada del Monte Piazzo, poco sopra l’abitato di Biella. Presidente nazionale per nove anni, sino al 2013, è di fatto una istituzione nella nostra Associazione: perché il riferimento costante che nella nostra storia facciamo ai veci testimoni e portatori dei nostri valori, in lui, giunto a 90 anni pochi giorni fa, il 30 gennaio, si trasforma in rappresentazione plastica.

    Merito certo di una salute e di una lucidità invidiabili, ma anche, e probabilmente soprattutto, di una carica di umanità travolgente, con cui è istintivo entrare in empatia. Anche se ha lavorato sino a 65 anni, nel settore tessile prima e dei mobili poi, viene da pensare che Corrado il cappello alpino lo porti dalla nascita (anche se lo ha indossato nel 1955 con il 6º corso Acs ad Aosta, per poi prestare servizio all’8º Alpini a Tarvisio, con naja prolungata di tre mesi per la “questione triestina”).

    Ha percorso tutte le tappe della vita associativa, sia nella vita sezionale (a Biella è stato anche presidente) sia nazionale (come consigliere, vicepresidente e poi presidente), ma ora racconta tutto con estrema naturalezza, facendo prevalere il sorriso: un lusso o, meglio, un premio concesso a chi sulla bilancia esistenziale può caricare soprattutto i ricordi positivi. «Nella mia vita nell’Ana – racconta – mi sono sicuramente più commosso che arrabbiato; ricordo due, forse tre alterchi in tutto. E devo dire che mi sono anche divertito parecchio. Confesso – continua – che quando un giorno Beppe Parazzini disse quasi con leggerezza, a Modena, ‘dopo di me sarà presidente Corrado’, pensai di avere capito male. Non preoccuparti, aggiunse per tranquillizzarmi, anche un presidente mediocre non potrebbe distruggere l’Ana, perché dietro di lui ci saranno sempre gli alpini.

    Questa Associazione – prosegue – devi saperla prendere, la devi capire, ha risvolti semisconosciuti. Ho incontrato personaggi fantastici ed anche i più disparati: ciascuno di loro mi ha lasciato qualcosa di importante. Fare il presidente nazionale è stato impegnativo, è vero, ma anche molto gratificante: penso a momenti come gli interventi per le calamità in Abruzzo, in Emilia, per lo Tsunami, per l’emergenza neve e anche alla casa domotica che abbiamo costruito per Luca Barisonzi. Ricordo anche che Berlusconi, quando era presidente del Consiglio, mi disse di aver pensato di chiedere aiuto agli alpini per avviare una campagna di raccolta differenziata dei rifiuti a Napoli: ‘Ce la potete fare solo voi’ aveva affermato. Poi non se ne fece nulla, ma, per dire dello spirito delle penne nere, tempo dopo un alpino mi disse che non era d’accordo su una iniziativa come questa, ma che, comunque, sarebbe andato lo stesso».

    Racconta del suo servizio militare («Altri tempi, parlavamo tutti in dialetto, era un modo di vivere rustico ma molto alpino, fatto di rispetto anche da parte dei nostri ufficiali e, soprattutto, ricco di umanità»), della Protezione civile («Io – ride – sono di quelli picco, pala e carriola, ma dotazioni e sicurezza per fortuna ora sono cambiate»), dell’Ospedale da campo («Un gioiello molto impegnativo»). Non è un malato di naja, ma non ha dubbi: «Credevi in quello che facevi, ti insegnavano a fare quello che serviva». Ovviamente insiste sulla necessità di non disperdere l’enorme patrimonio di tradizioni, valori morali e beni materiali costruiti e strutturati in oltre un secolo di vita: «Nelle forme giuste – commenta – dobbiamo trovare chi porterà avanti tutto questo, salvando così anche la nostra storia».

    Sorridente, con la tranquillità olimpica che hanno le mogli compagne di un’intera vita, sapendo di essere le vere comandanti, ogni tanto nella conversazione gli si affianca Anna, ottantenne in forma non meno splendida, con la quale ha messo al mondo tre figli: Silvia, la primogenita, che oggi ha 55 anni, Antonio, alpino pure lui, di 54 e Marta, “la piccola”, di 39 (che ora vive in Australia). I nipoti sono sei, di cui ben cinque femmine. Anche Anna viene da quelle zone: suo padre, durante la guerra, fu l’unico dell’alta Valle del Cervo a non fare l’alpino, finì nella Regia Aeronautica (“Ma no, dissero gli amici, sarà sbagliata la cartolina…”).

    Fu la sua fortuna, si salvò dalla guerra. Il tono sommessamente commosso Corrado lo riserva ai ricordi da bambino, quando vedeva suo padre piangere insieme ai commilitoni sopravvissuti o quando parla di un cugino morto di polmonite in caserma. «Quanta sofferenza – sussurra – quanti figli rubati alle madri, quante braccia sottratte al lavoro». Poi si rianima, sorridente: «A noi è andata meglio; come alpini negli anni Cinquanta facevamo quattro riunioni all’anno in quattro piole (osterie, ndr).

    Poi le trasformazioni sono state progressive e positive: l’Ana è diventata sempre più grande e operativa e adesso è una realtà superlativa. Una cosa però è importante: le epoche sono diverse, ma gli ideali sono comuni». La Sezione di Biella ha festeggiato con lui, degnamente e ufficialmente, il suo novantesimo compleanno, presente con tanti altri anche il suo successore alla presidenza nazionale, Sebastiano Favero. Lui si schermisce, dice sempre che non merita tanto onore, ma i suoi occhi sorridono, limpidi, quasi fanciulleschi, un po’ furbini: da vecio alpìn.

    Massimo Cortesi